
Ecco il “non fallo” sanzionato a Bismarck du Plessis
L’ultimo fattaccio è accaduto in mondovisione durante il match di Championship All Blacks vs Springboks, al 15° del primo tempo il sudafricano Bismarck Du Plessis placca ferocemente Dan Carter, l’arbitro fischia. Scoppia il parapiglia fra i giocatori, l’arbitro chiede il TMO ma solo per verificare la baraonda, è tutto a posto. L’arbitro, il francese Poite, non chiede nulla al TMO sul placcaggio, per quello aveva già deciso al momento del fischio: calcio per i neozelandesi e cartellino giallo a Du Plessis.
Telecamere, foto ed altro materiale dimostreranno, peraltro le telecamere lo faranno in diretta durante lo svolgimento del TMO, che Poite ha sbagliato, il placcaggio era regolare. Capita che all’inizio del secondo tempo sempre Du Plessis commetta un fallo ignobile, prende il secondo giallo e quindi il cartellino rosso, il Sudafrica rimane in quattordici, partita virtualmente persa e così poi è stato.
Errori arbitrali se ne sono visti e se ne vedranno, si è scritto altre volte, fanno parte del gioco. Pensarla così non evita certo di segnalare quando la situazione diventa grossolana o pesante ma, urge ripetere, fa parte del gioco.
Esiste però una “filosofia” ovale, ben radicata nell’emisfero sud, che accetta sempre meno, per non dire di peggio, che il fischietto sbagli, è la filosofia di quel rugby professionistico e totale che pensa di risolvere tutto con la perfezione del gesto atletico, dove la velocità deve essere sinonimo di sincronismo che rende tutto bello ed ineluttabile, dove l’arbitro deve essere un meccanismo perfetto, credibile e soprattutto prevedibile. Prevedibile, ovvero una macchina che puoi mettere nel conto con scarsissimo margine di errore, lo devi poter condizionare, ci puoi insomma giocare prevedibilmente su. Ecco, così la sincronia è perfetta, l’armonia è garantita.
Eppure, nonostante tanta perfezione, quelle macchine gioiose da rugby, i giocatori, continuano a fare errori, commettere falli e, pensate un po’, nonostante tutta questa perfezione in campo c’è ancora bisogno di un arbitro!!
L’insurrezione contro Poite nel dopo partita è stata clamorosa, comunque nel giro di 24 ore l’IRB è intervenuta, comunicato che Poite ha ammesso l’errore, tolto il cartellino rosso al sudafricano che significa niente squalifica. Tutto sarebbe forse a posto, l’IRB ha ristabilito la verità ma c’è una verità che non emerge con lo stesso fracasso. .
Il vero scandalo di quella partita si chiama Bismarck Du Plessis, macchina da guerra di quel rugby di cui sopra, che entra in campo nel secondo tempo con un giallo sulle spalle, giusto o sbagliato che sia, commette il peggior fallaccio possibile guadagnandosi il rosso e lasciando i suoi compagni in quattordici.
Sintesi tanto discutibile quanto proponibile all’analisi è che i sofismi voluti dai “perfettini”, dell’emisfero sud, non riescono a soddisfare la loro sete di fischio perfetto: hanno voluto estendere il TMO a tutte le zone del campo, hanno ampliato le sue competenze, non c’è più un arbitro che veda davvero una meta, tutti lì a farsi dare l’aiutino tv, tutti li a chiedere TMO per qualsiasi decisione che corrisponda ad un minimo di responsabilità. Nonostante questo anche così non basta. Forse perchè gli errori fanno parte del gioco, di ogni gioco, fanno parte di quella logica che fa dire che spesso vince chi sbaglia meno ed in questo gioco l’arbitro è un meccanismo complesso al quale la migliore preparazione lascia comunque ampi spazi di errore.
Il rugby perfetto non esiste, il fischietto infallibile neppure. Ma và?