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QUESTIONE D'ELITE

IMPARARE DA QUESTE RETROCESSIONI: UN NUOVO RUOLO PER TOP12 E SERIE A

Due promosse e le stesse poi retrocesse, dalla Serie A al Top12  e ritorno in 12 mesi. Uno dei risultati stagionali del massimo campionato italiano è stato senz’altro anche questo, Valsugana e Verona sono arrivate e partite fra settembre ed il successivo aprile. Tutto normale?

Eppure il nostro Top12 non è così “stellare”, possibile sia così ampia la forchetta con la Serie A che gli sta dietro? Purtroppo questa è già una delle spiegazioni, il livello competitivo dei nostri campionati si apre a forbice  in maniera progressiva man mano che si scende, si vedono degli ottimi match, ma si vede anche un altro rugby.

Il fattore atletico prima ancora di quello tattico e poi il fattore “testa” sono le due principali differenze fra i due campionati dove gli skill sono allenati ovviamente in maniera diversa non fosse altro per il tempo che un team ha a disposizione per farlo. Inoltre se consideriamo il Top12 troppo eterogeneo per la presenza di squadre di professionisti in mezzo a semi-prof e dilettanti, la Serie A lo è decisamente di più ed i divari a volte sono davvero enormi.

In questa prospettiva il Valsugana è arrivato tutto cuore e colori in Top12 e non è mai stato davvero fuori dalla zona retrocessione, il Verona ha messo in piedi un progetto tecnico ed infrastrutturale da far impallidire molti club del massimo campionato ma in Serie A ci è tornato lo stesso.

Entrambi i team hanno avuto nel corso del loro campionato una crescita tecnica, hanno raccolto informazioni tattiche diverse da quelle conosciute, hanno fatto onore a match che prima erano quasi impossibili da sostenere, alla fine hanno avuto palese la differenza di categoria, anche se in maniera diversa.

Più giovane e dinamico il Valsugana, ancorato ad un percorso tecnico ambizioso, supportato da giocatori esperti ma più incline alla proiezione di giovani promesse, ha di fatto sbagliato i match con le principali concorrenti. La rimonta della Lazio è, per entrambe le retrocesse ma molto di più per i padovani, una dimostrazione di cosa ci vuole per stare nel massimo campionato italiano: più esperienza, un bel passaggio in meno ma tanta tanta, tanta “testa” in più.

Il Verona promosso dalla Serie A ha amalgamato subito un nuovo team per il Top12, moltissimi giocatori nuovi, molti che il massimo campionato lo avevano conosciuto, altri ancora più illustri, ma il cambio è stato troppo radicale, per fare una squadra ci vuole tempo e troppo ne è passato prima che fosse tale. Alcuni ruoli centrali sono stati cambiati anche in corso di campionato,. l’area tecnica ha avuto due scossoni, insomma a Verona il Top12 è stato un lungo terremoto oltre al fatto che in campo c’era forse troppa esperienza e a volte un po’ meno umiltà del necessario.

Al di là però della condizione tecnico-strutturale dei team retrocessi per entrambi il Top12 si è dimostrato un campionato troppo “diverso” per potersi garantire un adeguamento nel corso di una estate e la cosa fa riflettere molto. I punti sul piatto sono almeno due(molti di più in effetti ma intanto…).

Il primo è la evidente spaccatura che si apre sempre di più fra i vari livelli dei campionati di club (Pro14 -Top12 – Serie A….), una disomogeneità importante che non fa crescere il nostro rugby ma lo separa per comparti quasi stagni. Il secondo è la necessità e la possibilità palese di guardare al Top12 come una risorsa importante per innalzare il livello di gioco del rugby italiano, e non come minutaggio degli Under20 già azzurrati e degli accademici vari.

Ritrovare un Top12 di alto livello significherebbe fare della categoria inferiore, la Serie A, un punto da cui attingere, una vera area tecnica e non un semplice trampolino di pur legittime e belle  ambizioni sportive.

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