E’ un Petrarca concentratissimo e carico quello che si presenta alla finale con il Viadana primo in classifica; quello di Marcato è un team che, si vede fin dal riscaldamento, mette al centro se stesso, non l’avversario, la sua esperienza, non i suoi trend, la sua capacità di crescere, non i suoi successi, e, per una volta, può metterci anche il cuore dei suoi tifosi, almeno mille, arrivati a Parma con una festa di colori ed un tifo bello ed assordante.
Un piano tattico preciso, quello petrarchino, proprio da finale: costruire una difesa estenuante per l’avversario ed impedirgli gli ultimi dieci metri. Funziona, eccome se funziona, mischia gioca e poi due passaggi e veloci dentro, così il mondo padovano conquista il titolo di Campione d’Italia dopo una partita durissima ma senza che ne sia mai davvero messo in discussione l’esito finale.
Il Viadana entra in campo visibilmente scosso, l’evento pesa sulle spalle dei gialloneri, nel primo quarto d’ora in maniera anche molto evidente, l’abitudine alla finale non è nelle corde. Il team è come sempre ottimo, il piano di gioco forse un po’ troppo simile a quello del Campionato che, certo lì aveva portato un gran bene, ma in una finale secca potrebbe essere un problema. Così è, quando “spingere e muovere” non funziona i mantovani cominciano ad avere problemi di fantasia ma soprattutto di “aria” ed il sogno piano piano scende.
Bravi tutti nel Petrarca, Campione d’Italia per una gestione perfetta del punto di incontro, dove la carica di Hughes è straripante (il suo “giallo” determina una risalita giallonera), poi la regia e la leadership di un Tebaldi inarrivabile e di un Trotta umile e concreto, la precisione di un Lyle non al top di forma (però 4/4 al piede e sono i suoi calci di spostamento quelli che fanno il match) , il sacrificio di Galetto, l’intervento finale di Michieletto, il Romanini che si presenta molto bene, ai cambi la intercambialità totale degli ottimi primi tre, la assoluta dedizione difensiva dei trequarti, gente votata alla corsa che invece si mette sulla linea e diventa cacciatore. Tutto questo dà l’idea di un Petrarca che è sempre stato così ma che, evidentemente, lo poteva/voleva essere solo negli ultimi match. I suoi avversari della Finale hanno visto un Petrarca che nessuno prima….
Il Viadana ci prova davvero, i suoi uomini veloci quando mettono mano al gas fanno davvero paura, risorge nel secondo tempo e sono dieci minuti determinanti, ma non succede nulla, il gioco al piede non è concreto, il rilancio sui trequarti trova le porte chiuse, gli avversari non fanno falli, niente piede (alla fine Farias fa 1/1), Viadana invece si, a partire dalla mischia, dopo venti minuti i gialloneri sono sotto di dieci, il break non basta più. La partita si consolida sempre di più sui temi iniziali, alla fine il Petrarca infila la meta dell’ottantesimo minuto, un trionfo.
Ma cosa resta di questo evento alle due squadre ed al loro mondo?
VIADANA IN CIMA AL RUGBY Il Viadana con questa prima finale (espressione questa non solo di buon auspicio ma soprattutto realistica rispetto a quanto visto) arriva al primo step del suo nuovo progetto.
Ha raggiunto il traguardo più difficile, riposizionarsi al centro del rugby nazionale, ha espresso leadership sia a livello tecnico che societario, ha inoltre riconquistato il territorio portando a Parma quasi 2500 suoi tifosi. Ma prima di tutto, con questa stagione e con questo risultato, ha finalmente assorbito e chiuso la profonda ferita degli Aironi che aveva limitato in un recinto di brutti ricordi il suo far parte del rugby, la sua stessa esistenza come club.
Il Viadana pur palesemente perdente a Parma è una espressione di successo del rugby, non solo per essere arrivato alla fase finale, ma per aver dimostrato di aver impostato un cammino e di aver raggiunto i suoi obiettivi. Un modo di fare rugby che deve saper essere riconosciuto ed apprezzato: perchè questa è Elite.
PETRARCA VINCE CHIUDE UN CICLO D’ORO Questo Petrarca Campione d’Italia e con la Adige Cup a casa sua già prima della Finale è la massima espressione di successo tecnico di questa Società degli ultimi vent’anni, quattro finali in quattro anni, due scudetti e due Coppe italia e questa è la chiusura del cerchio. Solo la vittoria del 2011 è paragonabile a questo.
Questo titolo nazionale non presenta un Petrarca solo vincente ma consolida il progetto di leadership petrarchina nel rugby nazionale avviato con la gestione del Presidente Enrico Toffano e concluso con quella di Alessandro Banzato.
Questo titolo regala alla Società padovana una posizione importante come non era da decenni, tanto più che gli viene riproposta dalla FIR la posizione in URC, la strada in quella direzione è ancora lunga ma il Petrarca ha dimostrato di essere l’unica soluzione.
Inoltre questo quindicesimo scudetto non solo alimenta quella disfida bellissima del Derby d’Italia (gli avversari sono ora a quattordici) ma eguaglia il numero di titoli della Benetton Treviso, l’identità ha ancora un senso.
Tutto questo accade, come nelle migliori programmazioni, alla fine di un ciclo tecnico, alcuni importanti dirigenti e coach sono a fine esperienza con il Club padovano (esce Munari, esce Marcato….) e la Presidenza sta per avviare un nuovo ciclo che dovrà confermare questa progressione sul campo ma che dovrà anche ricostruire una oggettiva sconfitta maturata sul piano del contatto e dello sviluppo con altri stake holder tipici del mondo sportivo, a partire dal territorio e dai suoi fan. Partire verso questi obiettivi con un titolo da Campione d’Italia in tasca: cosa si vuole di più?
**Petrarca Campione d’Italia 23/24 e per la quindicesima volta, una grande soddisfazione anche per chi scrive qui, a tratti non lo avrei detto possibile, eppure è così bello oggi, bello come uno squarcio nella storia del rugby, perchè questa vittoria non è come le altre, questa vittoria è più “petrarchina” che mai che…. chi sa la storia mi capisce. Per questo oggi è un po’ più emozionante dire “Forza Petrarca“, grazie a tutti i Neri, dentro e fuori dal campo, per questo grande regalo.