
La formazione di una mischia nell’ultimo Derby d’Italia
Più di qualche quotidiano d’oltremanica, nel post partita di Inghilterra Vs Italia del corrente Sei Nazioni, nelle sue analisi sulla “Fox”, la soluzione “ruck no contest” ideata dalla nazionale italiana per ingabbiare quelli della Rosa, ha fatto notare ad un infuriato Eddie Jones che, se esiste un problema in mischia, non è in quella aperta (la ruck appunto) ma in quella “chiusa”, dal regolamento chiamata “ordinata”.
La “mischia ordinata” ha subito una serie infinita di aggiustamenti regolamentari in questi ultimi anni, diverse le interpretazioni che la World Rugby ha rilasciato ma ad oggi però la fase di gioco, un tempo la più spettacolare del nostro sport, a tutti i livelli appare snaturata dal suo compito effettivo.
Nessuna ambizione oggi, da queste parti, di affrontare il tema completo della mischia ordinata ma solo due riferimenti ad altrettanti situazioni che, raccolte dal “troppo” che ci sarebbe da dire, riguardano più da vicino il rugby che si gioca in Italia.
Essendo la mischia ordinata una soluzione di punizione per “far riprendere il gioco rapidamente, in modo sicuro e leale, dopo un’infrazione minore o un’interruzione” (art 20 World Rugby) risulta evidente che la distorta applicazione di questo concetto base risulta ancor più penalizzante laddove vi siano molti interventi arbitrali. In Italia questo accade, i nostri campionati hanno molte mischie cosa che dovrebbe garantire maggiore spettacolo ma in realtà, con tutte le nuove norme varate da World Rugby, il numero alto di “ordinate” porta invece ad un impoverimento del tasso tecnico e, soprattutto, ad un abbassamento del tempo effettivo di gioco.
La deriva “league” del rugby moderno, che arriva dal sud del mondo, presuppone una spettacolarità fatta di velocità e di rapididtà di esecuzione dei singoli skill. La mischia sarebbe ben inserita in questo contesto se fosse una piattaforma di lancio del gioco mentre oggi come oggi si è più che mai ancorata, anche negli “incoerenti” team del sud del mondo, al fischio arbitrale. La mischia è diventata un modo per raggranellare un calcio di punizione che, con l’aiuto di un buon piede, sposti il gioco, con possesso, alcune decine di metri più avanti.
Risulta evidente come, nelle condizioni in cui si trova attualmente, la vocazione della mischia sia tradita laddove questa non serve a “far riprendere il gioco” ma a garantirsi una ulteriore sanzione. Dovessimo dirla alla Eddie Jones diremmo che “questo non è rugby“.
Risulta stupido invocare minori interventi arbitrali, qualcuno però lo fa, solo per avere meno mischie. Semmai sarebbe il caso di garantire, a livello regolamentare, che questa fase di gioco sia veramente un sistema rapido di ripresa del gioco, un sistema in grado di garantire un vantaggio. A questo semmai oggi le squadre sono sempre meno preparate, in tutti i campionati a livello europeo ed ormai si nota benissimo.
Restiamo però dalle nostre parti . Nell’ultimo Derby d’Italia, cosa che sarà accaduta chissà in quanti altri campi ma prendiamo il più prestigioso di giornata per raccontarlo, si è notato chiaramente come Rovigo, che nel secondo tempo ha dominato tutte le fasi di mischia ordinata, fosse assolutamente impreparato a creare situazione di vantaggio dalla uscita della palla dalla ordinata. L’incapacità dei rossoblù a saper davvero sfruttare a proprio determinante vantaggio i primi due passaggi della palla in uscita dalla “ordinata” ha tarpato le ali alla netta superiorità di fase. La conseguente ricerca del calcio di punizione, come hanno fatto i rodigini e fa chiunque oggi, ha reso visibilmente infruttuosa l’esistenza della mischia stessa e poco spettacolare quegli scorci del match.
Le squadre sanno sempre meno giocare dalla mischia ma, attenzione, sono anche sempre meno abituate a contenderla. La ricerca del calcio da parte della squadra che introduce il pallone in mischia porta ad una attitudine alla ricerca del fallo altrui, alla esaltazioni di errori dell’avversario nei movimenti precedenti la contesa o durante la contesa stessa. La ricerca del calcio di punizione toglie la centralità al gesto della contesa, rubare la palla all’avversario è oggi, sempre più spesso, l’ultima soluzione, prima vengono ben altre tecniche che portano ad evidenziare i deficit di legatura dell’avversario, la sua attitudine a far crollare il raggruppamento o la possibilità di far “ruotare” la fase. Tutte tecniche che chiudono lo spazio alla contesa in se. Oggi come oggi è raro veder introdurre il pallone in mischia dalla squadra “A” e vederlo uscire dalla parte degli avversari “B”, ma la spettacolarità della mischia era questa, non certo il calcio in touche dei giorni nostri.
Guardando il rugby in questo modo, oltre a renderci conto di come questa fase della “ordinata” vada assolutamente rivalutata e riscritta, si capisce meglio come il nostro gioco cambi nel tempo, come le soluzioni tecniche e di movimento siano in continua evoluzione. Si capisce meglio quindi coloro che hanno visto nella “Fox” nient’altro che una soluzione innovativa. Il rugby raccoglie in se degli elementi di potenziale novità che pochi sport possono vantare.
Detto questo però, guardando all’Italia, in un paese come il nostro dove si giocano molte mischie in un match, risulta evidente come il “rinunciare alla contesa” ed alla piattaforma di uscita per ancorarsi alla ricerca del calcio, deve almeno presupporre una velocizzazione di tutte le altre fasi di gioco inclusa la composizione stessa della mischia. Pretendere che prima della fase non ci siano fasi di “riposo”, le legature siano rapide, le introduzioni immediate, è forse il minimo per mantenere il nostro gioco ancorato al mondo moderno. Ci piaccia o no.
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