Il rugby italiano esiste, dobbiamo ricordarlo a tutti, è iscritto alla stessa Federazione sportiva dell’altro rugby che si muove in Italia, quello ricco (lo è soprattutto perchè i soldi ce li mette quella stessa Federazione), quello fatto di “franchigie” e di tutto un infinito giro di nazionali azzurre che ormai non si contano più.
Nonostante questo il rugby italiano esiste, Società sparse in giro ce ne sono, sempre meno ma ci sono eccome, interessano sempre meno porzioni del territorio, purtroppo è così, ma ci sono. E ce la mettono tutta, per quello da questo spazio web ogni tanto mettiamo giù l’esclamazione “Forza Rugby”, è per loro. Vale ricordare che senza di loro il rugby ricco, l’altro, manco esisterebbe, anche se è proprio questo il tema, in quella comune Federazione di questo se ne sono largamente dimenticati.
L’alert però deve essere forte, perchè del rugby italiano (che vogliono noi si chiami “domestico”) se ne parla poco, pochissimo, con tendenza a calare. Per fare un esempio, in questi giorni sono andato a contare le notizie sul noto portale italiano del rugby OnRugby : delle ultime 50 date, solo 16 si riferivano al rugby della nostra penisola e ben 13 dedicate ai vari giri Azzurri e franchigie. La percentuale è così praticamente per tutto l’anno, non cambia molto, il rugby “locale “è schiacciato al minimo ma anche “l’altro”, quello ricco, se la passa così così, perchè in realtà noi italiani ovali leggiamo ed impariano pressochè quasi tutto del rugby inglese, neozelandese, austaliano e perfin giapponese ma del nostro (altro e no) leggiamo sempre meno.
Rugbymeet , l’altro portale del rugby, è decisamente più “italiano” ed anche con una percentuale più alta di rugby “domestico”, dalla Elite in giù, durante l’anno su questo portale si leggono ogni tanto persino notizie della Serie A, urca! Però, anche qui, il mondo che racconta di “Tolone e Tolosa” è la meta più ambita.
Poca comunicazione, pochissima, con tendenza a calare. Ma questa distanza dal rugby italiano parte proprio dalla FIR.
Volete infatti un esempio di come la FIR tratta il rugby italiano? Facile. Nella settimana fra il 27 maggio ed il 2 giugno, che culminava appunto, con la Finale di Serie A, a Prato il sabato fra Lazio e Cus Torino, e la domenica la Finale scudetto fra Viadana e Petrarca, il top del rugby italiano condensato in due pomeriggi, la FIR ha rilasciato 17 comunicati stampa, 3 dedicati alla Finale di Serie A Elite, 2 alla partita di Prato e ben 12 dedicati a Nazionale e franchigie.
Quello che la FIR fa durante l’anno in termini di comunicazione con il suo massimo campionato, la “attuale” Serie A Elite, è pressapoco la stessa cosa e si chiama abbandono.
Non ci si stupisca allora poi se, dopo una annata passata a far finta di non vederlo ed una settimana come quella sopra descritta, la diretta RAI2 di quella Finale di Elite raccoglie “solo” 183.000 spettatori e lo share del 1,7. In realtà per il nulla che ci è stato costruito intorno e dopo, spostando la data inizialmente prevista, aver relegato la partita al 2 giugno in un pomeriggio di domenica alle cinque e mezza, i centottantamila sono stati un successo vero e proprio. Ma soprattutto sono la dimostrazione che se qualcuno durante l’anno ci credesse a questo nostro rugby, potremmo avere delle belle soddisfazioni.
Invece la comuncazione ovale italiana, quella web soprattutto, comunica come uno sfolgorante successo il fatto che un giocatore della nostra Nazionale ha fatto meta nel campionato francese o inglese o, l’ultima follia, comunica con gran compiacimento che il “nostro” Franco Smith, quello sudafricano che se ne è andato dalla nostra Nazionale, ha vinto il torneo URC con Glasgow.
Glasgow sta in Scozia, lo si scrive per coloro che, dopo tutto il can can degli ultimi giorni, hanno il dubbio se questa sia una località fra Villorba e Paese o fra Avezzano e Paganica.
Nonostante questo le testate locali di carta continuano a dare un minimo di spazio al rugby “domestico” , sempre meno in effetti, anche in Veneto, nelle grandi città (Roma e Milano in primis) la sofferenza è ormai alle stelle e si tratta di allarme rosso.
In sintesi, di rugby si scrive sempre meno, di quello italiano soprattutto: è il risultato della politica di comunicazione della FIR.
Possiamo continuare a non credere più nel nostro rugby italiano, possiamo allora continuare a far finta che Brisbane giochi per noi o un bel match a Montpellier faccia crescere il rugby azzurro, possiamo far finta che meglio vanno i Saracens meglio andremo noi. Possiamo fare così, oppure…. forse dobbiamo riscrivere il paradigma di cosa significa per la FIR fare “comunicazione”, da queste parti si pensa si debba riportare al centro territorio e volume (intesa proprio come quantità) di rugby.
Perchè dobbiamo fare molta attenzione, la cosa di lasciare senza comunicaizone appropriata il rugby italiano può avere conseguenze durissime ed importanti. I tempi sono così, trasmettere messaggi, divulgare in profondità e non solo al jet set del “mercato” che usa l’ovale, restare in contatto con il massimo volume dei profilati e non solo con gli iper-specialisti, tutto questo è fondamentale.
Perchè altrimenti è un attimo, un giorno vi girate un secondo, dopo l’ultimo comunicato stampa su una delle tante nazionali azzurre under-qualcosa, e il rugby italiano praticamente non c’è più. Dopo poco, ahimè, neanche quella under.
La Federazione prima di tutto promuova il suo rugby, tutto e prima di tutto quello del suo territorio, per le “magie” dei suoi politici possiamo aspettare.
Forza Rugby !