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ROVIGO L’ECCELLENZA E LA PECUNIA: LA FINE DEL GAMBERO

L’uscita del Rugby Rovigo dalla possibilità di contendersi il titolo nazionale nella finale del 19 maggio ha fatto scattare nel mondo rossoblù la tipica analisi di fine stagione. Qualche rimpianto, qualche rammarico  ma anche tanta soddisfazione perchè, alla fine, la stagione è stata positiva.

Quello che ci interessa sottolineare però è solo uno dei commenti rilasciato dal “patron” ed ex-Presidente rossoblù Francesco Zambelli alla “Voce di Rovigo”, che ha detto:”Il mio sostegno alla squadra rimane, anche se il fatto di non essere approdati alla finale avrà serie ripercussioni sul bilancio, per cui tutti i piani economici per la prossima stagione saranno un po’ da rivedere”. 

Il Rugby Rovigo è, insieme alle Fiamme Oro ed al Calvisano, uno dei tre team “professionistici” del Campionato di Eccellenza, il suo impegno economico è importante, i suoi risultati evidentemente seguono di conseguenza (tolta la stagione che si sta concludendo il Rovigo è andato in finale 5 volte nelle ultime sei).

Cosa significa se anche Rovigo retrocede in termini di investimenti?

Una delle prime cose sottolineate nelle interviste post-eliminazione da Nicola Azzi, attuale Presidente del Rugby Rovigo, era proprio stata la ripartenza del prossimo anno con circa € 150.000 in meno di investimento. Un brutto segnale che in pochi hanno voluto cogliere subito.

Perchè “l’avviso” arriva pure da Rovigo ma vale per tutti e per tutta Italia.

Rovigo infatti non dice di tirarsi indietro dalla lotta per vincere il titolo il prossimo anno, ma semplicemente fa capire che per essere competitivi e provare a vincere l’anno prossimo può bastare anche meno pecunia.

L’osservazione dei dirigenti rossoblù è effettivamente corretta. Ragionandoci bene in effetti si può dire che  l’apertura a dodici team della Eccellenza del prossimo anno, team tutt’altro che ricchi, genera una retrocessione del livello di competitività e di investimenti. LA cosa infatti generalizza ancor di più un comportamento più dilettantistico e sempre meno professionistico nella massima categoria italiana ed abbassa l’investimento medio per ogni squadra. Insomma se per fare il professionista in un campionato a 10 squadre ci vuole un “tot” di soldi quando la cosa si allarga ad altre 2 non professionistiche allora sarà “tot meno X%”. E si arriva in cima alla classifica lo stesso. Il ragionamento effettivamente, a titolo di sola logica, non fa una piega.

Insomma il nostro massimo campionato, il prossimo anno, pare proprio che farà la fine del gambero.

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