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FIR E DINTORNI

PER IL NOSTRO RUGBY, 2025: L’ANNO (DI LACRIME) CHE FA TESTO

Guardando al nostro rugby e alla scadenza di questo ’24, non ci sono titoli altisonanti per raccontare di quello nuovo che arriva; il 2025 non sarà niente di speciale e, in linea di massima, non risolverà i nostri problemi, non ci toglierà nessuna delle grosse spine che abbiamo, ci lascerà diverse amare prospettive ancora parzialmente aperte, eppure sarà un anno che “fa testo”, rappresenterà un modello. Sarà importante.

La quantità di casi irrisolti, risposte problematiche, temi mai chiusi, risposte necessarie solo per gli altri, che il nostro rugby si trova in tasca è talmente alta che il prossimo anno farà già molto se riuscirà a metterle in fila tutte e risolverne solo alcune. Il nostro rugby, la nostra Federazione sportiva che ne è la massima espressione, si ritrova infatti ad affrontare il prossimo anno con le “pezze al sedere”, il Bilancio economico è un disastro e la situazione finanziaria sta giusto in bilico. Senza i soldi anche i migliori progetti di solito vanno in cantina. Almeno per un po’.

Certamente per necessità ma anche perchè figlia di un nuovo Consiglio federale ed un nuovo Presidente, la FIR è stata costretta ad aprire una serie notevole di fronti ma, realisticamente, in tanti sappiamo bene che per molti si dovrà aspettare.

Nel 2025 (ma forse anche oltre) la parte dei “danè”, degli “schei”, “paparelle”, “abbrunzio”, “quattrino”, sarà sempre dominante e per questo la dichiarazione di questi giorni del Presidente Federale relativa alla questione della cessione delle Zebre e del bando di gara recentemente emesso a tale proposito, è da considerare un elemento programmatico valido per tutto il 2025 e per moltissimi argomenti, ha detto il Presidente: ” Al Consiglio del 7 febbraio potremo capire quale strada prendere. Con una precisazione: se non saremo convinti delle proposte, se avremo dubbi sulla sostenibilità, continueremo a condurre la franchigia come proprietari al 100%.   Ma dovremo ridurre il budget, riducendo l’intervento federale dagli oltre sette milioni di euro attuali a meno di cinque. Le Zebre devono essere più funzionali a produrre atleti per la nazionale, e possono farlo con un costo inferiore a quello attuale”.

Non si svende nulla ma la strada del contenimento dei costi è quella maestra. Questo potrebbe accadere per ogni singola cosa ci si trovi ad affrontare nel 2025, La dichiarazione di cui sopra (ANSA 29/12/2024) fa scopa con altre che, nella stessa intervista,  affrontano il pesante deficit della FIR (circa 9 milioni nel 2023 e 10 nel 2024) e della necessaria spinta verso il rugby di base.

Risalta allora apertamente che, una condizione come quella descritta sopra, costringerà tutto il movimento a cercarsi le risorse per provare a muoversi verso alcuni dei progetti ambiziosi che pensa di produrre. Sarà più difficile fare “toc toc” alla porta della federazione, le vacche sono magre, hanno spremuto tutto quelli di prima.

Una delle grandi novità da quando c’è stata questa presa di coscienza è la nascita ed il riconoscimento ufficiale della Lega Italiana Rugby. Alla luce di quanto sopra non si può che apprezzare l’aver saputo che la Lega stia cercando di darsi un minimo proprio spazio economico  e si stia muovendo in questo senso, tutto questo mantenendo un contatto ampio e profondamente collaborativo con la FIR (dalle quale inevitabilmente verranno drenate risorse, senza nuovo aggravio però).

Non tutto il movimento però si muove così e, soprattutto, non tutto il movimento ha la possibilità di muoversi così: dal rugby femminile al Seven, dall’annosa questione del rugby al Sud fino alla necessità di ampliamento quantititativo e qualitativo del rugby di base e poi diverse altre cosette, tutto questo non è in grado di generare agevolmente nuove risorse . Per molti motivi, certamente perchè il nostro sport non è in punta di visibilità, ma spesso anche per la mancanza di una dirigenza preparata oppure, ma solo per alcuni,  per una vocazione all’assistenzialismo.

Così il 2025, carico di problemi non potrà essere la panacea di un bel nulla ma sarà fondamentale, sarà un modello, insomma farà testo perchè traccerà un modus, una filosofia di sviluppo, costringerà la FIR a dare delle priorità e non più a disperdere e dilapidare capitali in mille rivoli, lasciando poi per altro tutto irrisolto, come evidentemente fatto dalla precedente gestione.

Priorità, vocazioni reali, percorsi strutturati, qualche clientela in meno, finanziamenti concreti, questo toccherà al rugby italiano nel 2025, questo toccherà alle sue Società, a tutto il mondo ovale italiano, ma una cosa però a questa Federazione va detta: anche il suo dimagrimento è una possibilità necesessaria.

La FIR ha fiumi di contratti di consulenze pagate a peso d’oro, dirigenze e sotto-dirigenze, incarichi e sopra-incarichi, comparti interni che andrebbero destinati alla logica di make or buy, fiumi di denaro che alimentano una struttura enorme, elefantiaca, sulla cui capacità dinamica e sulla cui produttività si sa ben poco. La conclusione a fronte di queste constatazioni è ovvia: se la FIR decide di tagliare il rugby, allora tagli anche se stessa.

Diciamo che, accadesse anche questo, sarebbe molto più facile digerire il fatto che il 2025 non sia l’anno della soluzione ma solo quello della impostazione verso la soluzione. Un anno che fa testo ma chiede anche lacrime e sangue nel nome del realismo di Bilancio, quelle lacrime le fa versare a tutti. Proprio tutti.

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