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FIR E DINTORNI

IL SUCCESSO DEL PROGETTO BIANCOVERDE E GLI SCENARI ITALIANI

Il bellissimo successo della Benetton Treviso, l’accesso alle semifinali di Challenge Cup dopo la vittoria con Cardiff,  segna un grande traguardo per il rugby trevigiano difficile da immaginare fino a qualche mese fa.

Questo ha inoltre aperto scenari importanti per il nostro rugby, alcuni realistici altri meno. Ne vediamo solo alcuni scelti fra i plausibili.

COME QUELLA JUVE Come nel calcio di qualche decennio fa anche il rugby ha la sua “Juve”, ce l’abbiamo fatta. Il mito  bianconero della pallatonda di quei tempi vinceva scudetti a go go e poi prestava i suoi giocatori alla Nazionale che faceva gran belle figure in campo internazionale. Lo schema non può essere lo stesso nel nostro rugby ma non è un caso che nove dei quindici giocatori in campo per la partita di cui sopra fossero fra i nostri migliori Nazionali ed altri ancora erano in panca.

Concentrare a Treviso le risorse migliori del nostro rugby ha dato il suo secondo frutto (il primo: le buone prestazioni azzurre di quest’ultimo anno) e dimostra l’ottimo lavoro svolto soprattutto da Bortolami & Co che, ad esempio, hanno saputo rilevare questi ragazzi da un Sei Nazioni massacrante e senza soddisfazioni e portarli al trionfo dello scorso fine settimana.

La Benetton sarà dunque la nostra “Nazionale” sotto forma di club? Lo schema pare essere questo e, visto alla luce di questo ultimo fine settimana, funziona pure.  Certo la cosa mette in luce la “questione Zebre” ma oggi lasciamo stare… perchè sporcare questa bella festa con quella brutta macchia?

SOSTITUIRE IL GALLES Tutte le nostre più importanti vittorie dell’ultimo anno si concentrano con il mondo gallese. Anche i nostri peggiori episodi di rammarico si riferiscono a vittorie mancate, considerate accessibili, con il rugby dei dragoni.

Quest’ultimo, si sa, è in grande difficoltà anche se recentemente è riuscito a chiudere il contratto federale con i suoi top player. Questo ha in realtà aperto una voragine che rompe lo schema tutto casalingo che la federazione di Cardiff si era data. Insomma quel contratto dimostra, come direbbero in Veneto, che “X’è peso el tacon del sbrego” (è peggio la toppa del danno). Il Galles non ha ancora finito di soffrire, la sua organizzazione di Alto Livello ha creato un buco alle sue spalle (nel rugby di base) ed uno davanti a se (URC) che non pare colmabile con un accordo quadro, peraltro necessario e corretto, con i grandi talenti del proprio rugby.

Così magari qualcuno ai piani alti del rugby italiano sta da tempo pensando di lavorare per rubare spazio al Galles nella geografia  della visibilità e della “influenza” politica ovale continentale. Uno schema possibile ma difficile alla luce della organizzazione interna della nostra FIR e della mancanza di una vera attrattiva italiana per gli altri partner europei che invece vedono nel Galles una continua (questa parola è importante) fucina di talenti anche per il proprio rugby di campionato (Inghilterra e Francia, loro il campionato ce l’hanno).

LA FILIERA CHIUSA La vittoria della Benetton viene esaltata come il lavoro delle Accademie e della filiera federale, l’estraneità del rugby italiano da tutto questo brilla inossidabile. E’ vero che questa vittoria e la sua diffusione mediatica potrebbero far da volano perchè molti ragazzi  in più comincino a giocare a rugby e, si spera, che media e persone colleghino queste vittorie ad un nuovo interesse per il nostro sport. Ma il cosiddetto “rugby italiano” è fuori dal giro: si parla solo di URC e Nazionale.

Le stesse dichiarazioni di questi giorni sul fatto che il massimo campionato italiano debba essere solo una parte della filiera di formazione per URC e Nazionale, negandolo come punto di arrivo e di competizione, ripropone il vecchio schema sulla filiera chiusa che oggi è: FIR – Benetton Treviso – Nazionale con le Zebre a fare da sparring partner.

In questo senso uno degli scenari meno incoraggianti che questo bel successo trevigiano genera è la messa in mora di un irredento protagonismo del rugby italiano e questo sembra ogni giorno di più uno scenario di non ritorno.

TREVISO SI MERITA QUESTA POSIZIONE Quello che chiamano il “grande rugby”, il vero “Alto Livello”  italiano risiede praticamente solo a Treviso. La cosa potrà dar fastidio o fare invidia a qualcuno ma in realtà il fatto che tutta la penisola sia posizionata su Treviso e che quest’ultima riesca a ricavarne dei successi tangibili è il sintomo di una classe dirigente, quella della Benetton, che è di un altro livello rispetto a quella di tutta la suddetta penisola e della stessa Federazione.

Stiamo assistendo piano piano ad un posizionamento biancoverde la cui idea iniziale viene da lontano, fin da quando la Benetton fece saltare la Lega dei Club (2010) ed il suo campionato nazionale italiano chiedendo di entrare nella allora Celtic League. A Treviso avevano pensato che per fare il salto di qualità si doveva uscire dallo schema federale e dei suoi campionati (che pure ci aveva portato al Sei Nazioni) ed eccoci qua.

A qualcuno questa cosa potrà anche risultare antipatica, lo è, ma dietro questo cammino fatto a Treviso c’è l’apporto di un progetto vero, di una programmazione seria e di una dirigenza capace che ha lavorato per obiettivi resistendo a tutte le cariche del tempo ed alle molte delusioni che comunque hanno colpito il suo ambiente. Sia dal punto tecnico che da quello sportivo e di gestione c’è qualcuno che pensa ci sia una organizzazione migliore o uguale a quella della Benetton Treviso in Italia? Neanche la Federazione è così precisa e chirurgica.

Per questo Treviso si merita questa posizione, è arrivata con il merito delle proprie capacità tecniche e relazionali dove voleva, come voleva.

Ora il rugby italiano non può che ringraziare coloro che a Treviso a suo tempo si tirarono su le maniche e, ci sia piaciuto o no, hanno  costruito questo loro progetto con costanza e dedizione, arrivando ad un punto dove loro stessi oggi possono dire a tutti: indietro non si torna.

 

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