Quelli della Premiership si erano dati per primi all’Alta Finanza: nel dicembre del 2018 i vertici del campionato di vertice inglese avevano annunciato che circa un quarto delle quote della Premisership sarebbero passate al fondo di private equity CVC Capital Partners Fund VII.
I gestori del campionato inglese ci tenevano a far sapere, in quel 2018, che dal 1997, anno del passaggio al professionismo di quel campionato, i club avevano investito circa 400 milioni. Meritati quindi i circa 230 milioni di sterline pagate da CVC per la sua parte. Di quel cumulo di soldi ogni club in quella occasione se ne portò a casa fino a 18.
Ma forse già nel 2018 non era comprensibile che Mark McCafferty, CEO di Premiership Rugby, dicesse che “.…è una strategia per portare il rugby inglese ad un altro livello” e che Premiership aveva trovato “il partner giusto che ci aiutasse ad accelerare la nostra prossima fase di crescita“. Il debito accumulato dal mondo Premiership era già al tempo una cosa importante.
Sta di fatto che CVC ha poi acquistato quote anche nel campionato ex-celtico (URC) ed anche nel Sei Nazioni, e qui c’è di mezzo anche l’Italia, in pochi fra i media hanno voluto ricordarlo quando il campionato inglese ha fatto “flop” a seguito della dichiarazione di fallimento di due dei suoi club: Worcester e Wasps.
Accaduta in questi ultimi mesi, questa cosa del default di due club ha causato un vero terremoto nel rugby inglese, un sisma di natura economico ed anche finanziaria talmente importante da richiedere l’intervento del Governo.
E’ chiaro che dietro il fallimento di quei due club c’è anche la pandemia che ha occluso molte fonti di ricavo ma è vero anche che il rugby inglese è il primo che ha spinto sull’accelleratore del professionismo da entertainement e fino ad ora la produzione è solo una montagna di debiti.
La stampa inglese (il Daily Mail, The Guardian) raccontano che la Premiership conti un indebitamente complessivo di oltre 500 milioni di sterline e che la situazione, anche per effetto della scomparsa di due club, potrà solo peggiorare. Dice infatti Bill Sweeney Presidente della federazione inglese RFU che oltre alla pandemia:” …sappiamo che questo è uno sport che vive da tempo al di sopra delle proprie possibilità, potendo fare affidamento su alcuni ricchi benefattori. Questi però si sono resi conto che i soldi investiti non tornano più indietro“.
Perchè i club “saltati” sono per ora due ma quelli in pericolo sono diversi altri. Il gioco dell’Alta Finanza si fa buio, qualcuno infatti comincia a chiedersi quale potrà essere la reazione del fondo CVC se dovesse continuare questo potente declino del suo campionato inglese e se quindi l’investimento si dimostrasse in “pericolo”.
Altre conclusioni di questo evento negativo per il nostro sport non sono però così scontate, negare il professionismo e la evoluzione del nostro sport verso la “visibilità globale” non è la soluzione. Pensare di rimanere ai cari e vecchi fasti pane e salame… ops… fish & chips dei tempi andati è un errore. Bisogna andare avanti e la strada si chiama sviluppo sostenibile (da tanti punti di vista) e ci si augura, per Premiership, URC e Sei Nazioni, che CVC la pensi allo stesso modo.
Però un altro riferimento italico va fatto, qui da noi infatti abbiamo dei club che hanno messo la firma per formare una Lega che gestisca il massimo campionato italiano. Che si vada avanti ma non dobbiamo prendere esempio da altri campionati o realtà alle quali ci accomuna solo la palla ovale o la parola “sport”: ci vuole un modello di gestione tutto italiano e decisamente nuovo. Questo è il lavoro che ci deve impegnare nel prossimo tempo ovale.