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FORZA RUGBY

“RUGBY: COS’E”, L’OVALE VA IN LIBRERIA, UNIVERSITARIA.

Sbrocco

Giorgio Sbrocco

Si tratta di rugby ma raccontato a mezzo “testo universitario”, il titolo “Rugby: cos’è”, casa editrice è Cleup, la storica casa editrice padovana legata ai libri utilizzati nelle facoltà della Universitas Studii Paduani. Autore di questa opera è Giorgio Sbrocco, docente di Teoria, Tecnica e Didattica del Gioco del Rugby nel Corso di Laurea in Scienze Motorie all’Università di Padova e Ferrara, giornalista per varie testate  e responsabile del settore didattico del Comitato regionale veneto della Fir. Il libro è certo indirizzato ai corsi di Studi di Scienza Motorie ma è anche davvero un manuale per coloro che vogliono “provare a entrare nello spirito del gioco” che in questo libro “troveranno le giuste indicazioni e un’equilibrata distribuzione dei concetti di base“.

La sua pubblicazione è anche una occasione per parlare del libro e del rugby proprio con Giorgio Sbrocco.

Stefano Franceschi: E’ uscito “Il rugby:  cos’è”, ma cos’è davvero il rugby per Giorgio Sbrocco?

Giorgio Sbrocco: Nella fattispecie: una materia di studio. E il libro/manuale che ho scritto è stato pensato e realizzato per essere uno strumento in mano a studenti di Scienze Motorie nella fase di preparazione dell’esame di Teoria, tecnica e didattica del gioco del rugby, materia  che da quest’anno è diventata parte fondamentale del piano di studio della laurea triennale. Quanto al rugby in sé: per me resta un gioco fra i più divertenti e grazie al quale ho avuto la fortuna di venire in contatto con personalità di assoluto valore morale che qualcosa della vita mi hanno insegnato. A uno di questi è intitolato il centro sportivo della Guizza.

SFMa il rugby è la stessa cosa dappertutto?

GS : Ne sono profondamente e intimamente convinto. La differenza, quando c’è, la fa la cultura del singolo paese. Noi viviamo in una nazione che ha coscientemente tenuto lontano la pratica sportiva dal proprio sistema formativo. E di una tale scelta, che considero in tutto e per tutto scellerata, siamo stati e saremo condannati a subirne le conseguenze. Che non sono i 50 punti che ci rifila l’Australia quando s’incazza o  la Scozia quando ha bisogno di vincere. Ma cose molto più importanti e basilari per la “salute morale” di un Paese

SFInevitabile il quiz  “Nazionale”. A livello tecnico, sul rugby italiano di oggi: non ha una sua scuola, o forse si, o l’ha persa o non sa averla?

GS : La domanda è troppo difficile. Sinceramente non so rispondere. E invidio quanti una risposta ce l’hanno. Mi limito a osservare, ricorrendo a un paradosso (ma solo in apparenza) che un qualsiasi allenatore medio italiano sulla panchina della Nuova Zelanda, dal Mondiale 1991 a quello del 2007 non avrebbe ottenuto risultati molto diversi da quelli ottenuti dai tecnici che in quegli anni si sono succeduti alla guida della Nazionale più forte del mondo. O no?

SF :  Attacco e difesa, mischia o trequarti, velocità o fasi statiche, in molti vorrebbero questi ruoli contrapposti altri li considerano comunque complementari ma quando poi escono nuove regole come quelle sulla mischia, nuove da quest’anno, allora pare chiaro che qualcuno una scelta sul modulo di gioco la vuole fare. Tu come pensi sia e/o debba essere il rugby del futuro.

GS : Pierre Villepreux, che ho intervistato qualche mese fa, sostiene che “con i mezzi atletici e il know how organizzativo del rugby di oggi, la qualità e la consistenza tecnica dello spettacolo offerto anche ai massimi livelli è molto inferiore a quanto potrebbe o dovrebbe essere”. Per quel poco/nulla che può valere: io la penso esattamente come lui.

Riuscire a comprendere il rugby non è facile in una epoca dove si cerca di ridurre generalmente lo sport alla interpretazione di uno “spettacolo a premi”, da oggi c’è un supporto concreto, è il primo di una trilogia, Giorgio Sbrocco ha già annunciato le prossime uscite de  “Il rugby: come si gioca” (2014) e “Il rugby come si insegna”(2015), partiamo da “cos’è” e allora tutti in libreria.

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