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PERSONAGGI

ANDREA MORETTI IL SUO PETRARCA ED I GIOVANI:”LE ACCADEMIE DEVONO ESSERE NEI CLUB. I GIOVANI CRESCANO NELLA FILIERA DEL RUGBY”

Andrea Moretti

E’ stato un Barbarians, questo basterebbe. Andrea Moretti è un mantovano di soli 40 anni ed una storia ovale lunga da raccontare. Professionista nel rugby dal 1996 proprio grazie al Petrarca,  è selezionato per la Nazionale prima da Coste e poi da Mascioletti, vince lo scudetto con Calvisano nel 2004, poi si accasa  a Viadana come  giocatore prima ed allenatore in seconda del Viadana e degli  Aironi poi .  E’  ritornato da quest’anno a Padova come Head Coach del Petrarca, parla con passione, gli brillano visibilmente gli occhi quando parla dei suoi ragazzi petrarchini, li vede tutti Nazionali, questo è sano orgoglio, ha un sorriso un po’ malinconico invece quando parla di Aironi perchè erano “partiti da zero e c’era ancora tanto da fare”. Ecco il risultato di due chiacchiere con Andrea Moretti, Eccellenza e Pro12, Accademie e Nazionale, passando sempre per il “doppio tesseramento” noto argomento cult de  “Il Nero il Rugby.

Stefano Franceschi : “Tolte le ovvietà secondo te quali sono le prime tre differenze che trovi fra il Pro12 e la Eccellenza?”

Andrea Moretti: “La prima sta già nel club, in come è strutturato. Un club di Pro12 ha all’interno la propria Accademia che porta giocatori all’alto livello creando una filiera territoriale; agli Aironi non avevamo Accademia e per le Zebre purtroppo vale la stessa cosa. Facessimo come i team del Nord Europa avremmo più chances, facendo così non è difficile per loro  portare giovani all’esordio in alto livello all’età di 18 o 20 anni. Una seconda differenza è nella qualità fisica e tecnica. I giocatori sono preparati per reggere partite di 80 minuti tutti e 80 ad altissimo livello, gli allenamenti durano non più di un ora e un quarto, tutto legato a carichi di lavoro proporzionati a questo, ho visto in questo senso il lavoro che si fa a Munster , lavoro fatto al massimo di intensità e fisicità. Esiste poi un terzo punto: la capacità settimana dopo settimana di performare che chiaramente è più o meno accentuato nei vari team ma i tempi sono questi.”

SF: “Il tuo Petrarca: solo giovani oppure campioni, cosa altro? Cosa c’è dietro davvero?

AM: “E’ una squadra di grande qualità, non è solo una questione di giovani. C’è qualità eccome, se vogliamo possiamo anche guardare le convocazioni, 5 in Nazionale Emergenti e 3 in Under 20 e ce ne sono altri che sono pronti ed hanno la qualità per arrivare, ad esempio Novak, diamo tempo a Berton e sarà uno che si esprimerà molto bene. Dietro a questo però c’è anche una gestione tecnica che gode del grande affiatamento fra me e Rocco Salvan. Io e lui siamo molto complementari, lui  ha una formazione sui giovani e sulla loro crescita, nel mondo giovanile di alto livello Rocco ha fatto tutti i passaggi,  io ho esperienza in fascia di età più alta ma ho portato dalla  mia esperienza, il mondo Aironi  che ho vissuto per due anni,  un approccio di grande professionalità. Due parole : organizzazione e disciplina, che poi è quello che mi chiedevano i ragazzi, questo è stato  il primo passo di vero successo che abbiamo fatto insieme io e Rocco con i ragazzi. Va detto che noi lavoriamo moltissimo sulla tecnica individuale, curiamo la cosa con puntiglio, Rocco ad esempio la gestualità, passaggi, io fasi statiche, difesa, punto d’incontro, tecnica del portatore e via così. Curiamo molto gli skill individuali.

SF: Visto che si parla di giovani guardiamo alle Accademie, secondo te come dobbiamo organizzarci  per fare crescere i giovani in Italia ?

AM:”Io ho sempre pensato che un giovane deve avere un suo punto di riferimento e nel momento in cui un giovane gioca nel proprio club, sia di Super10 o altre categorie inferiori, deve sapere dove può arrivare. Divertirsi è essenziale ma quando il ragazzo si accorge che ce la può fare deve avere un obiettivo. L’Accademia deve essere nei club anche per questo. Un ragazzo che lavora e cresce in un club deve avere come obiettivo quello di giocare nella prima squadra del suo club che a sua volta deve essere una  Accademia locale del punto di riferimento territoriale, che in Veneto ad esempio potrebbe essere Treviso, che poi lo preleverà, da li la filiera del rugby lo porterà fino  in Nazionale. E’ poi molto difficile che un giovane riesca a crescere davvero quando non ha attaccamento e affinità al club ed ai suoi compagni di club, se per 5 giorni va in Accademia Federale poi ritorna qualche giorno e scopre che non è inserito perchè non  vive e non si allena con i compagni, non vive nemmeno lo spirito del club. Così è difficile.

SF:”Eccellenza e Pro12, doppio tesseramento, cosa ne pensi?”

AM:”Per esperienza personale degli ultimi due anni con gli Aironi dico che è una cosa che va necessariamente fatta, vanno pesate bene le regole per farlo ma è certo che va bene il principio delle “franchige di riferimento”.  Aggiungo io una cosa in più, i ragazzi che potenzialmente debutterebbero in Pro12 già un anno prima devono lavorare con la franchigia, in questo anno di apprendimento che è tecnico, tattico e fisico, anche loro non possono stare fermi, è importante che giochino.”

SF: Hai visto la Nazionale, cosa hai visto che ti è particolarmente piaciuto?”

AM:” Si è visto un processo di crescita mentale dei giocatori italiani , i nuovi giovani inseriti nel gruppo hanno mediamente un vissuto diverso da quello di 4/5 anni fa quando c’erano una dozzina di giocatori che andavano all’estero e gli altri che non avevano grosse esperienze di alto livello; ora il gruppo si è allargato anche a livello di esperienza e si vede un diverso approccio mentale. Perchè è nel momento in cui un giocatore si rende conto che è competitivo,  che si accorge che se la può giocare ad alto livello che hai fatto il tredici! Questo sta succedendo  ora in Nazionale, c’è una presa di coscienza. Ricordiamoci però che giocare ad alto livello  e crescere non significa, secondo me,  prendere regolarmente 50/60 punti tutte le settimane perchè così un giocatore non cresce , dopo qualche mese vissuto così si va in involuzione anche se hai il miglior coach del mondo.  La cosa che ti fa crescere non è solo il giocare ad alto livello ma anche il competere ad alto livello, dare ai giocatori la sensazione che possono vincere! Questo passa attraverso un grande lavoro tecnico, mentale ed anche con l’inserimento di giocatori di qualità (Sinoti agli Aironi aveva cambiato la squadra).  Attenzione però: l”inserimento dello straniero o del giocatore di qualità è una forma di arricchimento e così deve essere fatto non per portare via spazio ai nostri giovani.”

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