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RUGBY BANZAI RACCONTA LO SPAURACCHIO GIAPPONE. TRE DOMANDE A PAOLO WILHELM

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Molto più di uno sguardo al Giappone ovale è www.rugbybanzai.com

La vittoria ai Mondiali per il Giappone contro un supponente Sudafrica è stato solo il sigillo finale, fosse mancato. Per quanto ci riguarda molto prima c’era stata la sconfitta Azzurra contro quelli del Sol Levante ed il sorpasso nel Ranking Mondiale. Da tempo siamo “costretti” a guardare verso Oriente questi giapponesi che, presa a prestito una consistente truppa di neozelandesi, fa discrete figure nel rugby mondiale. Sicuramente migliore delle nostre. Il rugby giapponese però non è solo una Nazionale, errore questo tutto italico, è un campionato nazionale, ricco, una franchigia che a breve esordirà nell’olimpo del Super Rugby ed anche un Mondiale, proprio il Mondiale dei grandi, di quelli che contano, che si svolgerà in Giappone nel 2019.

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Gli autori di Rugby Banzai

Capita così che in Italia ci sia gente che di questo Giappone vuole vederci chiaro ed aprono uno spazio web chiamato RUGBY BANZAI, Gli autori sono due giornalisti di gran carriera, hanno scritto insieme il libro dei Mondiali, Rugby LifeMarco Turchetto e Paolo Wilhelm. Rugby Banzai è di fatto una porta sul rugby con gli occhi a mandorla con tutte le news su Nazionali, campionato e franchigia, insomma il Giappone ovale come fatto concreto, il superamento del mito da Mondiale trascorso.

Rugby Banzai è una iniziativa che da queste parti piace moltissimo, è una idea che guarda avanti ma anche e soprattutto regala a tutto il panorama del rugby italiano un completamento di livello professionale che ci può solo essere utile per capire davvero, avendo uno spettro adesso totale del rugby mondiale, cosa accade al nostro rugby.

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Paolo Wilhelm “Il Grillotalpa”

Per parlare di Rugby Banzai e di Giappone ecco di seguito una breve chiacchierata con Paolo Wilhelm, il noto “Grillotalpa” ma oggi soprattutto Chief Editor di OnRugby.it, il portale del rugby italiano. Tre domande secche a cui Paolo risponde mettendoci anche il giusto pepe.

Stefano Franceschi:“Non può essere solo marketing, Rugby Banzai è prima di tutto una bella idea ma esiste perché il Sol Levante sarà una nuova frontiera del rugby o solo perché ci faranno i Mondiali? Insomma a noi italiani questo Giappone quanto ci deve far paura?

Paolo Wilhelm: “Intanto sia chiaro: Rugby Banzai è uno specchietto per le allodole pensato per le multinazionali giapponesi, vedimai che nel 2019 ci mandano gratis ai Mondiali… Battute a parte: probabilmente senza l’appuntamento iridato Rugby Banzai non sarebbe nato. Forse. Quella è stata indubbiamente una bella spinta. Comunque il Giappone è una bella realtà, affascinante al di là dei risultati che sta raccogliendo, una bella cosa da raccontare, è un rugby con un profumo diverso da quello a cui siamo abituati: anche l’Argentina è un paese latino come noi o la Francia, pur con tutte le sue peculiarità specifiche. Il Giappone esce dal dualismo latino-anglosassone. E’ stimolante, poche ciance. Se ci deve far paura? Beh, in questo momento dovremmo chiederci quando noi torneremo a far paura a loro… Sono solidi, hanno idee e soldi. Ci hanno battuti un anno fa poi hanno superato il Galles, sono entrati nella top ten del ranking mondiale in pianta più o meno stabile, hanno battuto il Sudafrica al Mondiale e sono la prima squadra della storia alla RWC a non essere andata ai quarti di finale nonostante tre vittorie in quattro partite nella fase a girone. E parliamo anche di quel ko con la Scozia: hanno giocato solo 4 giorni dopo la battaglia con gli Springboks, hanno retto un tempo chiudendolo comunque in vantaggio e nel secondo sono crollati fisicamente. Diamine se ci deve far paura il Giappone…

 SF:” La notizia è arrivata in Italia a mezzo Rugby Banzai: ventiquattromila persone allo Stadio Hanazono di Higashiosaka (zona di Osaka) per vedere i quarti di finali del torneo ovale dei Licei! Può essere anche un fuoco di paglia ma anche no. Da noi questi risultati non ci sono e qualcuno dice che il rugby non sarebbe uno sport per gli italiani, generalmente lo dice gente che si occupa di calcio, ma perché dovrebbe essere uno sport per giapponesi?
Paolo Wilhelm:”Non ci sono solo quei 24mila. A dicembre la partita tra Suntory e Brave Lupus del massimo campionato nazionale ha visto un pubblico di oltre 25mila persone mentre quella tra Eagles e Jubilo oltre 22mila. Ah, tutte e due le partite si sono giocate nella stessa giornata. Vuol dire che in due sole gare hanno richiamato la metà degli spettatori di un intero campionato d’Eccellenza. E numeri del genere non sono così rari. Certo che in Giappone il rugby ora ha una visibilità mediatica che non ha probabilmente mai avuto, ma da qui al 2019 sarà sempre così e 4 anni sono lunghi, sufficienti a mettere basi solidissime. Senza contare che quando i giapponesi si mettono in testa una cosa…E vorrei ricordare che il primo club di rugby in Giappone è stato creato ancora nel XIX secolo. La palla ovale ha una lunga storia da quelle parti.

SF:Dal prossimo febbraio una franchigia giapponese prenderà parte al nuovo Super Rugby a 18 squadre, si chiama Sunwolves. La cosa sembra confermare sempre di più che il sistema “franchigia” che partecipa a campionato sovranazionale (Pro12 per noi) è il modo giusto per crescere. Fino a che punto? Che differenza c’è fra il sistema franchigia del Giappone nel Super Rugby e quello dell’Italia in Pro12? In Italia è il momento di avere un nostro campionato?
Paolo Wilhelm:”Il sistema franchigia è il modo giusto – anzi, l’unico modo – per sopravvivere a un torneo spossante economicamente come il Super Rugby, che ha costi di gestione elevatissimi, viste le lunghe trasferte. Un sistema che può reggere anche grazie al fatto che gli ingaggi sono “calmierati” dalle policy delle federazioni su chi può andare in nazionale o meno. Non farei paragoni con il Pro12, che è tutta altra cosa: il torneo celtico nasce perché Scozia, Irlanda, in parte il Galles, non avevano domestic all’altezza della Premiership, un gap che si era allargato con l’avvento del professionismo. Per loro era una necessità, per noi non so. Personalmente non sono contrario al Pro12 per partito preso, ma siamo entrati male in quella competizione. Da un punto di vista politico/organizzativo, con la famosa tassa di ingresso che continua a sottrarci forze economiche ancora oggi. Il punto non è esserci entrati, la cosa un po’ più discutibile è l’aver rinnovato un contratto con il board celtico senza che venisse fatta un’approfondita analisi e verifica dei costi/benefici: gli investimenti fatti cosa hanno portato? I risultati ottenuti, grandi o piccoli che siano, sono commisurati agli sforzi, sono in linea? Mi sembra invece che sia sia deciso che basti l’essere entrati bene o male nella stanza dei bottoni. Però senza risultati che arrivano dal campo diventa difficile rimanerci nel lungo periodo.Oltretutto in Argentina, Nuova Zelanda e Sudafrica il Super Rugby ha sotto di sé dei tornei nazionali importanti. E l’Australia sta cercando di crearne uno suo. Noi abbiamo un torneo che è stato depauperato di risorse umane (leggi: giocatori) ed economiche, il livello è oggettivamente basso, attirare nuovo pubblico e sponsor è complicato.Una Eccellenza forte ci serve come il pane, sia che ci sia il Pro12 o meno, ma la strada è lunga e passa attraverso una rivoluzione dell’approccio anche nei club, che con la FIR hanno un bel paravento ma responsabilità ne hanno pure loro. Serve una ventata di professionismo vero anche a quel livello, a partire dalla formazione dei dirigenti.

Banzai !

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