Due opinioni a confronto, entrambe autorevoli, entrambe interessanti. Vediamo intanto il tema.
L’anticipazione del Sei Nazioni di qualche giorno fa ha parlato di fischietti, ovvero dell’ingresso nel panel degli arbitri che fischieranno il prestigioso trofeo europeo del georgiano Nika Amashukeli.
Lo cosa ha fatto prurito perchè un arbitro italiano non ha mai fischiato in quel torneo, e noi ne facciamo pure parte, ed i colori della Georgia a noi ovali dello stivale ci stanno un po’ indigesti, visto che la Nation caucasica è sempre lì che vuole darci una (improbabile) spallata.
Questa cosa ha riservato un interessante dibattito a distanza fra due figure diversamente autorevoli del panorama ovale italiano, entrambe emerse a mezzo stampa: uno è il prestigioso giornalista Gianluca Barca e l’altro niente meno che il Presidente FIR Marzio Innocenti.
Barca ha scritto un articolo molto bello su All Rugby dove, tra l’altro, dice:” …c’è un paese di Tier 1, la cui nazionale si appresta a disputare il torneo per la ventitreesima volta, che ancora aspetta di vedere un suo arbitro selezionato per fischiare in un match della competizione. Quel paese ovviamente è l’Italia. …” e poi continua” … la designazione di un georgiano scompiglia le carte. Perché tutto si può dire fuorché che Nika Amashukeli, per quanto promettente, sia più bravo, più famoso, più rispettato, più qualificato dei vari italiani che nel passato, o nel presente, sono (ndr: dal Sei Nazioni) stati ignorati: Giulio De Santis, Marius Mitrea, Andrea Piardi, Gianluca Gnecchi.
Dice ancora Barca: “Di conseguenza, la designazione di Amashukeli suona come un avvertimento, nemmeno tanto oscuro, a maggior ragione perché il referee georgiano è stato scelto per dirigere proprio una partita dell’Italia “
Barca chiude raccontando che le motivazioni per questo sgarbo all’Italia sono note, ad esempio il georgiano è un professionista, in Italia non ce ne sono, e poi ci sono gli “errori” del passato sul fatto che la FIR non ha puntato sugli arbitri per accrescere il suo peso internazionale. Comunque, secondo Barca, questo è un “cazzotto” rifilato all’Italia.
Come si può non essere d’accordo?
Innocenti invece è intervistato da Ivan Malfatto su Il Gazzettino e, dopo aver ricordato il percorso di crescita internazionale fatto dall’arbitro georgiano, dice sulla questione che: “Se ce l’ha fatta un georgiano, ce la può fare un italiano, un giapponese, o qualsiasi altro. Perciò io vedo la designazione come una garanzia, non uno sgarbo”. Poi aggiunge sui perchè i nostri arbitri non sono mai entrati nel Sei Nazioni:” Perché i nostri arbitri hanno scelto di non diventare professionisti al 100%. Perché il board di Wr non aveva fiducia nel nostro percorso formativo. Perché con gli ultimi direttori di gara, Piardi e Gianluca Necchi, abbiamo perso tempo. Tre anni fa non abbiamo fatto quello che ha fatto Amashukeli. Ora insieme alla nuova struttura arbitrale federale, composta da Mitrea, Giacomel, Dordolo e dal resto del consiglio del Cnar, stiamo provando a recuperare il tempo perduto”.
Come si fa a non essere d’accordo?
Così oggi possiamo raccontare di un evidente sgarbo internazionale che diventa davvero una opportunità. Ma forse non basta. C’è ancora una cosa, permetteteci di aggiungerla da qui.
I nostri “partner” del Sei Nazioni sono stufi di aspettarci e questo del fischietto georgiano è un segnale anzi, dice bene Barca, è uno sgarbo, un ultimo avvertimento. Ma è anche una opportunità, ha ragione Innocenti, lo è anche per un arbitro giapponese però.
Le due interpretazioni della cosa trovano una sintesi forse nelle parole “velocità”, “risorse”.
Ci sono alcuni “gap” che abbiamo accumulato in questi ultimi anni che dobbiamo affrontare anche in termini di velocità. Solo alcuni di questi divari li possiamo affrontare così ma su quelli dobbiamo premere sull’accelleratore. Perciò nessuno si scandalizzerebbe se per alcuni arbitri italiani partisse un piano di formazione internazionale è venisse formalizzata la condizione di professionista. Ma è la FIR che dovrà mettere a disposizione strumenti e risorse per tutto questo, necessarie a sfruttare quella opportunità.
E’ tempo di credere davvero negli arbitri.