5 febbraio 2000 – L’Italia festeggia con una vittoria la prima al Sei Nazioni
Oggi è un altro giorno speciale, in verità non è niente di che ma, per la comunicazione della FIR, è il giorno della presentazione ufficiale della nostra imminente nuova partecipazione al Sei Nazioni. Si schiereranno il Presidente Innocenti, il nuovo Head Cocah Quesada e chissà chi altro, tempo che leggerete qua lo avrete già saputo, in effetti tutti questi diranno davvero poche cose ma lo faranno forse per oltre un’ora.
E’ un giorno speciale perchè la comunicazione vuole che sia così ed è tutto giusto ed anche molto bello che la nostra Federazione abbia una così profonda capacità di organizzazione e questa forte sensibilità verso tutto questo, perchè un evento come il Sei Nazioni va sempre costruito e va sostenuto, anche se poi il “vero” deve lasciare spazio ai fumogeni di un’ora e mezzo di racconto forse un po’ “vuoto” di contenuti, magari un po’ troppo carichi di autoreferenzialità. Ma è effettivamente giusto sia così.
Ma la realtà del nostro rugby ha molti meno fronzoli e luccichii di quelli che faranno vedere in questo giorno speciale dentro quella conferenza. stampa. Sono le difficoltà pesanti del nostro mondo ovale, del nostro rugby, dei nostri club. Perchè ricordarlo oggi? Perchè questo è il vero, la parte vera di noi: si chiama realtà.
Già, la realtà, non faranno mai una conferenza stampa per lei. La realtà dei club che non ce la fanno o degli arbitri che si lamentano, dei giocatori che non hanno assistenza, dei Coach che si devono inventare da soli, dei Presidenti che hanno finito i soldi e di quelli che si arrabattano come possono, poi di quelli che i soldi ce li possono mettere ma che raccolgono l’unico vera soddisfazione solo dal territorio e dalla propria passione. E via così. Non ci sarà mai una conferenza stampa per questo e molto altro che è davvero il nostro rugby, oggi in grande difficoltà.
Ma allora quale è il nostro rugby italiano? Quello della bella e ricca conferenza stampa di questo giorno speciale o quello della realtà che non si racconta mai? Sarebbe bello dire “tutte e due”, forse e vero e forse un po’ no, perchè uno è un po’ finto ed uno è troppo vero. Ma non è l’argomento di oggi, perchè qui adesso si vuole solo mettere insieme tutto il nostro rugby, ricordarci di mettere dentro a questo Sei Nazioni anche la realtà. Da lì provengono, anche se magari non se lo ricordano, tutti, ma proprio tutti, quelli che sono oggi al Sei Nazioni.
Oggi il nostro rugby celebra il nostro prossimo Sei Nazioni, ne è passato di tempo dal primo, era il 5 febbraio del 2000, contro la Scozia, a Roma, vincemmo pure, 34 a 20, Dominguez li fece fuori tutti ma anche De Carli, realizzò la nostra unica meta. Vincemmo, il capitano era Troncon, il Coach Brad Johnstone.
Quasi tutti i campioni di quel tempo sono ancora mischiati nel rugby, ad esempio, ecco un caso particolare. Quel giorno di febbraio del duemila in campo c’era Andrea Gritti, oggi è la voce della RAI che accompagna le nostre partite trasmesse sulla TV Nazionale ed anche quelle del nostro amato (qui di sicuro) massimo campionato italiano Serie A Elite. Ma quel giorno in campo c’era anche Alessandro Moscardi che invece sovente racconta le partite di rugby da SKY, magari racconterà anche questo Sei Nazioni.
Anche queste piccole nostalgie fanno parte della realtà, sono il punto di contatto fra ieri e oggi, che è uno dei modi più concreti di guardare a domani. E noi del rugby italiano, da quel giorno di febbraio di ventiquattro anni fa ad oggi, che siamo ancora qui a parlare di Sei Nazioni, ne abbiamo viste tante, siamo un po’ saliti e poi crollati ma non siamo mai cresciuti davvero. E’ un rammarico pesante ma anche questa è realtà.
Anche se non sarà dentro quella conferenza stampa la realtà non si cancella: è subito fuori dalla porte dell’Olimpico, pronta a farsi toccare, è dentro le porte dell’Olimpico pronta a sostenere il meglio di se che è sceso in campo.
Allora dedichiamo questo Sei Nazioni alla realtà del nostro rugby, che non sarà magari un gran che ma che, ogni volta la guardiamo, anche nei momenti più difficili, ci ispira comunque un sano ed orgoglioso sorriso.
Dedichiamo questo Sei Nazioni a tutti i club d’Italia, ovvero il posto dove inizia tutto, sempre, ogni giorno, ad ogni allenamento, perchè questo è un modo grande e vero di volere e di fare futuro.
Dedichiamo questo imminente Sei Nazioni alla realtà del nostro rugby perchè, vi piaccia o no, è stata lei a creare la magia di quel 5 febbraio 2000, solo lei è in grado di fare la prossima magia.