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FORZA RUGBY

VELOCITA’: DERIVA LEAGUE, CONTAGIO SEVEN, FUTURO DEL XV O MODA ?

crusaders in cerchio

Quando commentano il rugby del sud  c’è una cosa che al duo Pierantozzi-Fusetti piace molto evidenziare: il rugby di velocità. Sono sottolineature continue, giustificate da palloni che passano di mano in mano a ritmi intensissimi, giocatori che volano e varie altre cose però tutte rigidamente super-veloci. Il rugby di gran velocità è la moda di oggi, molti lo chiamano “il rugby del futuro”, anche da queste parti si plaude spesso a questo fenomeno che, tutti dicono, piace tanto al pubblico, anche se, fateci caso, non vince i Mondiali.

Leggendo il resoconto su OnRugby di Filippo Ferrarini, nuova terza linea di Ohio nel nuovo Campionato Professionistico americano ProRugby , il ragazzo racconta di questa necessità di velocità, di un rugby molto più vicino al Seven che non al tradizionale XV, dove anche le regole sono adattate in funzione della dinamicità, ad esempio nelle mischie “..sono permessi solo due reset, al secondo verrà dato un calcio di punizione indiretto per permettere di velocizzare il gioco.”

Nemani Nadolo è una montagna di uomo, è anche veloce, quando lui passa rade al suolo, lo ha fatto anche nell’ultimo match con i suoi Crusaders, ma in uno di questi suoi virtuosissimi e super-veloci passaggi si è procurato 3 giornate di squalifica per un placcaggio pericoloso. Il mito della velocità ha le sue vittime, ovvero chi ha subito il placcaggio, non Nadolo. Altre vittime di questa “velocità” sono gli stessi giocatori, sempre di più il fenomeno della “concussion” nasce in campo a causa della cattiva interpretazione del mix fra il termine velocità ed il termine efficacia. La velocità miete poi vittime perchè troppo spesso viene associata ad un altro termine teoricamente antagonista: fisicità.

Velocità e fisicità messe insieme sono un mix  distruttivo, fino a che punto sono in grado di reggere il confronto con il nostro rugby a XV? Il dibattito è lungo ed aperto.

La velocità piace? Lo dicono tutti anche se non ne esiste la prova decisiva, qualcuno ipotizza sia una sindrome da “roulette” dove l’adrenalina dello spettatore conta più del suo gusto tecnico, altri si concentrano invece sulla capacità tecnica del giocatore di eseguire più velocemente un gesto spiazzando di fatto l’avversario. Sicuramente la cosa è controversa e sempre di più rasenta la possibilità sia una moda piuttosto che una vera evoluzione del gioco.

Sul fatto che il rugby Seven, essendosi impossessato delle Olimpiadi, possa un domani contagiare le altre discipline con la palla ovale, non solo il XV pensiamo anche all’Aussie, non ci piove sopra, sul fatto che questo rugby da centometristi possa diventare egemone nei gusti del pubblico c’è da aver un bel pacco di dubbi. Quindi la velocità piacerebbe ma non vincerebbe la sfida per il rugby del futuro.

I più tradizionalisti del XV, che  rimangono comunque colpiti da gesti tecnici ben eseguiti e veloci, tendono a confermare che è la “mischia” il vero gesto del rugby; la prova di forza collettiva è rugby, quindi, oltre alla mischia, ruck e maul, che sono poi i movimenti più lenti in campo ma anche i più affascinanti. Negare questo ha un nome e cognome, è il rugby a 13: il League. Una cosa completamente diversa che non a caso ha eliminato i due giocatori che ha in meno proprio fra i primi otto, insomma una deriva per il XV. Fra le due specialità esiste un confronto da oltre un secolo ed il XV ha fino ad oggi vinto la gara proprio grazie alla interpretazione delle sue fasi statiche.

Per oggi ci si ferma qui, il fenomeno “velocità” è solo all’inizio della sua ascesa, ragionarci serve intanto, per gli appassionati, a guardare con occhi diversi una partita di rugby. Dovrebbe servire agli addetti ai lavori per verificare quale rugby vogliamo, ad esempio per la nostra Nazionale, per i nostri club, una scelta che non può esimersi dal capitale umano disponibile.

Una provocazione però questo termine “velocità” se la merita tutta: alla gente piace la “velocità”? Alla gente piace che la propria squadra vinca: il vero mito nasce ancora intorno a questo. Gli All Blacks insegnano.

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