Connect with us

EVERGREEN

FRA POLI ESTREMI ED ELITE MONDIALE: QUALE RUGBY PER L’ITALIA?

Quale significato ha, per noi italiani dell’ovale, la estrema polarizzazione del rugby a livello internazionale? Questa è una domanda che spesso, anche da queste sponde, ci si è posti, prima di scoprire che, con il passare del tempo, a fianco di questa domanda ne è maturata altra più immediata e vera: il rugby ha ristretto il suo campo di azione, è diventato più elitario, come muoversi di fronte a questa nuova consapevolezza?

PARTIAMO DALLA POLARIZZAZIONE. Su questo ormai non abbiamo più bisogno di prove ma fa bene averne continuamente e l’ultima sono gli Awards 2024 di Planet Rugby. Vediamoli.

Il miglior team fra le Nations? Maschile al Sudafrica e femminile all’Inghilterra, i migliori Coach? Rassie Erasmus (Sudafrica) John Mitchell  (neozelandese), il miglior club del mondo il francese Tolosa e la migliore meta quella di Peniasi Dakuwaqa (Stade Francais). Il giocatore mondiale top? Ox Nche (Sudafrica) e fra le donne l’inglese Ellie Kildunne, e avanti così fino alla miglior intervista a Joe Marler o alla giocata più innovativa, quella di Siya Kolisi in Springboks v Wallabie. Insomma, il perimetro è chiaro.

Il resto del mondo non c’è, nessuno al di fuori di questo super-professionismo che, non a caso, Planet Rugby non fa uscire da Inghilterra e Francia in Europa (a dispetto della URC nonostante lì ci siano i sudafricani).

Il perimetro è chiaro e rappresenta “un certo tipo” di rugby,  quello che la denominazione politically correct attuale identifica come Alto o Altissimo Livello, il Tier1 non è più sufficiente a definirlo, il Tier1 è troppo largo, questa è una sottocategoria, ops, scusate, una sopra-categoria.

Quindi questa sopra-categoria quanti Club porta con sé in tutto il mondo? Come si vede anche dagli Awards di cui sopra non si può andare fuori dal cerchio magico che comprende: Top14 francese, Premiership inglese, Super Rugby Pacific, URC. Una cinquantina e poco più in tutto il mondo i Club che sono inclusi in questo Alto e Altissimo Livello, per un totale approssimativo ma realistico di non più di 2.500 giocatori nel mondo, questo il bacino di gioco in cui si muove questo circo Alto e Altissimo. Praticamente il nulla se si conta che gli appassionati di rugby al mondo sarebbero circa 400 milioni.

L’ELITE Stiamo parlando di una “sopra-categoria” con una dimensione estremamente circoscritta sia nei numeri che nella distribuzione geografica. Sono quindi in 2.500 nel mondo a giocare a rugby “in un certo modo”, sotto di loro, chiamiamolo Livello Meno Uno, ce ne sono almeno, ma non tanti di più, di altri tre o quattromila che annaspano per salire nel gotha.

Quei duemilacinquecento sono una ristrettissima Elite ma è quella che sposta i grandi sponsor, che muove i grandi network della comunicazione sportiva, che valorizza merchandising e tornei per Nazioni.

Circa un paio di decenni fa World Rugby varò un piano di espansione del rugby nel mondo, per farlo volle identificare un vertice che si era ripromessa di ampliare. Poi cominciò a dare di mannaia sul regolamento, creando un gioco del rugby che vent’anni fa non esisteva, stravolgendo tutto e creando il rugby per gli “armadi”. Così il risultato è stato invece la restrizione del perimetro, la polarizzazione del rugby a quindici, diventato elitario ed esclusivo anche perchè fisicamente possibile solo ad alcune persone (i parametri del fisico “bombato”, insomma bisogna essere tanto grossi, alti e pesanti). Il finale ha decretato pochi club nel mondo a poterlo giocare e numero di Nations che si contano sulle dita delle mani.

PER L’ITALIA Che significato ha per noi italiani questa polarizzazione? Ci siamo messi ad inseguire questo modello con il nostro ingresso nel Sei Nazioni, senza riuscirci, una manciata dei nostri (quelli che sono in URC) sono inseriti nei duemilacinquecento, altri, pochi in realtà, quelli che fanno parte di Accademie o progetti azzurri vari, possono dirsi vicini al Livello Meno Uno ma non hanno strumenti per arrivarci. In questa fascia noi manchiamo, soprattutto perchè non abbiamo un campionato che si presti a vivere questo livello. Questo è il tema che ci riguarda davvero, su questo si deve lavorare.

Rispondere al secondo quesito di cui sopra è ancora più interessante: il rugby si è “ristretto” cosa significa questo per noi? Il livello super esclusivo che è stato creato per Alto e Altissimo Livello non è ricostruibile sul territorio, né in Italia né altrove. Servono caratteristiche tecniche e fisiche frutto di super-selezioni, è cosa per pochi non è cosa può far parte di un territorio.

Quindi la risposta è quasi banale: giochiamo il “nostro” rugby, quello che ci appartiene, quello dei campetti e delle Società di periferia, sviluppiamolo e facciamolo diventare la disciplina popolare del rugby, “l’altro” è inarrivabile, quello sia per noi solo spettacolo da TV o da grande evento allo Stadio.

Andando alla sintesi in Italia ci serve un campionato in grado di arrivare al “Livello Meno Uno” ed un mondo ovale che non ci pensi nemmeno di giocare al rugby di quelli Alti, perché è davvero un altro sport, mentre a tutti noi, per i nostri giovani, le Famiglie, serve un rugby che rimanga ancorato al “possibile per tutti”. Anche questo rugby è bellissimo, bello da andare a vedere e, da giocare, sarà sempre più diverso da quello della Tv ma va bene lo stesso anche perché è l’unico che si può normalmente giocare e alla fine dei conti, è il più vicino al mondo di William Webb Ellis.

More in EVERGREEN