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FORZA RUGBY

ANDAVA A CENTO ALL’ORA

A chi interessa il pilone che corre a cento all’ora?  Eppure quando se ne vede uno che prende la palla e fa quella cosa fuori dall’immaginario ovale tutti sobbalzano, sorridono, si complimentano, apprezzano, se siamo davanti alla TV il primo è il telecronista che gioca duro con urla e magnificenze varie sulla preparazione tecnico-atletica di quel pilone.

Eppure quel numero che il pilone ha dietro la maglia non è fatto per arrivare primo e non presuppone la medaglia di bronzo, quel numero spinge, alza, pulisce, gioca là dove si trova e, là dove si trova, fa un sacco di cose, perchè mai  dovrebbe correre. Direbbe qualcuno che il dinamismo fa spettacolo, il movimento è il vero figlio del nostro tempo, e poi la corsa, il guizzo, lo spostamento in velocità alzano il livello adrenalinico… dello spettatore.

Quindi un pilone che corre non è proprio il rugby ma è un piacere per lo spettatore? Quello che non capisce molto il rugby però, ci vien da dire.

La mischia ordinata è forse la cosa più anglosassone che questo nostro sport abbia, perchè effettivamente va apprezzata e vissuta con una filosofia molto compassata, un trascinamento distaccato, una attenzione silenziosa, anche perchè per uno spettatore una mischia va in buona parte immaginata. Si chiama fase statica perchè in effetti lo è ma dentro in effetti c’è un vero “casino”. C’è molto più movimento della corsa del singolo pilone.

“Le partite le vince la mischia ed i trequarti decidono di quanto”. Se il pilone dovesse andare a cento all’ora che ne sarebbe di questo detto che ci passiamo di bocca in bocca intorno ai campi da rugby?

Perchè il rugby è prima di tutto fase statica ed anche se negli ultimi trent’anni questa nostra “ordinata” l’abbiamo cambiata talmente tanto da guardarci i filmati dell’epoca ed immaginare un’altro sport, il rugby è cresciuto su questa fase statica, non sul dinamismo. Dopo gli ultimi otto anni in cui il rugby mondiale ha visto tante regole nuove il timore il nostro sport scivolasse troppo verso “scontro e corsetta” tipici del football americano c’era eccome ma RWC2019 ci ha regalato invece una grande soddisfazione. Dal vincitore in già la mischia si è molto rivalutata. Sicuramente molto di più di quanto si era visto in certi ultimi Sei Nazioni.

Perchè in questo Mondiale si è parlato molto di “piloni”, sono stati ad esempio la prima risorsa del vincitore iridato, sono stati al centro delle vision di allenatori illuminati e di team di tutte le latitudini. In questi ultimi vent’anni alcuni grandi del rugby, molti in realtà i francesi, ci hanno scritto e trasmesso molte idee sul gioco di movimento, ora è il momento qualcuno si concentri davvero sul profilo moderno del pilone, partendo da questi ultimi mondiali ad esempio, rileggere il suo ruolo in chiave statica, magari allargare di poco il suo raggio ma non ci interessa che vada per forza a cento all’ora.

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