Connect with us

AFFARI ESTERI

QUEL RUGBY COSI’ “DURO” DA NON ESSERE RUGBY

Nick Abendanon

Nick Abendanon

Quando si vedono certe partite di Alto livello, tipo la finale di Champions Cup di questo 2015, viene il dubbio se il rugby moderno non stia diventando una grande gara “a sportellate”, un posto interpretato con eccesso di  durezza per la vera essenza del gioco in se, ovvero un gioco certo fisico dove però la tecnica deve farne da regina.

E’ una “impressione” che assale molti recentemente, anche guardando a certi infortuni, alla loro ripetizione continua, guardando certi match più “duri” che aggressivi, certe interpretazioni arbitrali. E  una impressione, opinabile, discutibilissima, come tutto su “Il Nero Il Rugby”, ma questa volta è anche una preoccupazione.

Parliamo della mischia, quello strumento di attacco che molto recentemente le nuove regole hanno voluto giustamente venisse ingaggiata senza spinta precedente al diritto di introduzione e che invece fin dal “touch” arbitrale parte con un colpo solido sulla schiena avversaria e quando parte il “set” è già da un po’ in contesa. Una regola che nessuno ha saputo davvero interpretare, arbitri internazionali in testa, una regola che contrasta la logica della “mischia di forza” per favorire la “mischia più tecnica” che non si è stati ancora davvero capaci di imporre al gioco.

Altro dubbio, facciamo un esempio: Mathieu  Bastareaud  è un centro? Certo che si, fino a che lo fanno giocare come vuole lui: il fisico (ed i falli) sopra ogni cosa. Il ruolo del centro sarebbe altra cosa, il grande campione francese, tale  è Bastareaud, è un caso unico, un fuori standard troppo spesso “tollerato” in campo dagli arbitri, eppure per molti è un esempio. Provate a pensare che il suo ruolo è lo stesso di Brian O’Driscoll, Tana Umaga, Conrad Smith o, per andare più indietro ed entrare a piene mani nella Hall of Fame di Stirling Mortlock. Mondi diversi ma ci sono pochi dubbi su chi abbia meglio interpretato il ruolo.

Si potrebbero fare moltissimi altri esempi a conferma del dubbio, perchè tale è e non si vuole affondare di più, che un certo nostro rugby stia diventando sempre più una battaglia di wrestling invece che un armonioso gioco di forza. Un certo rugby europeo che non  riesce ad essere pienamente tecnico sovrappone forza e dimensione alla sua mancanza, così come sostituisce grandissimi talenti alla coralità di gioco.

Eppure nella finale di Champions Cup, tanto per restare sullo stesso terreno, il migliore in campo per i più è stato il fantasista Nick Abendanon, un vero interprete del rugby champagne, ammesso che esista ancora. Abendanon interprete di quel rugby fatto di grande intuizione, di compensazione fra la forza necessaria e la corretta decisione tecnica, un rugby di movimento e di gambe prima che di braccia, un rugby che cura la compensazione fra avanzamento e occupazione degli spazi, che vede le fasi statiche come piattaforme di gioco e non contese stile “torneo medioevale”.

Arrivano i Mondiali, occasione quanto mai importante per fare un bilancio in questo senso, per verificare se certi esercizi “di forza” come sempre soccomberanno di fronte alla capacità tecnica, per vedere gran rugby, veloce e scaltro ma che sa riacquistare quelle sue componenti a gioco statico che sono essenziali per completarne la sua bellezza.

.

More in AFFARI ESTERI