La prossima settimana riparte il massimo Campionato italiano, la Serie A Elite, la cui visibilità è stata paradossalmente sepolta dai successi azzurri dello scorso fine settimana.
E’ un paradosso perchè, in teoria, la vittoria contro la Scozia (in realtà la doppia vittoria perchè anche la Under20 mica ha scherzato) dovrebbe regalare visibilità al rugby italiano, invece, un vero assurdo, l‘espressione mediatica che l’Azzurro genera è totalmente autoreferenziale e chiusa in se stessa.
C’è una grande attenzione da parte della comunicazione federale nel comunicare l’Azzurro solo per se stesso, nessun parallelismo con campionati e territorio in genere, una focalizzazione sul singolo giocatore, sul gesto del match, sulla soddisfazione popolare dei tifosi che, nella narrazione e nella comunicazione, sono solo tifosi azzurri (come non esistessero altri modi di essere tifosi di rugby in Italia).
Una distanza siderale fra FIR e territorio che si ripete da molti anni ormai, lasciateci essere stupiti che si sia accentuata in maniera molto forte negli ultimi anni, ci avevano promesso il contrario.
La comunicazione ufficiale tende a rappresentare l’Azzurro come l’unica squadra in campo, una sorta di “unico rugby” che, di fatto, dice alla gente, anche a mezzo delle continue dimenticanze a considerare il territorio come rugby e non solo come musei e monumenti, che si può essere tifosi di rugby pochi mesi all’anno, quelli del Sei Nazioni e magari quelli dei Test Match autunnali, tradizionalmente casalinghi.
Nemmeno le “franchigie” federali godono di ampia visibilità, la loro trasmissione inizia e finisce con il nome del loro giocatore in campo (tenendo poi conto che mezza squadra gioca all’estero…. aiutooo).
La Serie A Elite è palesemente fuori dai giochi, l’esistenza in genere di una competitività locale a mezzo del nostro sport non solo non viene citata ma viene di fatto oscurata, mai presentata, da sempre ignorata, è una tinteggiatura di solo azzurro data a tutto il rugby che c’è nella penisola. Mi chiedo se ha un senso.
Però andiamo avanti ed aggiungiamo un tassello.
Si sa che esistono schiere di persone che non hanno mai visto una partita del massimo campionato italiano ma che ne esprimono abitualmente a tutti i livelli giudizi tutt’altro che lusinghieri, il più bersagliato è il “tasso tecnico” di quel campionato.
E’ assolutamente vero che la proposta “tecnica” della Serie A Elite è decisamente inferiore a quella della Nazionale, la cosa è peraltro talmente ovvia che fa ridere il solo fatto di averla scritta. E’ anche vero la stessa cosa rispetto alle due “franchigie”, alla grande.
Ma i campionati italiani, che a differenza del resto sono dilettantistici, una proposta tecnica la presentano. Poca cosa? Quello che resta, quello che si può dopo lo svuotamento di risorse, a tutti i livelli, da parte del modello FIR. Nonostante questo l’immagine che il campionato ha è decisamente peggiore di quello che esiste nella realtà. I Club non aiutano a migliorarla , vuoti come sono di marketing e comunicazione, ma è la federazione che lavora da anni nella direzione opposta come abbiamo visto per l’Azzurro.
Insomma un successo Azzurro per il rugby italiano “non fa primavera”, non è motore per il massimo campionato, funziona di più per una Under12. Per il campionato invece l’Azzurro viene usato come la pietra di paragone utile a mostrarne i limiti (ma senza spiegarne il perchè, troppi mea-culpa dovrebbe altrimenti fare la federazione).
Questo vuoto di comunicazione sul rugby italiano era una delle cose che si sperava venisse risolta con il famoso accesso all’Alto Livello della Serie A Elite. Questa cosa si è dimostrata un bluff politico che , incolpevoli le strutture federali media che fanno il loro mestiere come è stato loro detto, ha generato la comunicazione autoreferenziale che si diceva.
Tutto questo è da sempre, ma oggi ancora di più, uno schiaffo bello e buono al territorio da parte di una gestione federale assolutamente inadeguata alla passione che il nove marzo ha riempito lo Stadio Olimpico.