Per la finale arriva il Derby d’Italia e non si poteva chiedere di meglio in termini di spettacolo, di tensione, motivazioni e, speriamo, se passerà una certa formula, anche di spettatori sugli spalti (la finale allo Stadio Euganeo?).
Rovigo arriva alla finale con un match straordinario, una vera conquista spanna per spanna del pass per la partita clou, una battaglia intelligente con un avversario che non ha lasciato nulla di intentato e che per larga parte del match è sembrato non superabile. Un match avvincente dove nel primo tempo Rovigo si è tenuta gioco e possesso per mollarlo nel secondo e resistere alla carica dei calvini.
Impressionante il Calvisano per preparazione tecnica e capacità di movimento, belli invece i rossoblù per alcune iniziative di gioco in piena continuità verticale, in apertura veloce al largo e per le iniziative dei primi otto in maul e mischia.
Una bella partita che ha esaltato il ruolo delle seconde e terze linee e trovato in Ferro per i rossoblù e di Izekor e Zambonon in giallonero dei veri fari nel ruolo.
Ma il genio del match è stato Diego Antl, cl. ’90, da Mar del Plata, spettacolare la sua capacità intuitiva e la sua visione di gioco e spazi. Lasciamo finire questo campionato e poi dovremo trovare il tempo per chiederci perchè questo argentino, arrivato in Italia 8 anni fa, non è planato ben più su di categoria.
Calvisano ha tentato tutto ma in attacco gli altri ne avevano di più, perde la finale solo all’ultimo secondo per uno scarto minimo di resilienza.
Due semifinali profondamente diverse: da una parte due squadre “top” dall’altra una inseguitrice che fa troppi errori ed un’altra che punta sul non-gioco per passare il turno.
Il Valorugby domina, corre, si prende campo e spazi, mette giù quattro mete (solo due gli avversari) ma di fatto assegna, con i suoi errori, il passaggio al turno di finale agli avversari. Gli emiliani, rispetto all’andata, hanno la difesa più attenta e la mischia che si difende bene; il buon ricordo nel match in effetti lo lasciano loro con le spettacolari incursioni in velocità o le chiusure in touche che mettono in difficoltà gli avversari, vince pure il match ma non basta. Svettano fra i Diavoli Majstorovic, Amenta e Luss, giganti del match.
I padovani invece, sono solo dolori, arrivano alla finale per differenza punti dopo aver impattato troppe cose: punti partita, mete realizzate e…. capacità di recupero. Per il Petrarca è’ sparito tutto in un pomeriggio (il secondo tempo di Reggio però era già in effetti così) insieme alla capacità di essere corali. Una delusione fatta soprattutto di iniziative individuali e tatticismo estremo accostati a lunghissimi momenti di buio. Di fatto succubi degli avversari e dei loro continui ritorni per quasi tutta la partita, i tuttineri reagiscono con una serie di guizzi che fruttano ottimi risultati, ma non c’è altro.
La partita per il Petrarca però è persa, solo di un punto ma è persa e lascia sconcertati questa idea di conquistare il risultato basandosi sull’attesa dell’avversario e sul non-gioco. Al piede (5/5) ed in difesa Lyle salva tutto più volte, Tebaldi gestisce e mette a posto le cose, Cugini è un punto di riferimento ma gli avanti sono distratti e nervosi. I trequarti, non è una novità, non fanno parte degli schemi di gioco.
Guardando il campionato il Petrarca era solo “meraviglioso” ma dalla sconfitta con Calvisano tutto è andato un po’ storto e questo non è stato certo il miglior modo per arrivare alla finale. Il Petrarca ha risorse, uomini e mezzi per fare tanto di più e poi ….. la finale è Derby d’Italia….
Il Rovigo della “remuntada” diventa così la vera favorita, sono loro che hanno festeggiato in spogliatoio ed hanno imparato ad usare “la benzina”, hanno sconfitto i Campioni uscenti ed arrivano così al Derby d’Italia che vale una stagione.
Ne parleremo ancora. Forza Top10.