E’ cosa nota, accade da tempo, ma ogni tanto ricordarlo non fa male. Ho letto su Rugbymeet che Saracens e Bath snobberanno le partite di coppa, anche di Champions Cup, preferendo il campionato. Nello stesso pezzo si ricorda come già le francesi lo facciano da tempo con la Challenge Cup.
Puntualizziamo, scrive il portale di informazione ovale: ” I Saracens non portano le loro stelle Maro Itoje, Jamie George, Tom Willis ed Elliot Daly a Tolone per la gara secca degli ottavi di finali di Investec Champions Cup di sabato. Il Bath non porta i giocatori internazionali più importanti Finn Russell e Will Stuart a Pau venerdì per gli ottavi di finali dell’Eprc Challenge Cup”.
Il segnale è noto e chiaro da tempo, troppe gare con gli stessi giocatori. I top team europei si giocano di fatto con le loro “stelle” sia il campionato francese o inglese, i Test Match (Autumn Series), il durissimo ed imprescindibile Sei Nazioni e poi anche le coppe per club, una montagna di match da giocare in favore di televisioni e spot, marketing e vari passaggi di personal branding.
Del resto i club inglesi e francesi hanno ben poco da lamentarsi, a suo tempo vollero loro le epurazioni nelle due Coppe per restare un po’ più “soli” e fare un miglior “raccolto”, la scusa fu quella di alzare il livello, lo stesso livello che loro ora abbassano non fornendo il miglior team alle competizioni.
La cosa, se non ve ne siete accorti è meglio che ci facciate caso, accade già per le Summer ed Autumn Series dove sempre di più si portano i “giovani di belle speranze” con la scusa di fargli fare minutaggio nel grande contesto internazionale, o si raccontano di infortuni alle “star” che si risolvono, guarda caso, proprio alla fine della Series.
Ora anche la Champions Cup, credo sia la prima volta, vedrà in campo non il miglior team possibile da parte di una partecipante ma solo il team scelto per l’occasione. C’è da riscrivere il significato della parola “competizione”, dargli un volto nuovo, una cosa che vada in pari con la voglia di chiamare tutto questo “Alto Livello”.
Perchè di Alto Livello, ovvero quella cosa tramite la quale avevano fatto certe “selezioni”, se ne vede sempre meno, oppure dobbiamo estendere il termine a certe brutture che si vedono proprio nelle competizioni europee o nelle Series. Attenzione però che anche in URC il gioco tattico delle formazioni è sempre presente, parliamo delle sudafricane ad esempio? Oppure…
Davanti a tutto questo la parola d’ordine è che la gente, quello che c’è, se lo faccia piacere lo stesso, perchè… di si.
In fondo i grandi club non hanno tutti i torti perchè “Nemo non formosus filius matri” che è poi la versione latina del fatto che “ogni scarrafone è bello a mamma soja” (così la capisce anche il plenipotenziario FIR Franco Ascione), i giocatori costano sempre di più ed il loro ROI (Return On Investment) si misura sempre meno a mete, assist, metri percorsi, placcaggi e palle rubate e sempre di più ad apparizioni.
E’ chiaro che la cosa non può andare avanti così, il Medio-alto livello anglo-francese travestito da Alto non potrà tenere in ostaggio ancora per molto il rugby europeo, pare quindi una ottima idea quella di creare una competizione per il medio-basso livello che includa club e paesi che abbiano voglia di crescere o che, già cresciuti, abbiano dei “campionati” interni ambiziosi. Insomma una proposta che rubi un po’ di scena e, perchè no, di incassi.
EPCR veda un po’ che fare, apre le porte del fortino e sta a guardare chi ne costruisce un altro? La FIR potrebbe esserne un buon promoter a livello europeo.