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AFFARI ESTERI

IL MONDO DEL RUGBY FA LA RIVOLUZIONE E NOI PENSIAMO ALLA “FOX”?

Bill Beaumont

Bill Beaumont, ex Presidente della inglese RFU, ora è a capo della World Rugby

Sono accadute due cose la scorsa settimana che hanno profondamente cambiato il rugby: la prima è stata  il sorteggio per i Mondiali giapponesi che ha dato ufficialmente il via alla competizione che si svolgerà nel 2019, la seconda la decisione presa da World Rugby, in una riunione “giapponese” che anticipava l’estrazione, di estendere a 5 anni il tempo necessario per la “eleggibilità” di uno giocatore non di nascita locale in una Nazionale.

Detto così sembra tutto molto normale, momenti più o meno storici di uno sport “importante” che vive la sua attività ma invece, se le due cose però le mettiamo insieme, ne emergono alcune indicazioni che, alle nostre latitudini, dovremmo immediatamente recepire.

La questione del passaggio a 5 anni per l’eleggibilità, cosa della quale da queste parti si è particolarmente soddisfatti, è stata portata avanti con caparbietà da Pichot, argentino vice-presidente della World Rugby, anche la inglese RFU però, che con l’eleggibilità ci ha giocato parecchio e ci mantiene tutt’ora una parte di peso della sua Nazionale, ha votato a favore del cambiamento. Questa nuova disposizione serve, per dichiarazione di Pichot, a salvaguardare il rugby interazionale inteso come gioco, a non scoraggiare le scuole di rugby di ogni nazione, preservare quelle dei paesi più piccoli ed “indifesi” dagli acquisti programmati delle Major, stimolare l’evoluzione del gioco stesso, garantire il futuro delle integrità del rugby.

Il sorteggio ha invece aperto la strada ai Mondiali più ricchi di sempre. La rivelazione, numeri alla mano è uscita, a firma di Gavin Mairs, su “The Daily Telegraph” di qualche giorno fa. Racconta Mairs che i mondiali inglesi hanno rappresentato per la RFU un incasso netto di circa 26 milioni di sterline sui 150 portati nelle casse della World Rugby. Il vero guadagno per la federazione inglese è venuto dalla vendita dei biglietti che sono stati 2,47 milioni per 48 match su 13 stadi in giro fra Inghilterra e Galles. Ma il record economico inglese potrebbe venire surclassato dall’evento del 2019 nonostante i giapponesi abbiano messo a budget una vendita biglietti non superiore a 1,6/1,8 milioni di biglietti anche se con prezzi aumentati rispetto a quelli del 2015. Il Giappone inoltre dovrà versare alla World Rugby, solo come obolo per poter organizzare il Torneo, 96 milioni di dollari, 16 in più di quelli che versò la RFU. Nonostante tutto questo il Giappone sorride ai Mondiali , non solo perchè sono attesi 400.000 appassionati ovali nel paese del Sol Levante per il 2019, non solo perchè i giapponesi si stanno già ora legando moltissimo al rugby, ma soprattutto perchè i ricavi provenienti dalle sponsorizzazioni e dai diritti TV per RWC2019 sono davvero in grado di polverizzare ogni record precedente

Mettendo le due cose insieme ne viene fuori un quadro importante se messo a fianco all’italico attuale immobilismo. La riforma dei “5 anni” ha stabilito il rugby si espanda per linee il più possibile domestiche, la scuola di rugby verrà premiata a svantaggio dello scouting internazionale che dovrà rientrare nei suoi parametri più accettabili. Il rugby dei prossimi anni però sarà più ricco, nel 2019 il suo Mondiale sarà una vetrina realmente planetaria, con investimenti cospicui da parte di attori non per forza tradizionalmente legati al rugby: questi indubbiamente chiederanno spettacolo e qualità. In tutto questo i paesi emergenti saranno primi protagonisti, Giappone in testa. Insomma, lo spazio per chi rimarrà indietro è davvero poco.

Questo, ma anche molto altro, è il quadro che il nostro rugby dovrebbe prendere immediatamente in mano. In questo contesto vanno lette varie posizioni in cui l’Italia è coinvolta: quelle del Sei Nazioni nei nostri confronti (teniamo anche conto che il potente Pichot è uno sponsor convintissimo della Georgia per la futura Europa ovale),  quelle del Board del Pro12 che vuole escludere le italiane, quelle di Rugby Europe che gioca senz’altro contro di noi e  quelle di EPCR che già ci ha fatto mancare il suo appoggio in ambito europeo.

Per guardare a questi nuovi scenari siamo folli se pensiamo ci basti O’Shea, la “fox” o qualche altro trucchetto magico. Insomma il rugby è prima di tutto un gioco ma per poter restare e giocare davvero non è una questione di “fitness”, come predica l’allenatore irlandese, o di “pazienza” come chiedono le franchigie di Pro12. Dobbiamo mettere in campo molto di più.

Insomma di fronte a tutto questo l’Italia dov’è?

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