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FIR E DINTORNI

FUORI DALLE ARIDE STEPPE DEL PALAZZO

Quando questa Presidenza Federale ha preso il timone della FIR lo slogan dirompente era quello di ritornare ai club, ritornare al territorio. Era lecito supporre che i club avrebbero avuto maggior peso, che sarebbero stati aiutati a ri-emergere dai loro problemi atavici esaltati da una pandemia, si poteva supporre che il territorio avrebbe trovato spazio nella progettualità, che la FIR si sarebbe spesa per aiutare nella promozione dove esisteva rugby, si sarebbe centrata sulla ricerca di nuovi spazi per il rugby, auspicando e sostenendo la nascita di nuovi club.

Pressappoco era questo, sicuramente meglio argomentato e con alcuni distinguo necessari, uno fra tutti: l’Azzurro rimane il faro di tutto il movimento. Siamo d’accordo.

Quanto è stato fino ad oggi realizzato è esattamente il contrario (salvo che per l’Azzurro che ora è l’unico rugby che sembra esistere). Si è assistito ad un ampliamento del fenomeno di centralizzazione attuato dalla precedente gestione, dove la FIR ha assunto in questi anni sempre di più le redini di ogni possibile ambito. Con la forza dei soldi che le cadono addosso da più parti in maniera copiosa, la Federazione ha implementato un modello federalcentrico dove questa si occupa di tutto. Inutile fare l’elenco: tutto.

E’ molto facile derubricare il motivo per cui questa Presidenza Federale ha mollato i club, in primis quelli di vertice, ha virato dalla proprie intenzioni ed ha scelto di proseguire e radicalizzare sempre di più le scelte della precedente gestione, la attuale governance federale dice che i club non sono capaci di fare nulla. Di questo, posto sia vero ma da queste parti non la si pensa così,  il Presidente Innocenti se ne è accorto dopo la sua elezione, dopo aver preso redini e comando. Improvvisamente il Consiglio Federale di Renovatio ha scoperto questa inettitudine diffusa nelle strutture di club di cui si dicevano profondi conoscitori.

Ogni giorno sempre di più questi club sono stati visti come un peso, un male necessario che se la FIR potesse fare otto franchigie direbbe volentieri addio al campionato A-Elite come è oggi. Ma forse è proprio a questo che si sta arrivando come ultima deriva della attuale gestione.

Lo si capisce grazie alle precise ultime dichiarazioni del Presidente del Rugby Rovigo Francesco Zambelli che racconta, tra l’altro,  solo il vero quando dice che: “La FIR ha messo sotto contratto i giovani prospetti ritenuti migliori, ma nelle franchigie non trovano spazio, per questo si è deciso di mandarli in Serie A Elite. Rovigo e Petrarca  si sono rifiutate, a Mogliano sono ben 9, 6/7 a Vicenza. Giocatori pagati da FIR”.

In questa semplice e sintetica sbobinatura di questo singolo argomento del presente, spiegato dal Presidente rossoblù,  si legge quanto scritto poco sopra. Traduzione operativa del racconto di Zambelli: la FIR direttamente (non per partecipazione e contributo ai club) assume e paga i giovani prospect, poi li piazza in neo costituite nuove accademie presso le sue franchigie Zebre e Benetton (non presso i club sostenendo così la formazione e la crescita degli stessi), siccome però queste non li fanno giocare allora pretende che vadano a sostituire in campo, in Serie A Elite,  i ragazzi dei club (che sarebbero di livello inferiore agli altri solo perchè non li ha scelti un tecnico della FIR). Facendo questo la FIR crea un sostegno economico indiretto solo per coloro che accettano questa stortura; qualcuno si rifiuta, altri li prendono a piene mani per coprire il proprio “gap” e si creano così due quasi-franchigie di Serie A- Elite: Mogliano e Vicenza.

Quello sopra è solo uno dei tanti e diversi esempi che rappresentano l’operato di questa federazione sotto questa Presidenza. Tutto questo perchè: i club non sono capaci di fare nulla o giù di lì.

Ci sarebbero cento considerazioni da fare ma ci si limita a due che sono forse più odierne.

La prima. La cancellazione del principio che club e territorio sarebbero centrali nello sviluppo del nostro sport è ormai una lettura conclamata, difficile questa gestione federale, che si è ricandidata per il prossimo quadriennio, potrà mai dimostrare che ha  operato verso quando dichiarava, ha fatto palesemente il contrario. Nessuno più riesce a pensarla diversamente. Di fronte a questo anche per i club si apre una fase nuova, solo la loro unione può evitarne la cancellazione dal rugby che conta.

I veri vincitori di questa esaltazione del centralismo federale non sono però quelli che sembrano. La Presidenza ed i suoi “aficionados” sembrano sempre di più i grandi sconfitti, non solo per non aver saputo viaggiare nella direzione che si erano ripromessi ma soprattutto per aver perso la partita con i veri trionfatori: la nomenklatura federale. Il “busillis” pare stia tutto lì. La forza di una dirigenza interna capace di tessere e ricucire ogni tentativo di sparigliare ed andare verso il cambiamento, sembra sempre di più questo il vero canone di lettura di questo momento forse di non ritorno del nostro rugby. E’ così che si è verificato un adeguamento della gestione politica federale alla “struttura”.

Cosa accadrà adesso: paradossalmente mai come ora il gioco è tutto nelle mani dei club, è talmente estremistica la posizione della FIR che i club si trovano ad avere ampi spazi di manovra. Insomma non volendo la FIR ha aperto una strada, della quale non si è certi però le Società, soprattutto quelle di vertice, sapranno approfittare.

Forza rugby italiano, fatti coraggio, fuori dalle aride steppe del Palazzo sei ancora bellissimo.

 

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