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FIR E DINTORNI

ALLORA “PRONTI AL CAMBIAMENTO”, VOI SIETE PRONTI AL CAMBIAMENTO?

L’ultima Assemblea Federale che ha eletto Afredo Gavazzi alla Presidenza per il quadriennio 2016/2020 ha visto la nascita di un vero movimento di opinione, denominato Pronti al Cambiamento (PAC), che aveva candidato Marzio Innocenti e, dopo l’esito non favorevole, ha però preso posizione all’interno del nostro mondo ovale dimostrando di non essere un cartello elettorale ma molto di più.

Va ricordato che PAC esprime due Consiglieri Federali (Morri e Zanovello) e 4 Presidenti di Comitato in regioni molto rappresentative (Veneto, Emilia Romagna, Abruzzo, Friuli Venezia Giulia).

PAC ha continuato ad essere punto di incontro di idee ed opinioni anche se la sua visibilità si è verificata quasi esclusivamente quando ha tuonato contro la Presidenza Federale.

Da queste parti si ha l’impressione che, in questi due ultimi anni, siano però cresciute alcune questioni che richiederebbero PAC verificasse una potenziale evoluzione della propria piattaforma di idee: Ne vediamo, per oggi, solo alcune.

LE IDEE TRASCINANO PIU’ DELLE POLEMICHE PAC è realmente un movimento di opinione, ha una vision precisa sia infrastrutturale che tecnica per il movimento italiano del rugby, ciò avrebbe comportato insistesse molto di più, anche operativamente, su questo aspetto, cercando pubbliche convergenze. Invece questo non è quasi mai accaduto, la polemica ha spesso preso il sopravvento e un bacino di idee così importante si è ritrovato troppo spesso ad essere visto solo come sterile contraltare dell’imperante Alfredo Gavazzi. Decisamente poco rispetto al volume di progettualità di PAC.

DIRIGENTI PER TUTTE LE STAGIONI D’altro canto bisogna sottolineare che avere all’interno un movimento di opinione di così vasta adesione (ca il 46% della Federazione) avrebbe meritato che la Federazione ne cogliesse l’opportunità e lo includesse nel suo “progettare rugby” a livello consultivo o anche solo come spazio di confronto. Ne avrebbe tratto beneficio tutto il movimento.

Se questa cosa pare proprio non appartenere al Presidente federale ciò vale soprattutto per i suoi dirigenti, anche se dire “suoi” è di fatto un falso storico visto che da molti mandati i dirigenti interni alla FIR sono sempre gli stessi. Questi dirigenti hanno troppo spesso dato l’idea di vivere e sopravvivere proprio grazie agli “scontri” interni piuttosto che favorire incontri.

Però sono proprio quei dirigenti che determinano i risultati della FIR e sono responsabili delle attività e delle opere federali i cui risultati sono palesemente ad oggi un disastro. Detto questo, quanti dirigenti hanno dovuto farsi da parte (come capita nelle aziende, concetto caro al Presidente Federale) per gli insuccessi della FIR, per il maestoso buco di bilancio, il fallimento delle Accademie, l’Azzurro che non decolla, il flop del mondo arbitrale, la perdita di sponsor, la mancanza di programmazione generale e di quella infrastrutturale e via così? Nessuno.

Quindi, visto quest’ultimo passaggio siamo sicuro che il vero super-problema della federazione sia Alfredo Gavazzi?

CLUB IMMATURI La strategia di Pronti al Cambiamento poggiava sul territorio, sulla necessità di una FIR più liquida e meno struttura a vantaggio della capacità dei club di essere motore del rugby.

Nonostante la nascita e la crescita di PAC, ovvero di un movimento che chiedeva ai club grandi segni di responsabilità, dopo le elezioni federali questi ultimi hanno continuato imperterriti nella coltivazione del proprio orticello. Fenomeni di chiara matrice clientelare sono parsi apparire per lo stivale, i club hanno attinto a piene mani di queste ed altre piccolezze, la loro capacità progettuale è rimasta chiusa nella propria club-house. Il peggio di se lo hanno dato i club di vertice, dalla gestione fallimentare delle Zebre a quella “chiusa nel fortino” della Benetton fino al peggior esempio ovvero quello dei club di Eccellenza e il loro triste calvario per la costituzione di una Lega che, se arriverà, sarà decisamente all’acqua di rose e di scarsissima progettualità.

Moltissimi altri esempi sarebbero possibili e tutti dimostrerebbero una volta in più che i club non hanno mostrato la maturità che il programma di PAC chiedeva, certo non hanno avuto nessuno che ha chiesto loro di provarci, tutt’altro, ma quello che si è visto non è stato “poco” ma soprattutto “brutto”.

I club possono essere davvero il centro del sistema rugby in Italia?

Per oggi ci si vuole fermare qui perchè da qualche parte si deve iniziare e tempo per pensare al resto ne abbiamo. Un laboratorio di idee come è stato ed è “Pronti al Cambiamento” forse è il caso che si rimetta in discussione su alcuni aspetti ma soprattutto che si rimetta in viaggio nella penisola (ma anche in genere nel mondo dello sport) alla ricerca di idee, a promozione di quelle già testate e buone, a discutere e recepire per scrivere nuova progettualità. In giro non per promozione ma per “creazione”, nuova elaborazione, nuova scrittura. Condivisione, diffusione.

Insomma “Pronti al Cambiamento” è pronto al cambiamento?

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