Settembre 2010 Enrico Pavanello e Tommy Benvenuti nel giro
di campo con la bandiera veneta dopo la vittoria con Leinster
Il boom celtico si è fatto sentire in Italia con l’annuncio trevigiano “noi abbiamo chiuso con il Pro12 …ma se ci fate un bando ritorniamo“. E’ stato questo passaggio della dirigenza biancoverde che ha dato il via alla carica di Gavazzi, e sono entrati davvero in campo i Dogi.
Li ha messi in campo il Presidente federale in persona, ne ha parlato con i vertici di Rovigo, San Donà, Petrarca e Mogliano, ha proposto uno schema, ha parlato di soldi, di linea tecnica, ha detto che comunque si può negoziare ed ha detto anche che senza Benetton Treviso “non avrebbe senso, un eventuale progetto veneto dovrebbe comprenderli”.
La stampa ha rilanciato e la cosa si è fatta seria, sono emersi anche i risvolti meno “rosa” perchè è palese, almeno da queste parti, che la mossa di Gavazzi è solo in apparenza una mossa di puro amore per i Veneti, in verità nasconde diversi trabocchetti.
Partiamo però dall’inizio. Perchè oggi si parla di Dogi? Il merito di questa cosa è totalmente ascrivibile al Comitato Regionale Veneto ed alla elezione a Presidente di Marzio Innocenti, ovvero la mossa che i Veneti fecero “contro” Gavazzi. Rimettere i Dogi in campo era un progetto nato con quella elezione, oggi lo stesso sito internet del Comitato FIR veneto ha come home page il simbolo dei Dogi; fu una idea rappresentata e sostenuta da Marzio Innocenti, sarebbe stupido oggi non ammetterlo e poco “intelligente” non continuare a perseguire ora questa ambizione iniziale fino in fondo, proprio ora che se ne vede davvero la possibilità di realizzarla.
Poi ci sono i trabocchetti ma per quelli si avrà il tempo di parlarne, il dato valoriale che conta adesso è altro.
Il Veneto deve infatti restare unito e non abdicare alle sue più recenti scelte, perchè ha senso un team veneto in Pro12 se questo è allineato con la FIR non se è succube della FIR, perchè tutto questo ha senso se quel team ha radici profonde nel territorio, nei suoi vivai di giocatori ma anche nelle risorse economiche locali, risorse che devono accogliere questo “nuovo” rugby come investimento ed ogni investimento ha un ritorno altrimenti la sola domanda che rimane è: perchè?
Il Veneto deve essere unito perchè se è arrivata questa opportunità lo deve solo a questa svolta nei suoi rapporti interni, il Veneto non deve essere chiuso, perchè deve essere consapevole di far parte di un movimento vasto che si identifica e si fa includere dalla sua Nazionale.
Treviso è, piaccia o no, l’unica vera organizzazione capace di muoversi in ambito europeo, l’unico team italiano cresciuto per avere orizzonti tecnici e sportivi di altissimo livello, lo era prima di entrare in Celtic League, lo è ora rafforzato dopo quattro anni di esperienza. Il Veneto ovale è Treviso e viceversa, diversamente è difficile pensare ai Dogi.
L’unione dei team veneti è un valore per il rugby, per tutto il rugby, qualunque progetto partorisca questa fase “celtica” questo passaggio deve rimanere in piena evidenza perchè, eventualmente, è l’unione che fa i Dogi, non il contrario.