(il magico David Campese oggi)
Fa riflettere il “frontale” che David Campese, leggenda del rugby australiano che in Italia ha giocato nel favoloso Petrarca di Munari negli anni ottanta, ha messo giù con la World Rugby sul tema scottante del gioco che cambia e sulla nuova (petulante) fisionomia delle regole che è nata in questo ultimo decennio.
Insomma Campese, in una intervista al Daily Mail, ha voluto dire la sua sul numero eccessivo di fischi in campo, sulle sospensioni continue per TMO, sulle regole che rallentano il gioco come quelle sulla mischia (in effetti, che confusione che c’è là dentro da un po’ di anni) ed ha guardato verso gli “innominabili”: gli arbitri.
Ha detto David: “È una farsa, gli arbitri pensano di essere la persona più importante in campo. Pensano che si tratti di loro, ma non è così. Si tratta del gioco. Riguarda i giocatori e i tifosi. La gente non paga i propri soldi per vedere un arbitro che fischia. Vanno a vedere una partita di rugby. Vogliono vedere ile mete, non i calci di punizione. È triste. Per come stanno le cose ora, è una barzelletta“.
La questione è almeno spinosa e nel mondo, a turno, si alza in piedi qualche autorevole personaggio ovale (anche autorevoli arbitri) che si lamenta di tutto questo ginepraio di regole e regolette, a cui seguono raccomandazioni e interpretazioni delle regole e regolette di cui sopra. Tutte cose che stanno, da un po’ di anni, ingarbugliando ma soprattutto frustrando, il nostro sport.
In tutto questo guazzabuglio regolatorio in effetti è emersa prepotentemente una figura fino ad anni fa, anche a livello internazionale, quasi invisibile: l’arbitro. Sono recenti infatti i casi addirittura di veri “fan club” per arbitri, popolati da tifosi e/o fischietti locali e regionali, questi ultimi convinti che come fischia Tizio sia meglio di Sempronio, che le interpretazioni di quello francese siano più lineari di quelle del fischietto neozelandese. E via così, alla faccia della unificazione del gioco ed al principio di uniformità del metro arbitrale.
Così è vero, ha ragione Campese, che in campo, soprattutto internazionale, si vedono spesso delle “stelline” con il fischietto ma è anche vero, a questo forse si riferisce davvero il campione australiano, che gli arbitri sono anche gli “artisti” delle regole e regolette di cui sopra: nel comitato internazionale del regolamento pare siano i fischietti quelli che giocano la vera partita del rugby. E’ così che “scompaiono” i giocatori e la fa da padrone il “biiiiiip”.
Dice in quella intervista infatti Campese:” Il TMO e gli arbitri stanno rovinando il gioco“.
Il riferimento del campione australiano è chiaramente forte ma una riflessione dovremmo farla tutti, le Federazioni devono farsi sentire in World Rugby perchè questo tentativo di spettacolarizzazione e “calcio-mutazione” (ci mancava anche il “pericolo arbitri” per riuscire a d assomigliargli ancora di più) del nostro sport sta portando ad una deriva pericolosa.
Una riflessione su questa uscita del Campese possiamo guadagnarcela anche noi in Italia, dove il mondo arbitrale è smodatamente in subbuglio, molto politico ed un po’ meno sostanziale, e sta cercando un suo riposizionamento. Potremmo partire da questo vecchio assioma: l’arbitro fischia e basta, il rugby lo giocano gli altri.
Ancora grazie Campese.