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SERIE A ELITE

CHI FERMA PIU’ IL CALVISANO VELOCITA’ E POTENZA?

I curiosoni che volevano sapere fino a che punto le Fiamme Oro, che avevano fermato Rovigo, fossero in grado di ripetersi con il Calvisano hanno trovato invece altra risposta sul perchè i gialloneri da Brescia tengono così saldamente la testa della classifica.

Non fraintendiamoci le Fiamme Oro hanno costruito una partita anche positiva. Costretti alla difesa nel primo tempo, dalla quale non sono però riusciti ad uscire, aperte a qualche folata in attacco nel secondo, quando la pressione calvina è calata di tono, le Fiamme hanno trovato conferma della loro difficoltà a ripartire, di una certa legnosità in fase di attacco ma anche di custodire bene le fasi statiche e di avere buoni meccanismi di difesa. I migliori sono il solito Bacchetti che ci tiene a far tremare le difese avversarie e Iacob che dà buoni esempi di rugby.

Il Calvisano è dirompente, veloce nel movimento e nello spostamento del pallone, propenso a collisioni intelligenti, con seconde e terze linee in grande spolvero e fasi statiche precise (touche ottime).Chi voleva un Calvisano tutto nei primi otto si sbaglia di grosso perchè i protagonisti del match, in particolare del primo tempo, sono invece i trequarti. Così accanto ad un Matteo Archetti che si fa rispettare in terza il plauso va ad Enrico Lucchin (cl. ’95) e soprattutto a Marco Susio, classe ’93 e calvino fin dalla prima gioventù, che interpreta bene linee di gioco e impatti.

Questo Calvisano chi lo ferma più? Se Rovigo tiene alta la bandiera facendo fuori un combattivo ma poco concreto San Donà il Petrarca invece fa suo il match grazie ai tre fattori che quest’anno, per ora, sono andati alla grande: il fiato lungo, una buona dose di fortuna e Andrea Menniti-Ippolito.

Perchè a Noceto, campo di casa dei Diavoli di Reggio per l’occasione, sono quelli in rosso-nero che fanno la partita,la tengono in mano in mischia e poi con una difesa precisa. Sono gli ultimi 10 minuti però che dicono il risultato. Nel finale ci sono gli emiliani che hanno palesemente finito la benzina mentre quelli venuti da Padova hanno quella ed anche un debito con il risultato. Il finale è da cardiopalma e, come nei migliori thriller ovali, è un drop dell’Andrea di cui sopra, estremo e calciatore (4/7) del Petrarca, che risolve quello che a tutti pochi minuti prima sembrava impossibile. Ottimo Reggio lo stesso, un plauso speciale a tutta la prima linea e poi i “soliti” Gennari e Rodriguez.

Andrea Menniti- Ippolito è un classe ’92 e sta giocando un campionato ottimo, ha palesemente raggiunto un alto livello di maturazione tecnica, sta dimostrando di avere gambe e gioco, piede e precisione, visione e capacità di impatto. Insomma: ottimo. Andrea Menniti Ippolito merita un livello in più.

Possibile che per lui (e per quelli come lui) non ci sia spazio in livelli superiori del nostro rugby? Possibile che un ragazzo arrivato a questo livello non debba essere considerato solo perchè non sbuca dal “circuito giusto” o non possiede la carta di identità che fa appeal? Da queste parti non ci si vuole credere anche se è evidente che il sistema rugby italiano ha giocato, di recente anche più che in passato, a taglia-fuori con il Campionato di Eccellenza, la cosa di non considerare i talenti che emergono è comunque senza senso. Il rugby italiano produce buon rugby, venitelo a vedere.

I tabellini raccontano anche della Lazio che porta a casa la vittoria contro i Medicei. I biancocelesti, dopo tanti ottimi primi tempi,infilano anche il secondo e Pasquale Presutti piange l’assenza in campo del suo Basson. Il Viadana prende la quarta posizione ma, per effetto del calendario, Fiamme Oro e San Donà paiono le vere contendenti. Mogliano non retrocede ma ad oggi non ci sono dubbi, sul campo sarebbe toccato agli ex-campioni d’Italia lasciare il massimo campionato.

Una segnalazione a quelli di The Rugby Channel. Il Petrarca Rugby si chiama Petrarca e non Padova, la società si chiama Petrarca dal 1947 (non si chiama neanche “Petrarca Padova”) e se si chiama così un motivo ci sarà. In una intera telecronaca non sentire mai il nome giusto di una squadra fa pensare che forse non basta urlare nel microfono ma serve anche farsi due conti sulla dinamica e sulla storia del Torneo che si sta commentando. Cari telecronisti di The Rugby Channel, nonostante il calcio anche la storia dello sport italiano è stra-carica di team che non hanno il nome della città dove giocano. Fatevene una ragione.

Ultima considerazione: poco pubblico sugli spalti dell’Eccellenza, pochi ma buoni? No, troppo pochi e basta. L’Eccellenza ha bisogno di aria nuova.

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