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PRO14

LA BENETTON VINCE E BASTA, ZEBRE NEL CAOS

PRO12 15

La Benetton vince, evviva ed ancora evviva ma è lontana da essere la rondine che fa primavera. La vittoria non è larga da tutti i punti di vista perchè i biancoverdi non riescono mai a metterla in cassaforte. Il finale di questo match è decisamente lo specchio della stagione trevigiana, farne la cronaca serve a raccontare quindici giornate di Pro12 della Benetton con la differenza che, per una volta, l’esito è diverso dal solito.

A due minuti dalla fine infatti, con il risultato già 19 – 17 per i trevigiani, il solito Jayden Hayward manca il calcio che conta: conta per riprendere fiato, per spezzare la partita, per dare un compito duro ai gallesi per il loro ultimo minuto. Dragons invece riparte dai suoi ventidue, Rynard Landman e  Nick Crosswell costruiscono avanzamento, non si fermano proprio, arrivano a dieci metri e coprono perfettamente il drop di Angus O’Brien che colpisce entrambi i pali, la Benetton vince, è fatta! Invece no perchè, se a quel punto ti aspetti la raccolta dell’ovale ed il possesso biancoverde, non va così. Rubano palla i gallesi che aprono verso l’ala e solo un placcaggio di Sgarbi a pochi centimetri dalla meta avversaria regala al pochissimo pubblico la meritata soddisfazione.

Due minuti che valgono una sintesi di tutta la Benetton 2015/2016: fragilità negli skill, difesa traballante e poco protagonismo nei punti di incontro, assenza di determinazione nei momenti topici, tutto questo fa si che il risultato sia in mano alla invenzione del singolo e non all’effetto corale che è la principale caratteristica del nostro gioco.

E’ andata bene, evviva, ma fa sorridere questa Benetton che, da quando il suo Presidente ha detto che va bene anche arrivare ultimi perchè non gli interessa giocare il prossimo anno la Champions Cup, si è messa a macinare risultati ed ora vede potenzialmente possibile il sorpasso proprio sulle Zebre e quindi vede vicino l’indesiderato accesso nel panel della massima competizione europea del prossimo anno.

Pensatela un po’ come vi pare, evviva Treviso che vince, ma la notizia di giornata sono le dimissioni del Presidente delle Zebre Gianluca Romanini e del vice presidente Egidio Amoretti. Il CdA parmigiano non ha nemmeno chiesto al Presidente di ripensarci, nei prossimi giorni si riunirà nuovamente e convocherà l’assemblea dei soci che potrebbe fare due cose: nominare il nuovo Presidente o alzare bandiera bianca.

In questa seconda ipotesi inutile fare finta di non sapere che il Presidente Gavazzi, anzi  la FIR , ma sono la stessa cosa, potrebbe fare scelte “dolorose”, magari assumendosi definitivamente la “grande responsabilità”: riportare le Zebre sotto l’ala della Federazione e magari anche a Calvisano. Se la matematica non è una opinione sarebbe il momento giusto, con il Calvisano in palese crisi economica e le Zebre in ko tecnico societario, portare le Zebre ed i suoi soldi a Calvisano darebbe anche un senso a quelle tribune vuote costruite con adeguato contributo federale in occasione dei Mondiali Under20 proprio nello  stadio della bassa bresciana. Quando c’è di mezzo il vertice federale vale sempre l’aforisma andreottiano:” A parlare male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”. 

La storia delle Zebre e di queste dimissioni è pazzesca. In questo fine settimana le Zebre hanno preso 51 punti da Connacht dopo averne presi 52 da Leinster la scorsa settimana, in un contesto normale una tirata di orecchie al Coach ed una presa di posizione dura del Presidente (magari anche le dimissioni) ci potevano stare, invece no. Il punteggio è ok con tanti complimenti a Guidi e le dimissioni del Presidente arrivano si ma per motivi politici. Così adesso ci si accorge che le Zebre in verità non hanno mai avuto un proprio vertice indipendente e tutti improvvisamente si accorgono che, in verità, è stata sempre e solo la Federazione a comandare lì dentro, sono i soldi e le decisioni prese in Federazione le uniche a pesare nelle Zebre ed il fatto sportivo, in questo caso, diventa davvero un optional.

Per oggi la questione Zebre la lasciamo così, a metà, che essere arrivati lì è già un traguardo.

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