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AFFARI ESTERI

STRANIERO E’ BELLO E FA “LIVELLO” : DALL’INNALZAMENTO ALLA DEREGULATION

Nel tripudio della vittoria irlandese un paio di realisti hanno fatto notare che il XV iniziale degli Azzurri includeva  7 ragazzi con altro passaporto, molti gli argentini: Canale, Garcia, McLean, Orquera, GeldenHuys, Furno, Parisse.   In altri tempi avremmo discusso a lungo della cosa, parlato del valore della nostra scuola di rugby, argomento comunque attuale. Volendo però oggi guardare oltre, andare anche oltre il rugby, dobbiamo dire che tali “realisti” forse sono prossimi al pensionamento perchè il problema oramai è mondiale, un po’ come se tutti avessero bisogno dell’erba del vicino per affrontare l’acca di fronte a se.

Galeotto fu lo straniero per i London Welsh che, per aver schierato irregolarmente nel massimo campionato inglese il neozelandese Tyson Keats, hanno subito poche settimane fa una sanzione di  5 punti, 15.000 sterline di multa ed altri 5 punti per la prossima stagione, il loro Team Manager squalificato a vita.  Finchè la cosa si verifica in Europa viene quasi da pensare che siano i nostri continentali, in un modo o nell’altro, ad avere sempre bisogno del maori o del collegiale sudafricano per darsi un contegno ovale. Capita pero che la neo-franchigia sudafricana dei Southern Kings, che sta giocando in questi giorni in Nuova Zelanda, sia stata pesantemente richiamata “all’ordine di formazione” dalla loro federazione, la SARU; erano colpevoli di schierare tre “stranieri” invece dei due concessi e quelli dei Southern allora hanno caricato sull’aereo, direttamente ad Auckland,un argentino ed un francese e li hanno rimandati in patria facendosi raggiungere da due sudafricani doc.

Esempi come quelli sopra ce ne sono a bizzeffe, basti guardare nel Sei Nazioni il Tuilagi o Vunipola che giocano nella prestigiosissima e ricca di talenti Inghilterra o il Faletau nel Galles, insomma la commistione sembra quasi d’obbligo per non passare per cretinetti.

Rientra nelle casistiche impreviste il sistema italiano il quale ha regole scritte, non chiare ma fino ad ora scritte, ma ha sentito il bisogno di “liberare” le mani ai propri team di Pro12 da qui alla fine del campionato; una regola non scritta rilasciata a mezzo stampa dal Presidente Federale la quale stabilirebbe che da oggi alla fine del loro torneo Benetton e Zebre possono schierare gli stranieri che vogliono e come vogliono. Il manager dei London Welsh ha già spedito il curriculum vitae a Treviso.

Tralasciando la forma il concetto è chiaro, ovvero se giocano gli stranieri si vince di più, almeno sembra questo il Gavazzi-pensiero ma, come si è visto più sopra, il Presidente bresciano non è solo. Persino in Australia e Nuova Zelanda va forte lo “straniero”, i giocatori di rugby isolani importati dal vasto Oceano Pacifico sono già un numero interessante e stanno facendo indispettire i “locali”. Il fascino dello straniero dunque imperversa e, lasciatemi dire, non sempre per motivi davvero sportivi ma spesso economici o di immagine.

Il mondo del rugby è quindi attraversato da una necessità di “straniero” dettata dalle più diverse motivazioni, qui non è più solo una questione di oriundi o di regole interne, o di innalzamento del livello, c’è dell’altro; per questo quando si discetta di giocatori stranieri in Europa non sarebbe male si parlasse una lingua non dico unica ma almeno a tutti ugualmente comprensibile.

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