2019 Guinness Six Nations Championship Round 5, Principality Stadium, Cardiff, Wales 16/3/2019 Wales vs Ireland Wales celebrate winning the Grand Slam
Mandatory Credit ©INPHO/Dan Sheridan
Si siede davanti ai giornalisti e dice:”Questa è la mia ultima partita del Sei Nazioni“, poi si guarda intorno velocemente e aggiunge “…con il Galles” e ride. Il simpatico burlone, si sa, lui è così, è Warren Gatland, Head Coach del Galles che infila il Grande Slam e porta a casa il Sei Nazioni 2019. E’ il suo terzo Grande Slam e terza vittoria del bellissimo torneo europeo per Gatland che, neozelandese classe ’63 ex tallonatore di Waikato, da una dozzina d’anni è sulla panchina dei dragoni rossi. Ma sta per lasciarla.
Con Gatland il Galles è diventato definitivamente grande, nessuno prima di lui aveva vinto tanto, forse i purosangue celtici del posto possono ricordare Alan Davies che vinse anche un Cinque Nazioni ma erano gli anni Novanta e non c’era ancora il professionismo.
Perchè è il professionismo la cosa che i Coach scelti dalla federazione gallese da quando è scoccato il 1995 hanno portato fra Cardiff e Holyhead. Professionismo e stile di gioco. La linea gallese è passata per Auckland. Dal 1995 in poi sono stati ben 5 gli Head Coach neozelandesi che hanno gestito la Nazionale ed il movimento gallese ed alcuni nomi hanno fatto la storia del rugby anche ben oltre la loro storia con la federazione celtica.
Alla fine degli anni Novanta (1998) arriva a guidare il Galles un certo Graham Henry che porta i Rossi al record di vittorie consecutive ed alla rivoluzione del loro gioco ma soprattutto è lui che insiste con la WRU, la federazione gallese, per la nascita di un campionato professionistico in grado di alzare il livello, il modello era il Super Rugby del sud del mondo. Negli anni di Henry prima il campionato gallese si fonderà con quello scozzese e poi, nel 2001, nascerà la Celtic League, attuale Pro14.
Graham Henry lascia il Galles nel 2002, diventerà Head Coach degli All Blacks nel 2004 e nel 2011 vincerà con loro la Coppa del Mondo.
Dopo di lui arriva un certo Steve Hansen, neozelandese anche lui che imposta tutta la sua attività sulla crescita dei talenti giovanili,. Non ottiene grandi successi sul campo ma i frutti del suo lavoro si vedranno pochissimi anni dopo. Nel 2004 Hansen raggiunge il suo amico Henry per fare il “secondo” degli All Blacks, vince e nel 2011 prende il posto di Henry come Head Coach dei neozelandesi e vince la coppa del mondo del 2015. Hansen è lì, ancora al suo posto, almeno fino ai prossimi mondiali.
Il Galles ha cominciato ad infoltire seriamente il suo palmares dopo l’arrivo del professionismo, ha saputo scegliere chi mettere a capo della sua “banda”, ha gestito al meglio il suo vivaio, guardato ad un campionato prof che potesse essere tale senza rinunciare ad averne uno forte al suo interno, con tanta programmazione e sacrificio. Perchè stiamo parlando di un movimento ovale, quello gallese, che conta solo poco più di 70.000 tesserati, meno della metà degli irlandesi e numeri neanche paragonabili ai 2 milioni di tesserati inglesi. (Italia: circa 85.000).
Eppure questo Galles che vedete correre sul campo capitanato da un determinato e temerario Alun Wyn Jones, una seconda linea di Swansea, è adesso una stella dell’universo rugby. Il Sei Nazioni vinto quest’anno addirittura con un Grande Slam è la conquista definitiva di un posto accanto ai grandi.
Gatland dopo il mondiale chiuderà la sua lunghissima permanenza gallese, il ciclo, lungo, si è chiuso, il Galles è arrivato in questi giorni al secondo posto nel Ranking mondiale lasciando dietro di se Irlanda ed Inghilterra. Questo è un risultato di oggi ma anche la storia di un cammino.
Adesso la Federazione gallese ha davanti i mondiali e poi il prossimo ciclo di storia. Il prossimo passo nella storia.