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FIR E DINTORNI

BASTA CONCORRENZA DELLA FIR CONTRO IL TOP10

Nella diatriba in corso fra la FIR ed i club di Top10 è giusto ora si parli di uno dei grandi tasselli che ha generato la grande discordia: la concorrenza, non una qualsiasi, quella che la Federazione fa ai club.

E’ una cosa che c’è, vera, tangibile, nata quando la Federazione, molti anni fa, ha pensato di prendersi in mano tutto. Il percorso che ci aveva portato al Sei Nazioni era dei club, ma poi la FIR ha detto stop ed ha pensato di “mettersi a fare il club”. Prima cancellando la Lega dei club (la LIRE) poi creando un paio di club quasi artificiali e lanciandoli in Celtic League, fino ad acquisire il diretto e totale controllo di uno dei due. Nel frattempo ha messo in piedi una macchina elefantiaca con la costruzione delle sue accademie, del suo diffuso staff tecnico territoriale e via così. Una netta sostituzione alla attività territoriale di club (concorrenza diretta) con risultati peraltro disastrosi.

Una concorrenza forte e pesante, ma anche, da un certo punto di vista, totalmente assurda: è l’arbitro che si fa giocatore, e il detentore del campo che decide chi gioca, è il custode della cassaforte che decide che i soldi dentro sono solo suoi, è …. una cosa fuori fase. Tutto lecito, per carità, delibere approvate da Consigli legittimi, ma la nuova Presidenza FIR aveva promesso che qualcosa sarebbe cambiato.

Concorrenza indiretta. La Federazione organizza e muove due club a livello internazionale  (URC e coppe europee):  Benetton e Zebre. E’ la Federazione che destina a questi club un quarto delle sue ingenti risorse con le quali copre il 70% dei loro costi, vi organizza delle proprie accademie, cerca per loro nuovi talenti che sottrae direttamente ai club minori e porta a se, propone a Benetton e Zebre opportunità tecniche, schemi e modelli pubblicitari e ora, l’ultima novità, permette loro di essere assolutamente territoriali (Parma e Treviso al centro) e di gestire un loro sistema di affiliazione.

Perchè mai un club federale deve avere degli affiliati? Le Zebre, club di totale proprietà federale, si vanta del suo sistema di affiliazione di ben 127 società di rugby. Una cosa fra il semiserio ed il politico che forse ha solo l’unico effetto di distogliere 127 società da una affiliazione più locale, territoriale, con altri club contigui. La Benetton, con il suo bilancio al 50% pagato da tutto il movimento ovale (la FIR), ora ha un progetto solo per una serie di club della provincia di Treviso. Non è solo concorrenza territoriale ma anche un modello sbagliato perchè, a differenza di Galles ed Irlanda, non copre tutti i club e tutto il territorio nazionale ma solo una parte.

Tutto si può fare, basta essere chiari fin dall’inizio. La FIR concorrente dei Club di Top10 non è cosa nata con la Presidenza di Marzio Innocenti,  ma sembra trovare proprio ora la sua massima espressione.

Tutto questo, ci viene detto viene fatto per gli  Azzurri. Fino a ieri infatti la gestione FIR ha concepito se stessa ed i due suoi club di URC come l’unico elemento veramente capace di far crescere gli Azzurri e quindi il movimento. La nuova gestione ha solo capito che non è vero, che i due ricchi club di URC non bastano ed ha tirato dentro il Top10. Allora, fine della concorrenza? Magari.

E’ stato chiesto ai club di Top10, in sintesi, di spendere soldi, di fare investimenti (quindi non di prender soldi come Zebre e Benetton ma solo di spenderli) per confezionare magari un bel campionato, per far giocare i ragazzi scelti e contrattualizzati dalla FIR o dai suoi club, insomma: il Top10 usato come palestra di allenamento per Benetton e Zebre. Cosa è cambiato dalla gestione federale precedente? Fino ad ora poco o niente.

Di fronte a questo schema c’è stata la sollevazione dei club di Top10, la ricca FIR ha risposto elargendo ai club di URC altre concessioni, economiche e tecniche, mettendosi invece a contare i mille euro nelle privatissime tasche di quelli del Top10.

Si è scritto molte volte da queste parti che quei club hanno avuto in questo ultimo decennio l’unico merito di essere riusciti a rimanere vivi (che non è poco, però),  sopravvissuti alla concorrenza federale (ed anche alla pandemia). E’ vero: la loro dirigenza è scarsamente innovativa, poco comunicativa, stile tutt’altro che manageriale, autoreferenziale, difetta di visione. Ma da qui si deve partire. Piaccia o no.

Concorrenza federale ai club: in questo senso la stessa ottima nomina FIR di Marco Aloi a Direttore del torneo Top10 è almeno strana.

La FIR dovrebbe provare ad essere migliore, non ci sta riuscendo ed agita la sua capacità concorrenziale contro i club come una clava rendendo ancor più vivo il famose detto: articolo quinto, chi ga i schei ga vinto.

Ci si rende conto che quello che è scritto qui sopra non è abbastanza gaudente, non fa “pendent” con le  recenti vittorie azzurre, però in Italia c’è una forte contrapposizione fra FIR e club di vertice, fare finta vada tutto bene non serve a nessuno.

Da queste parti si auspica un vero tavolo di dialogo, spesso si è scritto di quello che devono fare i club, ora si dice anche che la Federazione deve chiudere il suo schema di concorrenza verso i club e verso gli investitori privati.

Basta concorrenza e subito un dialogo vero. Ci sono gli strumenti per farlo, o meglio, qualcuno li ha, la FIR. Ne faccia un buon uso.

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