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REGOLE ED ARBITRI

PER GLI ARBITRI ITALIANI E’ TEMPO DI RESPONSABILITA’

RDO Mitrea con il gruppo arbitri della finale di Coppa Italia: per loro una buona prestazione (Foto Franco Cusinato / ON)

Il TMO colpisce ancora, questa volta però non perchè ha rilevato chissà quale scorrettezza o fallo semi-invisibile ma perchè ci ha fatto vedere una volta in più uno spaccato dei nostri arbitri sul quale c’è da lavorare.

No dai Guido vai indietro“, “Andrea vieni ti dico una cosa” “Simone, Simone….” sono i  nostri arbitri di Top10 che parlano amichevolmente con i giocatori in campo, spesso con questo metodo tipo una birra al bar, come se quelli che spingono e menano non avessero apposta un numero sulla maglia per essere riconosciuti.

E’ così che troppi arbitri italiani dell’Alto Livello impostano il loro rapporto in campo con i giocatori: docilmente colloquiali, amicali, autorevoli ma non troppo, chiacchieroni. Come arbitrare una partita di Top10 fosse una pizza insieme o passare la serata…dai che dopo si va al Ponte Milvio.

“Amici in parziale sospensione”, questo lo stile di troppi arbitri verso i giocatori e questo è stato lo stile del pur bravo fischietto Clara Munarini nella finale di Coppa Italia,  lo abbiamo sentito da quel microfono rivelatore in diretta streaming (acc… quei microfoni del TMO…) Una partita sostanzialmente facile, fischiata bene ma portata avanti con lo spirito da oratorio che si è detto.

Il comportamento da “volemose bbene” lo applicano spesso gli arbitri convinti dell’invincibilità del fischietto, quelli che pensano che, anche la partita magari si mettesse male, in fondo loro hanno un pezzo di plastica giallo, uno rosso ed appunto un fischio. E magari un TMO. Qualche “amico” però potrebbe dire che “non si fa così”, troppo facile per l’arbitro che così diventa “gestore” e non amministratore del match. 

Facciamo un esempio? Ok, uno facile. La Munarini, questa volta è toccato a lei, chiamava per nome molti giocatori, ad esempio non chiamava “Capitano” il Capitano ma con il nome di battesimo, ma se fosse scoppiato un piccolo o grande putiferio sarebbe stata in grado di chiamare tutti i 46 giocatori e gli staff per nome proprio di persona? Li conosceva tutti così bene? Se dalla panchina fosse venuta alta al cielo una contestazione andava lì e diceva “dai su Victor cerca di capire…”… “dai Pasquale stai buono…”. Chissà magari funzionava anche “bella zio….”.

Perchè questa è una delle “differenze” sulle quali un arbitro deve stare sempre in campana.  Poi se ti chiami Nigel Owens, Wayne Barnes, Joy Neville, Jaco Peyper… allora magari cambia qualcosa. Ma se ti chiami così sei tu che hai fatto cambiare qualcosa prima…

Se vogliamo alzare il livello del TOP10 gli arbitri devono prenderlo sempre maledettamente sul serio, sono i primi che devono interpretare al massimo livello ogni singola partita, loro devono fare la loro parte sempre e solo fino in fondo. Non si tratta solo di fischiare bene, cosa sulla quale forse tutti hanno ancora molto da imparare (la valutazione sul punto di incontro nella finale di Coppa Italia era come un UFO) ma anche di fischiare il match  pretendendo il massimo da se stessi e da chi sta in campo. Così cresce il nostro rugby.

Il Top10 deve uscire dalla logica “pane e salame” e dalla idea che una partita sia una parentesi fra due terzi tempi e gli arbitri sono i principali protagonisti in campo di questo risultato. Per gli arbitri italiani è il tempo delle responsabilità.

I nostri fischietti devono riflettere molto su questo a cominciare dal fatto che non si può  pretendere il professionismo se non si passa prima dalla professionalità. E’ così, vero Riccardo, Federico, Manuel, Andrea, Luca, Vincenzo, Nicolò, Federico, Clara, Gabriel Ionut, Gianluca, Matteo, Dante ?

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