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REGOLE ED ARBITRI

GLI INTOCCABILI

Oggi si parla di arbitri, dei nostri arbitri, quelli italiani, quelli dell’Alto Livello, quelli che vanno anche in Serie A Elite. Apriti cielo, non si fa, gli arbitri non si toccano!!!

Invece scrivere e parlare di arbitri non è peccato, tanto meno è immorale, men che meno si è brutti, sporchi e cattivi. Esiste in Italia questa idea di non parlare mai dell’arbitro, pessima interpretazione di una tradizione anglosassone che dimostriamo così una volta in più non appartenerci, alcuni la praticano rendendo il fischietto una sorta di infallibile ed intoccabile (livello uno) oggetto del peccato.

Invece no, non funziona così, portare rispetto all’arbitro vale come per tutti gli altri, giocatori, dirigenti, raccattapalle, sia in campo che fuori, non contestare le sue decisioni in campo e proseguire nel gioco è invece la via giusta. Si tratta di assumere i suoi errori come parte del gioco.

E qui di errori si parla. Perché gli arbitri sbagliano, è normale, facendolo dimostrano, oltre alla loro umanità, la loro crescita ed il loro grado di preparazione. Come per i giocatori, i tecnici.

Un po’ anche tradendo questo spirito, in Italia la dirigenza arbitrale ha messo a punto un meccanismo diabolico. Il TMO è nato per confermare o modificare alcuni tipi di decisioni già prese dall’arbitro, questa è infatti la procedura in campo, fateci caso, non per procrastinare quelle decisioni di qualche decina di secondi o minuto e renderle (quasi) incontestabili con l’aiuto della tecnologia. Invece troppo spesso i nostri arbitri italiani in Serie A Elite vengono indirizzati a fare così: fanno la loro parte in campo con il suggeritore all’orecchio, una distorsione del principio del TMO che non è solo fastidiosa ma pure fuori dalle regole. Proprio quelle che loro dovrebbero far rispettare.

Una condizione che scatena in campo una disparità antipatica, dove i giocatori puntano a fare il loro meglio e gli arbitri che puntano alla incontestabilità (da suggeritore), una forma di intoccabilità di “livello due” (dopo quella di cui sopra).

La classe arbitrale italiana di Alto Livello è nel marasma, compressa fra il verticismo delle sue strutture tecniche, le ambizioni dirigenziali di “bella presenza” a livello politico (italiano ma soprattutto europeo-mondiale) e le sgomitate di alcuni arbitri che sempre di più, quando entrano in campo in Italia, danno l’impressione di esserci un po’ troppo “per sé”.

Perché, arbitrando una Serie A Elite, in troppi pensano “chissà adesso dove posso arrivare, emulazione di un atteggiamento che la FIR ha insegnato a tutti i suoi diretti contatti (giocatori assunti alla maglia azzurra fin dai 17 anni ed anche tecnici federali): il paradiso è altrove.

Il mondo degli arbitri di Alto Livello italiano, per volontà forse solo dei loro dirigenti, oggi si è posto in una condizione discutibile: per il vizio di cui alle prime righe di questo pezzo si sentono incontestabili (ma i cartellini gialli per proteste non sono una sanzione ma spesso una sconfitta dell’arbitro) e, vantando una loro condizione “super partes”, si sono chiusi in una torre d’avorio dove brillano di un livello esasperato di autoreferenzialità confusa da molti per riservatezza (dietro la quale si nascondono i loro dirigenti).

Un esempio? Se qualche mezzo di comunicazione o qualche alto dirigente di Club contesta pubblicamente delle decisioni arbitrali dopo un match di Serie A Elite, la struttura arbitrale di vertice, tecnica e politica, sceglie fra due opzioni.

La prima è l’indifferenza ed il silenzio, una forma di superiorità spocchiosa, un modo di porsi in altra dimensione.  Alcuni arbitri si lamentano di questo atteggiamento, preferirebbero una maggiore interlocuzione ed apertura.

La seconda è il contatto personale con colui che ha espresso la lamentela, trasformando un caso pubblico in affare privato, dove tutto è più “facile”, subentrano logiche anche politiche, in questi casi aver torto non è una possibilità, al massimo si ha ragione in due. Gli altri mica sanno, soprattutto come va a finire a livello tecnico.

Raccontata così si ha l’impressione che la struttura degli arbitri italiani di Alto Livello sia una categoria di intoccabili e, lasciatemelo dire, questa è l’impressione di molti addetti ai lavori.

Però c’è anche del buono, eccome se c’è: in Italia abbiamo degli ottimi arbitri. I Piardi e Gnecchi sono ragazzi cresciuti nei nostri campi, che sanno esercitare benissimo il loro ruolo in partita, anche loro sbagliano, come tutti, come è giusto, però arbitrano davvero bene. Non sono gli unici, ma citare solo loro due evita un sacco di guai.

Ma i Piardi e Gnecchi & Co fischiano poco nei nostri campi di Serie A Elite, sono spesso in piattaforma internazionale o in URC, in Serie A Elite lasciano il posto ad altri.

Piardi sulle sette giornate della massima categoria svolte ad oggi, ha arbitrato solo due partite, alla prima (Petrarca vs Lyons) ed alla terza (Mogliano vs FFOO) poi non si è più visto (non certo per colpa sua, capiamoci!). Anche per Gnecchi sono solo due, ha arbitrato alla seconda giornata (Mogliano vs Viadana) ed uno scontro diretto alla quarta (Valorugby vs Viadana) poi anche lui è scomparso dai radar. Non sono riemersi né per il Derby d’Italia (e si è visto poi cosa è accaduto) per il match clou Viadana vs Petrarca.

Ma allora quando noi generiamo dei bravi arbitri per chi lo facciamo? Per gli altri. Perché è così che va a finire, i nostri migliori fischietti mica stanno qui ad aiutarci ad alzare il nostro livello in campo ma vanno più su, bravi se lo meritano e siamo anche orgogliosi di loro, ma poi non lamentiamoci se scocca il paradosso. Infatti esiste, da parte di alcuni tecnici della Serie A Elite, la richiesta che, per gli scontri di vertice o quelli “determinanti”, se indisponibili i nostri migliori fischietti, si chiami qualche bravo arbitro scozzese, francese, inglese.

Così la classe dirigente arbitrale italiana è riuscita a mettere insieme al principio di autoreferenzialità di cui sopra, anche una forma di principio di “inutilità” delle sue migliori “produzioni” ai fini della crescita del rugby italiano.

Non è un panorama consolante e qualcuno lassù fra il plenipotenziario Marius Mitrea ed il Presidente “eletto” Alan Falzone, entrambi cresciuti in epoca “Innocenti”, del quale hanno evidentemente rispettato le direttive che la Serie A Elite sia solo una palestrina per altre ambizioni, dovranno darci spiegazione. Non ci sono intoccabili.

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