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AFFARI ESTERI

SEI NAZIONI E QUELLA RIFORMA (QUASI) INVISIBILE

Johnny_Jonathan_Sexton

“Johnny” Jonathan Sexton

Fra le tante “riforme” che il rugby mondiale si vorrebbe regalare una è più o meno “invisibile”, non fa titolo sulla stampa, non è accattivante per i cultori della partita del sabato ma è invece molto importante per il nostro sport nel futuro ed accadrebbe in un mondo che ci è vicino: quello del Sei Nazioni

Recentemente la federazione inglese (RFU) ha proposta di accorciare il tempo di svolgimento del Sei Nazioni da 7 a 6 settimane. Fra le motivazioni quella di una migliore visibilità del Torneo ed una migliore fuibilità dello stesso. Non ha sottolineato una conseguenza davvero strategica che porterebbe quella settimana in meno: l’allungamento della “stagione” ovale.

In tutti i casi sia la Federazione scozzese (SRU) sia quella gallese (WRU) si sono opposte all’idea ed il Presidente di quest’ultima Gareth Davies ha sottolineato alla BBC:”Spremere i giocatori in un periodo più breve è potenzialmente dannoso. E’ vero che sono professionisti e molto ben pagati ma la natura del rugby è di essere un gioco molto duro e fisico, fare così allora significa immischiarsi con la salute dei giocatori.

Il fronte inglese non è compatto e soprattutto i giocatori esprimono dubbi fra questi Joe Marler, pilone della Nazionale della rosa e degli Harlequins che ha dichiarato:”Se perdiano una settimana di riposo allora penso che sia ridicolo. Si tratta di un torneo così fisico e il gioco in sé diventa sempre più duro ogni settimana. Allungare la stagione poi significa che i giocatori migliori dovranno iniziare a gestirsi“.  In pratica significa che chi va in campo dovrebbe cominciare a sfogliare la margherita e scegliere i match da fare e non fare. Questo varrebbe sia all’interno della intera stagione sia nel Sei Nazioni stesso che perderebbe quindi di spettacolarità.

In opposizione all’idea degli inglesi arriva, proprio in questi giorni, anche l’irlandese Jonathan Sexton che, parlando ad una associazione ovale irlandese, ha voluto sottolineare come il Sei Nazioni sia ben più duro anche della Coppa del Mondo pur avendo la stessa pesantezza di calendario:”Ora, la Coppa del Mondo è lo stesso, ma durante la fase a gironi della Coppa del Mondo a seconda del match è possibile ruotare i giocatori….” Dopo aver anche lui indicato come i giocatori dovrebbero cominciare a scegliere le gare per la famosa “gestione” di cui sopra il Johnny mette però la ciliegina sulla torta e dice:Questo (il passaggio a 6 settimane) probabilmente si adatta bene all’Inghilterra. Loro sembrano avere tre, quattro o cinque giocatori dello stesso livello nella stessa posizione.” Sexton fa quindi un esplicito riferimento alla “profondità, la chiama così, dei team, la loro capacità di proporre molti talenti dello stesso livello nello stesso ruolo. Insomma non andrebbe in campo sempre la miglior squadra per ogni team ma ci dovrebbero essere tante squdre per ogni team a seconda del match che si va a giocare.

Insomma questa cosa delll’eventuale restringimento del calendario del Sei Nazioni sta scoperchiando tante particolarità di un rugby che cambia, di uno sport che si affaccia a scenari diversi da quelli a cui siamo abituati, gli ottimisti chiamano tutto questo “professionismo”, i pessimisti danno la colpa alla TV.

Mettiamo allora in un frullatore tutto quello che è emerso da questa vicenda : l’allungamento della stagione, la riduzione dei turno di riposo, la salute dei giocatori, i giocatori che si gestiscono le gare a cui partecipare, il Trofeo continentale che supera in durezza la RWC, una grande profondità complessiva dei team come elemento determinante per la competitività. Cavarsela con la parola “professionismo” è decisamente poca cosa, negarsi la necessità di guardare avanti altrettanto riduttivo.

Il rugby attraversa una fase delicatissima, ci vorrà molta attenzione.

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