Non era una partita normale ma con la Georgia contava solo vincere e la nostra Nazionale ha fatto solo quello, non una virgola in più. Si è visto a Firenze più che in altre occasioni: non ne era capace.
La Georgia ha dimostrato al mondo che non è da Sei Nazioni, che le sue qualità tecniche sono ancora assolutamente discutibili che sotto pressione propone ancora tanta massa e poca testa.
Troppo poco per il rugby di oggi. E’ anche vero che i caucasici sembravano incappati nella classica giornata “forse-no”. Problemi di tensione? Troppo pesante l’inno cantanto in diretta da Tbilisi? Ognuno paga per le proprie scelte ed un po’ di umiltà in più avrebbe fatto loro bene.
E l’Italia? L’Italia del rugby ha fatto un passo avanti, magari non sul piano tecnico ma a Firenze si voleva ben altro.
La nostra Nazionale ha generalmente mancato sempre gli appuntamenti che contavano, il più solenne e recente è stata la sconfitta con Tonga a Padova nel 2016 che da quelle parti il calcio sghimbescio ma preciso di Takulua ancora se lo ricordano. Questa volta invece l’Italia ha superato l’ostacolo ed era quello più importante degli ultimi dieci anni. Che dire? Un grandissimo “grazie”. Ma anche altre tre cose, solo tre.
O’SHEA NON SI VEDE Vi piaccia o no la mano del tecnico irlandese non si riesce a vedere. Si vedono solo la serie di parole d’ordine programmate dal suo ufficio marketing, la prima è stata “fitness” e l’ultima “profondità”, ma sono miraggi per giovani marmotte.
Nella nostra Nazionale con O’Shea sono aumentati gli stranieri che sommati agli italiani che giocano all’estero sono più di mezza squadra, doti di skill eccelsi nel gruppo non se ne vedono, con la Georgia abbiamo giocato la solita mezza partita (50 minuti) e poi siamo andati in apnea (fitness?). Abbiamo problemi di attacco e di difesa in egual misura a corrente alternata, non abbiamo più una specialità (una volta era la mischia) e, se vogliamo parlare della integrazione Nazionale-franchigie il nostro rugby in Pro14 è due peli sopra due anni fa e quattro sotto quello di cinque anni fa (2012/2013 Benetton Treviso settima nel torneo celtico, 12 risultati positivi e 10 sconfitte).
Non si vede nulla in campo che ci ricordi Harlequins o Leinster. La gestione O’Shea è stata fino ad oggi quanto di più fumoso si sia visto. Tanta “riservatezza”, commenti tecnici rasoterra, evoluzioni in campo annunciate ma impalpabili, progressione in periferia difficilmente accreditabili al tecnico irlandese (diamo a Crowley quel che è di Crowley) e poi il caso Barbini. Il miglior terza linea italiano che non viene convocato (leggi qui su R1823) perchè “sgradito” ai vertici, dimostrazione che lo schema politico di O’Shea esiste ed è l’unico che funziona.
Magari la svolta è dietro l’angolo ma quando arriva questo angolo? Perchè non può essere una vittoria, anche prestigiosa, che cambia il poco o nulla visto fino ad oggi.
Restasse lui alla nostra guida tecnica sarebbe solo da chiedersi: dove va il rugby italiano?
STADIO MEZZO VUOTO Il sogno del rugby italiano è svanito. Il super-match clou con la Georgia, la partita che, se persa, ci metteva a gambe all’aria nel mondo del rugby non ha portato gente allo stadio. Quello di di Firenze che è rimasto desolatamente mezzo vuoto.
Le curve erano chiuse e nel bellissimo stadio razionalista fiorentino c’erano poco più di 18.000 spettatori (il Franchi ne tiene 40.000 ca) inclusi i ca 4.000 georgiani. Numeri davvero bassi per l’unico sport in Italia ad avere avuto la Nazionale che “riempiva gli stadi”.
Il numero di Firenze dimostra soprattutto il distacco della base ovale dal proprio vertice, il completamento amaro di una involuzione che ha nelle sconfitte solo il suo epilogo più amaro ma ha radici nella organizzazione e nella gestione della nostra piattaforma sportiva.
MA QUALCOSA RIMANE fra le pagine chiare e le pagine scure. Tutto quello che si è detto fino ad ora può davvero essere cambiato. Questa partita può essere un punto di partenza, un nuovo inizio.
Abbiamo messo al tappeto la peggior insidia, quella della esclusione dal Tier1, l’uscita dal salotto dei “buoni” del rugby mondiale, questa partita contro la Georgia era questo, lo abbiamo superato.
Da qui una accorta gestione federale potrebbe ripartire sia a livello politico che a livello tecnico per ristrutturare tutto il nostro sport, per correggere errori e rimettere in sesto certe situazioni obsolete e perdenti. Questa vittoria ci regala 5 anni di spazio per cominciare a fare quello che negli utlimi dieci non abbiamo nemmeno sfiorato.
Abbiamo persone e idee per riprovarci ancora? Questo semmai è l’unico vero problema.
