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MEDIA & SPORT

PRIMA LO STADIO E POI …. RUGBY CHANNEL “MADE IN ITALY”

Ogni stagione ha il suo fiore, siamo a Maggio ed è arrivata la consueta classifica sul numero degli spettatori che hanno seguito il campionato di Eccellenza e, specificatamente, ogni singolo team. I risultati sono ogni anno più modesti e, considerato che i capelli ce li siamo strappati lo scorso anno, cosa ci rimane? In sintesi ogni match del massimo campionato ospita una media di 738 spettatori con punte massime sopra i mille solo a Rovigo, Viadana, Padova.

Qualche mese fa era arrivata l’informazione sul numero di spettatori medi che era andata alo stadio a vedere la Nazionale ovale nel 2012 nei 5 match casalinghi, il numerino, interessante, diceva 50.388. In verità i numeri sono ben diversi e ben più interessanti se dalla fredda poltroncina dello stadio si passa al divano di casa e ci si mette a rosicchiare i dati audience del rugby in televisione, allora si viaggia a centinaia di migliaia e, per i grandi eventi si supera tranquillamente il milione, persino la Eccellenza in tv fa 5 cifre a match.

Meglio allo stadio o in tv? Se parliamo di rugby non ho dubbi, assolutamente tutti allo stadio. Dire il contrario significa dimenticare uno dei pezzi dell’evento rugby che non è solo il “terzo tempo” a base di buona birra ma il concetto di community in genere, la capacità di questo sport di raccogliere la gente prima e dopo l’evento e contenerla gioiosamente, quindi fidelizzarla, quindi costruirle un modo di stare tranquillamente insieme fra giovani e fra famiglie che è, nel mondo davvero arido di oggi, ciò che le persone cercano maggiormente. Questa è la base anche per la stessa vera esistenza di un club.

Ricordiamoci allora la folla festante fuori dall’Olimpico prima e dopo il Sei Nazioni ma anche i bellissimi post partita nelle Club House dentro gli stadi di Eccellenza e di Pro12. Rinunciare ad allargare questa affezione, che è una potenziale immensa risorsa per il rugby italiano, sarebbe un errore imperdonabile, siamo e resteremo uno sport “minore” e fidelizzare la base spettatori attraverso la costruzione di una community sempre più larga, non di una semplice poltroncina in più occupata in tribuna,  è fondamentale per il mantenimento anche dei risultati tecnici.

Posto che, a mio avviso, studiare una precisa strategia per portare la gente allo stadio è un must non procastinabile, affidarsi al mondo media broadcasting non è solo un mezzo per raggiungere l’obiettivo di sui sopra ma anche una normale attività del mondo sportivo di vertice di oggi per garantire visibilità di massa agli sponsor e occasione di contatto con il rugby al pubblico più ampio e non per forza Hi-Fi.

Credo che, sembra paradossale, nel mondo dello sport il fatto di lavorare per costruire piattaforme video da cui “farsi vedere” è la normalità  mentre quella di portare la gente allo stadio è il risultato finale che garantisce la esistenza del singolo club in quanto tale.  Il rugby italiano ha una posizione che gli garantisce una opportunità molto importante se non chiude gli occhi al futuro,  i costi del mondo broadcasting sono diversi dal passato e la costruzione di piattaforme dedicate non è più solo una moda ma un nuovo modo di concepire la TV. Sono televisioni low cost nella gestione e high quality nella specializzazione, chissà se il rugby può pensare ad un “Rugby Channel” tutto Made in Italy, magari passando prima per il web; il fatto di concepire visibilità media in multi-piattaforma  collegata al mondo IP  non è poi così avveniristico, è l’oggi.

E’ il caso di farci uno studio vero. Si tratta di guardare fuori.

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