
Dopo la chiusura dei termini per la manifestazione di interesse alla acquisizione di Zebre Rugby, il 15 gennaio, gli occhi sono stati puntati su Padova, il Petrarca, l’imprenditore patavino Alessandro Banzato, questo per il paradossale motivo che non era arrivata da quelle latitudini una risposta positiva al bando, una candidatura a prendersi il pacchetto della franchigia federale e la partecipazione in URC.
Visto che dell’interesse padovano si parlava da anni e molti davano ormai la cosa per fatta, che gli occhi siano stati puntati in Veneto è cosa comprensibile, ma anche un po’ ottusa visto che questo atteggiamento, giusto ma anche un po’ gossipparo, ha impedito di guardare ad altri fattori ai quali questa “manifestazione di interesse” ha dato risposta incluso il non trascurabile dato di verificare chi sono e cosa possono realizzare quelli che la risposta positiva l’hanno depositata in Federazione.
Cerchiamo di vedere la cosa, in forma obbligatoriamente sintetica, in tre punti.
ROMA ED IL SUD OVALE FUORI Né la Capitale e tanto meno il resto del sud Italia sono riusciti ad aggregarsi per portare questa opportunità sui loro territori. Mancanza di impianti? Può darsi. Questione di soldi? Mah. Troppo facile. Forse è anche una questione di dirigenti?
Va detto che più del 25% dei club di Serie A e B di calcio (i cui super-budget ben conosciamo) sono di quella area geografica, che tutte le maggiori discipline sportive di squadra hanno ottimi rappresentanti nei massimi campionati (congratulazione al Trapani che, al momento un cui si scrive, è prima in classifica in LBA Serie A di pallacanestro). Il rugby invece….ai minimi termini. Va fatta però una distinzione.
Il Sud propriamente detto ha avuto una vera desertificazione ovale nell’ultimo ventennio, lo stato di salute dei Club rimasti, delle loro relazioni territoriali, delle possibilità di conoscenza ed espansione che hanno i dirigenti ovali di quelle zone, è fortemente fiaccata. Prima o poi però qualcuno di quelle regioni si dovrà attivare, è il rugby locale che deve decidere del suo destino, perché una nuova espansione in quei territori non può passare solo attraverso forme di assistenzialismo pubblico, anche perchè non sarebbe mai sufficiente.
Per Roma invece, baciata ogni anno da Test Match e Sei Nazioni e da mille altre opportunità, incluse i collegamenti federali di molti suoi dirigenti, con una realtà ovale bella, diffusa e pure chiassosa, questa non partecipazione alla manifestazione di interesse o è la constatazione di una mancanza di capacità e di relazioni economiche forti, nonostante la Città intera viva solo di quelle, oppure una mancanza totale di interesse, oppure tutte e due. E allora poi qui le chiacchiere stanno a zero sul presunto dominio di Emilia e Veneto sul rugby di Alto Livello.
Lo sport (ma non solo) va dove c’è la disponibilità.
LA SERIE A ELITE ASSENTE La manifestazione di interesse per Zebre Rugby non ha avuto alcun sostegno dalla Serie A Elite. Qualcuno potrà anche dire che, in un periodo in cui si costituisce la Lega Italiana Rugby ed il campionato di Elite viene posto finalmente sotto la giusta attenzione, questa cosa che dal mondo di Serie A Elite non sia arrivato alcun segnale, sia almeno giustificata. Invece no ed è pure una cosa molto grave.
Questo campionato è composto dai Club più “ricchi” d’Italia, quelli che riescono ad impegnare ogni anno un budget consistente (in diversi casi con sei zeri) per il nostro rugby italiano.
La Serie A Elite dovrebbe esprimere anche i Club con maggiori ambizioni e capacità di raccolta “fondi”. Pare non sia così. Ma da queste parti spaventa di più la mancanza di voglia di crescere, di vanagloria, l’assenza di aspirazioni di Alto Livello piuttosto che la mancanza di un riscontro economico a questa eventuale ambizione. Il motore della crescita sportiva passa sempre da quest’ultimo sentimento.
Invece dalla Serie A Elite non si è mossa una foglia, il Petrarca ha fatto parlare di se in questo senso, per altro criticato da molti per questa sua ambizione e capacità, ma poi ha rinunciato, nessuno degli altri Club, in primis gli emiliani, hanno dato segni di una vera presenza.
PARMA CHI ? Per acquisire le Zebre si è presentato il CUS Parma. E’ dietro questa Società che, apprendiamo dalle cronache, si manifesta l’interesse di un gruppo di parmigiani guidati dall’attuale sponsor delle Zebre: Amoretti. Il CUS Parma è una Società sportiva che per il rugby vissuto e raccontato praticamente non esiste, oggi non c’è traccia di frequentazione nei campionati nazionali di rugby, l’unica cosa che si è trovato googlando sul CUS Parma è di una ottima squadra di Seven, per lo più composta da giocatori dell’Amatori Parma, che partecipa ai Campionati universitari. Da qui all’URC c’è un saltino non indifferente.
Perché andare in URC non significa solo metterci i soldi ma anche avere esperienza dirigenziale tecnica, sportiva e manageriale, costruire staff di supporto, coordinamento di molte attività, dai viaggi alla gestione di sponsor, ed anche una dimensione di marketing e comunicazione a livello decisamente avanzato. Oltre ad averci uno Stadio, ma su questo evidentemente il CUS Parma pensa di prendersi l’attuale Cittadella del Rugby a Parma, sede FIR, e far finta di nulla.
Quindi il CUS Parma pensa di far fare tante cose con i mezzi della FIR ? La “manifestazione di interesse” esposta dalla FIR va nella direzione contraria. Inoltre la FIR non può elargire condizioni diverse da quanto presentato a tutti nel suo “bando”, salvo creare condizioni di disparità facilmente impugnabili da terzi. Altrimenti partecipava, che ne so, anche il CUS Catania o la Partenope, il CUS Torino, il Valsugana (nomi detti a caso, ma chissà…)
Il CUS Parma nella sua manifestazione di interesse avrà presentato tutte le garanzie professionali necessarie, avrà dimostrato come rimpiazzare tutto quel mondo della FIR che lavorava per le Zebre quasi ogni giorno, avrà dato alla FIR, al rugby italiano e soprattutto alla sua città tutte le garanzie ineludibili. Non sono domande ma condizioni necessarie, perchè un Club del rugby che si candida per andare in URC deve pensare di fare più velocemente, ma molto di più, la stessa strada percorsa in tutti questi anni dalla Benetton Treviso.
Per questo nei corridoi del rugby italiano da più parti si vocifera che la candidatura CUS Parma & Amoretti non sarà accettata, si dice non contenga gli stessi requisiti richiesti, alta è la possibilità che possa essere bocciata dal Consiglio Federale.
Nel caso fosse così le Zebre resterebbero a Parma e si preparerebbero ad una eroica ed affascinante stagione da vera franchigia di sviluppo con tanti giovani, tanta energia, un budget risicato (che poi 5 milioni non sono male) e, presumibilmente, molte sconfitte (ma su questo nulla cambierebbe con le Zebre attuali).
Passato un anno questa franchigia federale “di sviluppo” potrebbe rimettersi “sul mercato” con altra manifestazione di interesse, magari già a fine di quest’anno. Dal Veneto alla Sicilia, da Verona a Roma, da L’Aquila a Catania (Parma inclusa) tutto il rugby italiano, avrebbe così tempo ed occasione per organizzarsi davvero. E da queste parti si pensa che sarebbe meglio così, piuttosto che andare da raccattati all’avventura in giro per l’Europa.
Forse questa volta bisogna saper aspettare perché, diceva il grande Mino Maccari:”Non c’è niente come la fretta che faccia perder tempo”.
