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Peter de Villiers |
Riassumo: de Villiers si schianta con la sua nazionale in uno sfortunato RWC2011, eliminati dal Torneo dichiara “lascio la panchina Springboks“. L’avventura finisce, tornano tutti in Sudafrica e pochi giorni dopo l’atterraggio de Villiers dichiara “in verità il contratto scade fino al 31/12 di quest’anno e fino a quel giorno non me ne vado, dopo si però!”. In questi giorni il buon Peter torna sulla stampa dicendo una cosa circa così “aver perso in New Zealand mi ha caricato, so cosa ho sbagliato, non lo rifarò più, voglio rimanere, ho gli stimoli giusti“. Una inversione ad U da far impallidire il Vigile Urbano più scaltro.
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Pasquale Presutti |
Come andrà a finire la storia ? Credo che ora, a parte farsi quattro risate per il livello di incoerenza da record che si è guadagnato il Peter, ci sarebbe da fare una analisi su cosa capita ad un coach dopo la fine di un Torneo. Per questo citavo
Presutti del quale su queste pagine ho a suo tempo descritto una evoluzione simile a quella di de Villiers anche se, nel caso dell’italiano, da una posizione di vittoria del Torneo e non di eliminazione come per il sudafricano.
Si vede che i grandi coach c’hanno il ripensamento post torneo automatico? Troppo facile buttarla via con il battutometro inserito, ci sono infatti dinamiche anche psicologiche che regolano la vita di una squadra che spesso vengono tenute in considerazione ma solo dal punto di vista dello spogliatoio, ovvero i giocatori. Coach e staff facciamo finta non esistano??
I nostri coach locali vengono caricati spesso di compiti di gestione fra i più disparati e di responsabilità oggettive sui ragazzi che non hanno pari negli sport maggiori. I livelli di responsabilizzazione dei coach nostrani poi è altissimo,può accadere che , in diversi frangenti, si sostituiscano totalmente alla Società.
Questa è senz’altro l’Italia, torniamo ora in Sudafrica. De Villiers ha sentito quella pressione e quella super responsabilità di un coach nel cui paese il rugby ha una dimensione sovra-sportiva? Quale meccanismo lo ha portato a ricandidarsi? Quali dinamiche determinano la nomina del coach springboks e queste sono magari tali da determinare che la responsabilità di non candidarsi sia maggiore di quella di essere poi nominato?
Torniamo in Italia. E’ tempo di guardare ai coach con maggior attenzione, sono la base della crescita del movimento, dalla Eccellenza in giù. Per loro serve una formazione che non c’è, una profondità di aggiornamento che è ancora latitante. Serve però anche che i Dirigenti delle Società esistano e non siano solo dei tesserini federali. Se il rugby deve crescere prima o poi dovrà tenere in considerazione aspetti di gestione della Società sportiva vista come “comunità sportiva”e la preparazione dei Dirigenti in questo senso è fondamentale. Un altro compitino per la FIR e tutte le sue propaggini.
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