
Lo scorso derby d’Italia nella semifinale di andata giocata allo stadio Plebiscito di Padova il fatto sensazionale e stata l’enorme presenza dei tifosi padovani come non se ne vedevano da parecchi anni. Il risultato, intorno alle 2500 presenze, ha un significato profondo che va analizzato anche per la situazione in cui si è verificato.
Si può tranquillamente affermare che il Petrarca Rugby ha raggiunto, in questi ultimi anni, il suo punto più basso nella storia. Perche se in campo, fra una acca e l’altra, ha messo sempre team molto competitivi, raggiungendo livelli tecnici nettamente al di sopra del livello generale di categoria, ha perso ogni altra leva.
Il Petrarca ha perso la leva sportiva, quella strutturale, il contatto con la realtà circostante (di fatto è un fortino a se, indifferente ed avulso dalla città e dalla gente), per non parlare di quella pessima deriva empatica che lo ha portato a livelli bassissimi (qualcuno si è pure vantato di questo), del resto, a forza di mostrare la porta a tutti, in tanti l’hanno pure presa.
Nella storia del Petrarca queste ultime leve sono state nettamente superiori per importanza a quella tecnica ed il Petrarca esiste proprio per questa storia, non ci sarebbero campi, spazi da mille e una notte dove far crescere i livelli tecnici se in passato amicizia, condivisione, territorio non fossero stati i traini della Società. I tempi cambiano, direte voi, avete ragione ma c’è modo e modo.
Insomma il Petrarca, incapace di emozioni, visto da tutti come antipatico e amante della sua solitudine dorata, oggi se lo filano pochi, si è posizionato lontano dal mondo.
Questa situazione ha trovato terreno fertile nel mondo dell’attuale Petrarca in funziona anche di una atavica insofferenza per la comunicazione, una repulsione per i media, una visione elitaria dello sport, una gestione ottima ed efficace ma volutamente impenetrabile ed invisibile all’esterno. Il Petrarca di oggi è immerso in uno smarrimento di una identità propria dettato da un profilo strategico perduto perchè sepolto da una visione esclusivamente tattica del proprio sistema.
In questo contesto Corrado Covi, DG del Petrarca Rugby, sostenuto dalla attuale massima dirigenza (che sarà pur dimissionaria ma, ci dicono, ben presente) ha fatto la scelta di giocare quella partita allo Stadio Plebiscito di Padova, per farlo ha aperto le porte a tutti, ha preso contatto con Società vicine, ha fatto un lavoro interno, con la Junior tuttonera e con la “città sportiva”. Sui giornali si è visto molto rugby e molto Petrarca nei giorni precedenti al match, un lavoro che si è concretizzato nel grande risultato della presenza allo stadio.
Nella semifinale trascorsa c’era infatti al Plebiscito tanto Petrarca del passato, giocatori, tifosi, accompagnatori e ex-coach, c’era però anche tutto il rugby locale, foltissime rappresentanze dei club, interi gruppi di giocatori delle Società locali di Serie A, B , C; c’era insomma la stessa atmosfera ed anche molte persone, che avevano riempito le Autumn Nations Series del 2022, quando, nello stesso stadio, la Nazionale azzurra aveva battutto Samoa (49 – 17).
Tutto questo è stato realizzato in un contesto fisico, lo stadio Plebiscito, oggi pessimo, un impianto fatiscente, assolutamente vicino al degrado, di fatto semi-abbandonato, che andava ricondizionato almeno al limite della decenza minima per poter accogliere questo match. Una sfida davvero enorme. Nei giorni precedenti alla partita se incontravate e chiedevate a Corrado Covi cosa stesse facendo vi rispondeva “devo andare a pulire lo Stadio“. Ed era drammaticamente vero.
Bisogna dire che hanno avuto un immenso coraggio Covi, con tutto il gruppo dirigente petrarchino, nel fare quella scelta, tanto, si sono esposti con forza e determinazione, hanno scommesso alla grande ed hanno apertamente e visibilmente vinto. Un successo che trova nelle presenze allo stadio una componente forte ma anche organizzazione e gestione dell’evento, sono stati notevoli. Doppio successo.
Per come queste ultime cose sono accadute, per questa forma di apertura non si può evitare di chiedersi cosa c’è dopo. Perchè sembra davvero una svolta.
Cosa stiamo vedendo? L’auspicio è quello che traspare da certe frasi, a volte solo mezze, che si sentono nell’ambiente dei Neri. Il comportamento del Petrarca per questo ultimo evento rappresenta una netta evoluzione che potrebbe cancellare il Petrarca afono ed elitario e restituirci un protagonista Nazionale del rugby, un motore di gestione sportiva, un generatore di talenti in campo e, soprattutto, fuori, una Società che ama e presenzia sul suo territorio. Vasto.
Chi scrive, pur avendo imparato da molto tempo che l’amore per una maglia è intangibile rispetto alle sue eventuali involuzioni, auspica che sia davvero il primo passo verso un cambiamento che riporti il Petrarca al centro della Città prima che del proprio Campo 1.
Rimane l’ultimo elemento, quello più difficile, anche da raccontare. Se chiedete ad un dirigente del Petrarca anche genericamente: “Cosa fa il Petrarca?“, questi vi risponde:”Intanto l’anno prossimo giochiamo ancora questo campionato“.
Perchè il livello “United Rugby Championship” (URC) non solo non è stato abbandonato ma molti spifferi dicono che tutto sarebbe ora davvero pronto per portarlo a casa.
Insomma il Petrarca sogna ancora in “celtico” e/o afrikaans e lo stadio pieno di suoi tifosi al Derby d’Italia dimostra che il pubblico per match di Alto Livello eccome se c’è.
Questi due segnali, il cambiamento di stile e l’ambizione URC, sono arrivati forti in queste ultime settimane, tutte cose belle. Speriamo vada tutto nella migliore direzione (che un titolo d’Italia poi aiuterebbe ancor di più).
Quindi, a Padova, è nata una stella? No, da sempre è lì, con quel suo modo strano di farsi guardare, ultimamente anche un po’ pesante da sopportare, da sempre brilla lassù, con quel suo modo strano di luccicare, così visibile eppure tutta nera. Lasciatemelo dire: forza Petrarca, dai.
