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AZZURRI

L’ITALRUGBY CHE NON C’E’ : LA “PROFONDITA'” SENZA COMPETITIVITA’

10/2/2018 England vs Wales Wales’ Gareth Davies with Danny Care of England
Mandatory Credit ©INPHO/James Crombie

Come un marito fedifrago, così è il rugby federale italiano, avete presente la strategia cosa prevede in  quei casi: negare, negare, tutto anche davanti all’evidenza. Ecco allora che certi tripudi federali in questo Sei Nazioni sanno tanto di questo tipo di strategia o, peggio, di nomenklatura. Persino le prese di posizione attendiste e futuribili di O’Shea sono …. sospettabili

Cosi rimane difficile commentare una cosa che non c’è: la Nazionale italiana di rugby dei primi due turni di questo Sei Nazioni è stata di fatto assente dalla scena.

L’Italia di O’Shea davanti ad una Inghilterra tutt’altro che fatta di titolari insiste giusto un attimo, in dieci minuti va sotto subito, pesantemente e facilmente; la partita, mai davvero iniziata, finisce al minuto 50. Con l’Irlanda neanche quello, partita inesistente fin dalle prime battute, 21 minuti ed è finita, 36 e gli avversari sono in bonus, poi giochicchiano con le riserve.

La nostra Nazionale non ha profilo competitivo, un conto è sapere che loro sono più forti e comunque combattere, un conto è essere palesemente incapaci di affrontarli. Inoltre, un conto è non avere 80 minuti di fiato, il famoso “fitness”, e l’altro è non avere un livello tecnico nemmeno sufficiente a giocarsela per 15 minuti.

Del resto, qui emerge il marito fedifrago: dovessero infatti i capi delle strutture federali raccontare tutto questo dovrebbero ammettere che i prodotti delle Accademie sono un piccolo disastro, dovrebbero ammettere che mettiamo in Azzurro giovani che vestono quella maglia per imparare a giocare a rugby e non per portare le loro capacità di alto livello già conclamate.

Si va in Nazionale per imparare a giocare. Mah.

O’Shea ci ha detto, seguendo il clima federale, che finalmente “abbiamo profondità”, una delle frasi meno tecniche e più politiche si siano sentite negli ultimi tempi, adesso verrebbe da chiedere dov’è questa profondità con una Nazionale di 27 anni e mezzo di età media che fa il Sei Nazioni naufragando nel primo quarto del match ed aspettando le arrivi davanti un malato più grave di lei per giustificare la sua presenza nel Torneo (quest’anno è la Francia? contiamo ancora sulla Scozia pasticciona?).

Insomma è la solita solfa che si perde fra esclamazioni come “un grande Minozzi” oppure “Mbandà è il futuro“, ogni anno ci sono un paio di nomi così da buttare nell’Arena vuota di spettacolo.

Già perchè poi manca pure lo spettacolo, il match di giornata del Torneo dove c’è l’Italia non solo non fa vedere “competizione” ma non è neanche “spettacolo”. Questo a quelli del Board del Sei Nazioni, che vivono di sponsor ed indici di ascolto, non è indifferente.

Ultimo appunto sul Sei Nazioni 2018 è un appello umanitario. Dovremmo chiedere, sarebbe una idea realizzare una sottoscrizione popolare sui Social Media, che la Direzione Generale di Discovery faccia uno strappo al budget e metta una TV negli studi di DMAX – Rugby Social Club: date una TV anche a Daniele Piervincenzi e Paul Griffen. Non è giusto quei due debbano stare in studio ad aspettare l’intervallo fra i due tempi e poi la fine senza poter vedere la partita dell’Italia. Prima di tutto perchè sono due che di rugby ci capiscono molto più di altri, se gli fate vedere la partita poi quei due non sono costretti ad inventarsi il commento che spesso è così fuori dalla realtà da essere davvero struggente. E’ una cattiveria che deve finire. Dmax non se ne può più, dategli una TV! 

E visto che anche questa volta, nonostante tutto il buio che gira intorno al nostro rugby, un modo per farci una risata lo abbiamo trovato, ricordandoci così che in fondo il rugby è uno sport, un divertimento, una passione, adesso aspettiamo il 23 febbraio perchè il Sei Nazioni riparte allora e per noi c’è Francia Vs Italia.

P.S. La foto che correda questo pezzo è di una partita di rugby vera, Inghilterra Vs Galles 12 – 6, quello è Sei Nazioni.

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