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AZZURRI

DALLA SCONFITTA DI BRUNEL AL CUORE DELLA WORLD RUGBY

BRUNEL

E’ J. Brunel l’unico vero responsabile della sconfitta con la Scozia: un refrain

La sconfitta della nostra Nazionale lo scorso sabato ad opera di una concretissima Scozia ha portato a galla una serie di malesseri, tanti davvero; mai come questa volta in molti, fra gli addetti ai lavori, hanno voluto esibire, finalmente, un piglio critico, sono cioè andati oltre il disincantato omaggio ai “bravi ragazzi azzurri” ed al hip hip urrà viva viva il Capitano. E’ stato abbattuto il muro di quelli che “l’importante è partecipare”.

Nei commenti autorevoli come protagonista della debacle azzurra ha avuto spazio il sistema arbitrale che non ama l’Italia, la disorganizzazione di gioco, la povertà di alcuni skill e via così fino al gap mentale dei nostri. Qualcuno si è chiesto se non fosse il caso di fischiare dagli spalti per dare una sveglia, altri hanno sottolineato che l’Italia perde ancora una volta il match che conta, altri ancora che l’Italia gioca la terza partita del Sei Nazioni svelando una terza faccia di se stessa. Stesso discorso vale per la carta stampata e quindi benvenuti nel club del realismo a tutti quelli che ancora non ci avevano fatto un salto.

Da queste parti la cosa è sembrata ancora più semplice. Sabato scorso è andata in campo, dopo due settimane di esperimenti tecnico-tattici, la Nazionale di Brunel, con tutti i suoi limiti, quelli di Brunel, in bella evidenza. Così dalla Nazionale spregiudicata vista con la Francia si è avuto il reply di tutti gli errori dei Mondiali e dello scorso Sei Nazioni, un autentico refrain sia nella visione tattica del match sia per il tipo di errori e di cedimenti. Insomma in campo era tornata la Nazionale di Brunel, ecco perchè abbiamo perso e pure male. Solo per fare tre esempi, se il Coach francese avesse continuato nei suoi esperimenti ci saremmo risparmiati di vedere in campo: il mediano di apertura che non è mediano di apertura, il senatore acciaccato che se non giocava lui altri in Italia non c’erano che portano lo stesso numero di maglia, il Capitano-eroe che gioca alla grande ma tanto poi si perde lo stesso che a rugby si gioca in quindici. Il film insomma era di quelli già visti, inutile stare a macinarci su.

Con il piedino sulla scaletta dell’aereo che lo porta distante dagli stadi italiani, per sempre, Brunel ci racconta, in varie interviste, dei nostri mali: quelli di organico e quelli federali, delle franchigie e delle accademie, del fatto che non abbiamo un nostro campionato di vertice e via così. Lo si ascolta esterrefatti e sdegnati che, alla fine delle sue elencazioni, a noi resta solo da raccontare dei suoi quattro anni di silenzio e di accondiscendenza da “stipendio lauto” di fronte a tutti questi mali.

C’è però ancora qualcosa da mettere purtroppo in fila a questa nostra ultima rotta contro gli scozzesi. Lo scorso fine settimana è iniziato nella sua formula nuova e rivista il Super Rugby, il mitico campionato dell’emisfero sud. Hanno esordito in questo campionato due franchigie, una giapponese ed una argentina, iniziative nate fuori dal solito giro Sudafrica-Nuova Zelanda-Australia. La cosa ricorda molto il nostro ingresso in Pro12 di sei anni fa. I giapponesi Sunwolves hanno perso dai Lions di Johannesburg, ma hanno giocato questa prima assoluta in casa propria di fronte a 25.000 spettatori. L’altra nuova franchigia, quella argentina dei Jaguares, aveva davanti i fortissimi Cheetans di Franco Smith e Corniel Van Zyl ed ha vinto.

Credo che siano veramente pochi, fra i grandi appassionati e gli addetti ai lavori, quelli che, oggi come oggi, non riescono a cogliere il collegamento fra questi due esordi e la nostra sconfitta con la Scozia, fra questi due fatti emergenti ed il nostro scivolare, già perchè è accaduto anche questo a fronte dell’ultimo smacco preso all’Olimpico, al 14° posto nel ranking mondiale.

Il rugby italiano è in pericolo ed ha urgente bisogno di riemergere. Deve riemergere la Nazionale, con lei l’intero movimento, il sistema Italia deve tornare a pulsare e produrre risultati. Questo perchè, oltre al fatto sportivo ed a quello competitivo, alla bellezza ed all’amore per il nostro gioco, c’è dell’altro, magari non sarà bellissimo da ricordare ma c’è eccome: bisogna il nostro rugby riemerga prima che si spengano definitivamente le luci della ribalta ed altri prendano nel cuore della World Rugby, e nelle sue tasche, lo spazio che fino ad oggi è stato nostro.

Dicevamo: benvenuti nel club del realismo.

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