Siamo alle solite, a raccontarci di un fallimento. La sconfitta con la Georgia della Nazionale di Kieran Crowley è un disastro a cui per una volta, anche da queste parti, si era provato a pensare non potesse accadere. Dovevamo vincerne tre ed invece davanti a quella che contava davvero…. il fallimento si è fatto totale.
Del resto in campo contro i Caucasici c’era il nulla, lo stesso “nulla” visto con il Portogallo ma, sai te, lì poi alla fine era andata bene.
L’altra partita deludente del periodo era stata quella della Under20 di Brunello che alle 6N U20 Summer Series, in un girone semplice e costruito su misura per mandare gli azzurrini in finale, hanno preso la sberla da un Galles meno che modesto. Così anche Brunello si è accorto di non essere un mago, anche se lui sembra negare, beato lui che glielo lasciano fare. Ma restiamo in Caucaso.
Considerata la smisurata fortuna di non dover fare un “punto tecnico” sulla sconfitta georgiana, perchè per farlo ci vorrebbe qualcosa di tecnico da commentare, ci si abbandona a due osservazioni.
La prima parla di presunzione. Se c’è davvero una cosa sul quale gli azzurri sono stati grandi in questo trio estivo, in Georgia hanno superato loro stessi, è stata la supponenza. Questi azzurri entrano in campo con il… “complesso” di superiorità. Nella Nazionale maggiore a Batuni a tratti è parso si gestisse la palla come un “fatto personale”, mi si vede di più così o così? Il tutto svanisce mano a mano che il risultato si fa “difficile” ed allora i nostri cominciano ad arrancare per risolvere la questione sommando incoerenza di scelte a gestione approssimativa. Ma di Portogallo ce ne abbiamo solo uno.
In campo poi, paghiamo la mancanza di una vera leadership, non esiste sul piano del gioco, non ne abbiamo in effetti uno caratterizzante, e manca sul piano del team perchè Lamaro non lo è, è un gran talento ma non lo è, la favoleggiante narrazione su di lui come leader fa parte degli errori di comunicazione del nostro clan tecnico in FIR.
Perchè la leadership in una squadra di rugby deve essere visibile prima di tutto nel piano di gioco, il primo leader è lui, poi questo deve godere anche della presenza di un campione polivalente in grado di rappresentarlo a più voci o, come spesso accade, la leadership è più un “gruppo di comando” con autorevole portavoce. Se in campo c’è leadership si vede, paradossalmente, proprio dalle scelte corali che vengono fatte durante il gioco vivo. E l’Italia con la Georgia….
La seconda osservazione ci costringe a soffermarci sulla carenza a livello di “skill” tecnici personali di ruolo. C’è poco da dire su questo e, tanto per fare un parallelismo che non “piacerà” all’italico pubblico mammone, se guardate i buchi negli “skill” della attuale Under20 vi ritrovate immediatamente in Georgia. Quella è la strada che è stata percorsa e su quella possono far poco i vari O’Shea, Smith o Crowley. Sugli “skill” abbiamo preso la vera lezione dai georgiani, sarà che, forse, prima di giocare a rugby dobbiamo imparare a giocare a rugby? I tecnici italiani si facciano un esame di coscienza.
Quindi eccoci di fonte al solito brutto colpo da assorbire. Questo però è forte, corrode il sole di Luglio, questa botta questa volta la paghiamo, a livello internazionale di sicuro. Ah che stanchezza, caro mondo azzurro mi stai venendo a noia. E forse molto di più.