Anche la Serie A ha chiuso la sua corsa, promossa in Elite la Lazio che torna nel campionato maggiore. Quest’ultimo vive un momento di grande opportunità dopo la nascita della Lega Rugby, sancita dalle stesse Società e per la quale si attende l’approvazione del Consiglio Federale: più che una sfida al centralismo federale una sfida contro l’egocentrismo.
E’ la partita a quattro che ha concluso la categoria “Serie A ” a dimostrare tutta la fragilità del movimento.
Perché per l’accesso alla Elite si cimentavano tutte squadre che nel massimo campionato ci erano già state e pure recentemente. Un po’ come dire che dietro loro non c’è nulla di nuovo, infatti da parecchi anni è così. L’unica eccezione è stato il Rugby Vicenza lo scorso anno, sappiamo come è finita e come è rimasto in Elite oltre il primo anno (blocco delle retrocessioni), speriamo per lui il meglio ma è una eccezione che, ahimè, conferma la regola.
La Lazio è tornata in Elite quest’anno, era retrocessa dal massimo campionato (che non si chiamava Serie A Elite ma Top10) nel 2022, era già candidata alla retrocessione nel 2021 ma quall’anno ci fu il blocco delle retrocessioni visto la nota situazione sanitaria. Era arrivata al massimo campionato nel 2010. Per rientrare nella massima categoria quest’anno i laziali hanno vinto la sfida finale con il CUS Torino che era uscito dal Top10 nel 2023, dopo solo un anno di permanenza.
Si diceva “sfida a quattro”, ecco le altre due ex meno recenti ma pur sempre tali.
Una è il Rugby Verona, la cui uscita dalla categoria superiore è stata nel 2019 dopo uno spareggio proprio con la Lazio (una vita da fondo classifica) e dopo solo un anno di permanenza. Quell’anno retrocesse anche il Valsugana.
Seconda ex della sfida a quattro 2024 sono i Cavalieri Prato. Per questa “ex” la storia è complicata, come lo è del resto quella del rugby toscano di vertice.
Perchè questi Cavalieri sono solo di fatto gli eredi di quelli che, arrivati nel 2009, uscirono dal Top12 nel 2015 e ne uscirono per aver ceduto il titolo a coloro che poi sono stati (a mezzo Firenze Rugby) i Medicei, questi ultimi hanno poi rinunciato alla categoria nel 2020 e si sono sciolti l’anno successivo.
Per questi Play Off Serie A 2024 ci sono stati quattro contendenti per quattro ex. Niente di nuovo dal rugby italiano. Ma vediamo ancora due cosette riguardo tutte le retrocessioni del passato dalla massima categoria.
L’Eccellenza (si chiamava così) del 2017-2018 vide arrivare ultimo proprio il Mogliano che però non retrocesse per il blocco delle retrocessioni causa allargamento della formula a dodici. Nel massimo campionato (Eccellenza) che terminò nel 2017 furono retrocessi i Lyons Piacenza che ritornarono in Top12 due anni dopo.
Nel 2016 chi fece il passo nella categoria inferiore fu L’Aquila, della stagione precedente si è già detto (Cavalieri) ma quella prima ancora 2013-2014 è davvero rocambolesca.
Fu infatti un campionato a 11 squadre perché i Crociati non si erano iscritti, questi ultimi avevano vinto nella precedente stagione lo spareggio retrocessione con L’Aquila che retrocesse per tornare dalla categoria inferiore l’anno dopo. Ma di fronte alla non-iscrizione dei Crociati non tornò in massima categoria L’Aquila (o qualcuno dalla A) ma si rimase in 11.
Torniamo al 2013-2014 dove fu deciso allora per le due retrocessioni per tornare ancora a 10 squadre, alla fine della stagione fecero il passo del gambero Reggio Emilia e Capitolina Roma. Gli emiliani tornarono in massima categoria due anni dopo.
Il 2011 vide la retrocessione del Venezia (già ripescato nel 2010) , quello del 2012 la retrocessione dell’ultima squadra siciliana di vertice, il San Gregorio Catania (già ripescato nel 2011). quest’ultimo di fatto un colpo alla tradizione del nostro rugby. Due team, questi ultimi, mai più rivisti “in alto”.
Il Campionato 2009-2010 fu il primo tutto FIR e senza la allora Lega dei Club (LIRE), l’ultimo della Benetton prima della Celtica”.
Ci fermiamo qui, ha poco senso andare ancora indietro, lo siamo già di oltre dieci campionati, tutto questo per vedere che, nell’epoca della Celtic League, perché è quello che è accaduto in quegli anni e che determinò la scomparsa di interesse da parte della FIR per il rugby italiano, il massimo campionato affrontò: continui cambi di nome, continui passaggi da 10 a 12 partecipanti e viceversa, blocchi delle retrocessioni, ripescaggi e concessioni speciali varie. Tutto a posto, nente di serio.
Ma la realtà e che oltre alla 10 squadre che si giocheranno la prossima Elite ce ne sono ben poche che si sono cimentate a quel livello in tutti questi anni, fra le prime e le seconde il totale dice solo 16.
Solo sedici club in tutto il mondo ovale italiano hanno giocato negli ultimi anni in quella che oggi si chiama “Serie A Elite”, una povertà evidente. Due fra queste sedici (Valsugana e Capitolina) al tempo ne uscirono dichiarando apertamente che l’accesso ed il relativo investimento alla massima categoria era un gioco che non valeva la candela.
Sono solo sedici che hanno giocato al vertice, alcune sono uscite e praticamente subito rientrate dalla massima serie perché quando sono arrivate nella categoria inferiore (oggi Serie A) di fatto non hanno trovato competitor adeguati a sostituirle, una forma di cristallizzazione del nostro rugby che ha origine anche nella scarsità di mezzi, economici prima di tutto, ma anche di guide tecniche, di dirigenza capace.
Il prossimo anno la Serie A verrà spezzata in due, un girone meritocratico (A1) dove ci saranno le più “forti”, quelle che hanno chiuso l’ultima stagione appena conclusa al vertice del proprio girone, ed una territoriale (A2) che include le altre e le neo-promosse dalla B e che manterrà la suddivisione in gironi appunto “territoriali”.
La A1 rappresenta il tentativo di creare una sotto-stazione della Elite più forte e competitiva, più vicina al piano di sopra. Lo si fa per “decreto”, mischiando il campionato ma senza toccare i veri problemi dei club, lo si fa creando un campionato (A1 appunto) che avrà di sicuro un costo importante ma i Club sono gli stessi di prima, con i loro problemi che nessuno ha detto loro come risolvere. L’idea A1 di per se non è sbagliata, il metodo ed i tempi invece sono assolutamente discutibili, rispondono più a logiche elettorali che non ai bisogni del nostro rugby.
Con questa A1 il problema della scarsità di Club di vertice non sarà risolto, togliendo infatti le “cadette” delle squadre che sono già in Elite, il numero totale non diventerà di molto superiore a quel sedici che si diceva, questo perchè la riforma della Serie A non è stata fatta per il campionato in se e/o per la sua competitività ma solo per trovare spazi nuovi per la FIR ed i “suoi” giocatori azzurrati delle varie accademie.
Ci vuole un punto di vista per il campionato per riformare il campionato (il Direttore Tecnico Pacini su questo piano proprio non c’è).
Il rugby italiano è e resta tremendamente “corto”, servono provvedimenti seri, lo sanno quelli della nuova Lega Rugby, la cui attività non può restringersi alla sola Elite, lo sa la FIR che, visto il disastro dell’ultima dozzina di anni, dovrà dimostrare di saper collaborare con coloro che pensano anche al rugby italiano ed alle Società. Non avendo al suo interno questa sensibilità, è assodato, la FIR dovrà dimostrare di saper cedere lo “scettro” o almeno di condividerlo con i Club. Per il bene del rugby italiano.