A noi una settimana prima era sembrata una corrazzata invincibile, una settimana dopo quella irlandese si è schiantata a Parigi in un match solo un po’ sopra la bassissima media generale di piacevolezza vista in questo Sei Nazioni.
Generalmente noiose e cariche di errori le partite viste in questo torneo (decisamente più spettacolari, divertenti ed “ovali” quelle vista nel sud del mondo). Preparazione disallineata? Tempi e tecnica andata nel cassetto? Fisicità non equamente allenata? Ecc…. Sulle giustificazioni a questa osservazione qualcuno scriverà un manuale ma resta la verità che un certo rugby europeo cominciava già a venire a noia ben prima che ci si trovasse nella emergenza sanitaria.
Cosa ci ha detto dunque il Sei Nazioni? I match del torneo europeo di sabato scorso di fatto salvano l’Italia che pessima era, si sapeva, e tale è stata fino in fondo. Poi la Francia. Fine. Certi sepolcri imbiancati che alloggiano nelle terre di Albione possono tacere perchè sabato, dall’alto del loro trentaquattro a cinque, la figura magra l’hanno senz’altro fatta i loro beniamini. I bianchi di Jones si sono prodotti in un gioco piatto e senza senso, fatto di piede e spinta cieca sulla linea, quando hanno provato a metterci un po’ di fantasia si sono prodotti in errori e mancanza di coordinamento. Zero gioco e zero spettacolo e 16 placcaggi sbagliati su 105 (meglio l’Italia che ne ha sbagliati 12 su 115) più 13 calci di punizione concessi (come gli azzurri). Le statistiche inglesi dicono poi molto se confrontate alle loro stesse prestazioni degli anni precedenti. Poca cosa cara Rosa.
La Scozia che vince sul Galles, fatto storico, ha lasciato sul campo una quantità di errori ed imprecisioni talmente alta che in molti tenderanno a cancellare i file del match. Una cosa penosa. E così siamo a due match da dimenticare su tre.
Si salva invece la Francia in evidente ristrutturazione generale, ma solo lei che mostra anche i gioiellini Ntamack e Alldritt ed un Julien Marchand (cl ’95 – Tolosa) che fa futuro. La Francia vince la partita giocando con solo il 46% del possesso ed il 42% di territorio utilizzando solo 107 passaggi in tutta la partita contro i 170 degli avversari.
Dell’Irlanda rimangono soprattutto le due ostruzioni palesi ed antisportive di Sexton e Doris, a tentare di evitare le mete di Cross (poi meta tecnica) e Ntamack. Cara Irlanda, quando dopo mezz’ora si comincia a ricorrere a queste fesserie allora la storia è già finita.
Abbiamo aspettato il Sei Nazioni ed è stato questo. Poca cosa e non certo per colpa nostra. Però è proprio questo il punto.
I media ed i commentatori d’Oltremanica sono bravissimi a farci rimbalzare colpe e disastri quando le nostre prestazioni sono davvero scarse mentre noi qui dall’Italia si tace e ci si attacca alle dichiarazioni di Smith o al bisogno di coccole di qualche nostro giocatore. Invece si potrebbe, oggi è il giorno giusto, far notare a tutti i maghi del nord Europa, che anche il loro non è un gran rugby. In particolare certe autorevoli testate italiane sempre così puntuali nel sottolineare le (vere) deficienze del nostro team o, al contrario, a cavalcar complimenti improbabili, sono capaci di fare un titolo sul nulla cosmico di certe prestazioni anglo-celtiche?
Mettiamo le cosine al loro posto. Il nostro rugby italiano è in grandissima crisi ma il panorama in cui si muove è decisamente fragile. Insomma, soldi a parte, questo Sei Nazioni orsù terminato, da Febbraio ad oggi ha ancora una volta dimostrato che il rugby europeo annaspa, non ha una sua linea, è troppo chiuso ed esclusivo, si preoccupa più dei fatturati che della sua spettacolarità e, soprattutto, non fa alcuna espansione. Insomma va rivisto o, chissà, rifondato. Din Don qui Radio Londra.