“Se non mettete a posto i nostri contratti, ci garantite un minimo di futuro sereno, ci date coperture adeguate in termini di preparazione, numero di ingaggi e sanità, sarà sciopero“. Avranno forse detto così i giocatori del Galles alla propria Federazione in queste settimane per annunciare al mondo tutto del rugby una cosa clamorosa: il match del 25 febbraio fra i dragoni e l’Inghilterra potrebbe saltare, causa sciopero di quelli in rosso.
LA FEDERAZIONE CHE INSEGUIVA E’ così che ci si ricorda la WRU (la Federazione gallese), perchè questo è stato il suo atteggiamento nell’ultimo decennio, quando le due grandi Francia ed Inghilterra, spinte dai loro ricchi club, portavano il rugby (e gli stipendi dei giocatori) oltre ogni limite fino ad allora conosciuto… e poi ancora e ancora….. Quelli del Galles si misero in testa di inseguire, ricercando soldi e formule magiche per reggere quella concorrenza.
La WRU quindi inseguiva il mito, ma non il pallone che rotolava scomposto, ovvero il vero mito dei gallesi, ma la capacità del proprio conto corrente. Così la WRU è stata in prima fila per la cessione al fondo di investimento CVC delle quote di URC e di quelle del Sei Nazioni. Per i suoi giocatori top ha firmato contratti che, evidentemente, non può permettersi, e scritto regolamenti che li vincolano a restare sul territorio.
Ma, nonostante questo, le franchigie gallesi hanno continuato a fare passi indietro. Quest’anno poi la perdita di leadership è conclamata: mentre si scrive in testa a URC c’è Leinster con 66 punti, la prima gallese è al nono posto (Cardiff) con 34 le altre tre sono alla posizione 12, 13, 15 (su 16 partecipanti).
Ma lo sciopero e le sue motivazioni dimostrano che non è una questione di disastro sportivo o di sconfitta sul piano economico (almeno non solo) ma semmai che quella che si sta erodendo è la vocazione ovale gallese, la sua organizzazione, la sua perdita di visibilità e di contatto con il proprio territorio più profondo.
MAL COMUNE MEZZO GAUDIO? Del resto non è una crisi tutta gallese, è un po’ tutto il rugby che conta ad andare a rotoli sul fronte economico.
La vicina Inghilterra ha due società della Premiership che sono state dichiarate fallite in corso di campionato, la stessa Federazione ha un bilancio in bilico e sta licenziando larga parte dei suoi dipendenti. Colpa della pandemia? Questa è la versione ufficiale della Federazione della Rosa, giammai si può dire che è il sistema che non regge, altrimenti chi li sente gli sponsor ed il Fondo CVC ?
In realtà però la RFU (federazione inglese) è sotto inchiesta presso il Parlamento, certi conti non sono piaciuti alle pubbliche autorità di Sua Maestà che chiedono spiegazioni e rendiconti meno farfalloni.
ITALIANI BRAVA GENTE Noi italiani stiamo bene, ma solo perchè non facciamo parte delle elite di vertice, certi passi noi non li abbiamo potuti fare.
Noi al massimo possiamo lamentarci che abbiamo due cosiddette “franchigie” di cui una è una vorace cenerentola perdente della quale si fatica a capirne l’utilità, l’altra è un’isola felice e meravigliosa dedicata a pochi eletti e comodamente seduta sul cumulo di macerie dei campionati italiani. Nessun fallimento, solo tanta sciatteria.
LA PUNTA DELL’ICEBERG Potremmo invece raccontare degli scandali in Francia, degli intraprendenti irlandesi che riescono a tenere il passo, però con forti dissidi interni e con il rugby union che nella verde isola, causa la rarefazione sul territorio, sta perdendo colpi rispetto agli altri sport.
Ma quello che accade in Galles, la minaccia di sciopero, pare solo la punta di un iceberg gigantesco fatto di gestioni ed iniziative gonfiate che non stanno rendendo come previsto mentre stanno usurando i giocatori.
Un esempio semplice si chiama EPCR. Vi ricordate anni fa (2014 la sua fondazione) che baraonda misero in piedi Inghilterra e Francia per farsi le coppe in casa (si parlava di tornei anglo-francesi) dove far giocare le proprie squadre di vertice fra loro?
Da allora oggi abbiamo una Champions Cup che ancora brilla ma una Challenge Cup che viene addirittura snobbata. Perchè non ci sono risorse (umane) per giocare in una stessa annata campionati pesanti come Top14 e Premiership e poi una coppa e poi i Test Match e poi il Sei Nazioni e poi gli impegni locali e di federazione (raduni, check e via così).
LA MORALE E’ SEMPRE QUELLA Ci sarà lo sciopero? Speriamo di no, speriamo che i gallesi mettano a posto i loro ragazzi che giocano a rugby, gli diano le quattro sicurezze minime che sono effettivamente loro dovute.
Tutto quello che si è qui ora raccontato ricorda la sproporzione vista in questi ultimi anni fra possibilità e progetti, fra realtà e sogni presuntuosi, fra la voglia di giocare a rugby e la necessità di proporre rugby dettata da contratti ed accordi vari.
La morale è sempre quella, ricorda la storia della rana dalla bocca larga che, tronfia e vanitosa, andava in giro dicendo di essere fortissima perchè si mangiava le mosche, fino a quando non incontrò il coccodrillo chele raccontò della sua preferenza culinaria proprio per le rane dalla bocca larga.