A differenza di quanto pensano molti, specialmente dopo la indecente gazzarra messa in campo durante una “amichevole” dalle squadre delle due leader del nostro massimo campionato, la questione della Giustizia Sportiva non è solo un problema italiano ma internazionale.
Lo abbiamo visto recentemente con il caso di Owen Farrell squalificato a livello internazionale e poi di fatto riammesso al Mondiale. Un caso che ha destato recentemente scalpore perchè di fatto ha confermato che la Giustizia cosiddetta sportiva ha sempre di più un occhio fuori dal campo invece che dentro. Ma questo a molti evidentemente va bene anche a casa nostra: quanti, di fronte alla storica decisione dei 62 squalificati dopo la rissa appunto di Rovigo Vs Petrarca amichevole del 15 settembre scorso, hanno invocato inorriditi la sentenza come un danno di immagine al nostro sport !! Come se il danno di immagine lo avesse fatto il giudice rendendo visibile a tutti il fattaccio accaduto in campo, e non siano invece i giocatori con il loro comportamento almeno indecoroso.
Insomma il mondo si sta rovesciando e si invoca la Giustizia Sportiva per fare “immagine” e non per punire i fatti che accadono in campo. Parecchi anni fa, era il marzo 2013, scrissi sempre qui (il Nero Il Rugby esiste da parecchi anni) di un pugno terribile a freddo scagliato da Luigi Ferraro contro Riccardo Pavan in Viadana Vs Calvisano del 23/12/2012.
Per quel pugno, oltre 90 giorni di prognosi a seguito di una tripla frattura alla base dell’orbita dell’occhio destro per il Pavan, la nostra Giustizia Sportiva rispose subito con 7 mesi di sanzione per il Ferraro, cinque mesi più due per circostanze aggravanti. Poco dopo, a seguito di appello, quella sanzione passò a due mesi solamente, capitò così che il reo di aver scagliato il pugno (giocatore del Calvisano, cosa che fece nascere qualche chicchiericcio al tempo) era riammesso al rettangolo di gioco almeno un mese prima di chi, dovendosi curare, il pugno lo aveva ricevuto.
Se il fatto appena raccontato, ce ne sono moltissimi altri ben più recenti, ci porta a fare qualche considerazione sulla Giustizia Sportiva e sul radicale cambiamento che provocano gli “appelli“, tanto da farci dubitare sulla consistenza intellettuale e sulla sanità mentale del Giudice che emette la prima sentenza.
C’è poi il problema delle intromissione nelle pieghe giudiziali della “politica” federale, ovvero di quanto ci piace che il Giudice Sportivo si occupi di cose “altre” rispetto allo sport.
Adesso, se volete, anime candide, potete scandalizzarvi, perchè il tema è la sentenza su Ivan Nemer, pilone della Benetton entrato di prepotenza nelle scene giudiziali sportive nazionali e su quelle anche politiche, nel “vero” senso del termine, per il suo gesto assolutamente privato e assolutamente fuori dal campo ma senz’altro razzista, verso il suo compagno Cherif Traorè durante una cena privata dei giocatori della Benetton Treviso.
Per quel gesto fatto fuori dal campo, privatissimo, che era facilmente e giustamente proponibile di fronte alla Procura della Repubblica, la giustizia “vera” per intenderci, la FIR decise di sostituirsi al Ministero di Giustizia e fece impiantare dalla sua Giustizia il caso squalificando dal campo di gioco Nemer per sei mesi. Fatto privato portava a squalifica di gioco. Una questione di immagine, la FIR voleva far vedere (ce ne era il bisogno?) che da noi (nel rugby) il razzismo non è di casa ed usò la sua Giustizia Sportiva. Ci viene anche in mente che non ci risulta però la FIR denunciò il fatto, privato e non accaduto sul campo di gioco, alla Giustizia ordinaria magari nel quadro della nota Legge 25 giugno 1993, n. 205, la cosiddetta Legge Mancino. Il perchè non lo vogliamo sapere mentre ci pare ravvedere in questa storia una buona dose di imbellettamento e maquillage da buoni principi per il “cast” federale
Molti altri casi, meno eclatanti e molto meno scomodi da citare, ci sono, tutti ci portano sul secondo terreno di questo ragionamento: l’uso strumentale della Giustizia Sportiva ai fini di “immagine o propaganda” o peggio, di punizione di scomodo avversario, della Giustizia della nostra Federazione sportiva.
Per quanto riguarda quest’ultima inconfessabile eventualità (precisamente: la “presunta” punizione di scomodo avversario interno alla FIR) vanno ricordati il caso del deferimento del Consigliere Federale Zanovello che venne condannato e di fatto gli furono tolte le prerogative del ruolo per il quale era stato regolarmente e democraticamente eletto e le condanne, sempre della Giustizia FIR, nel 2017 contro Fulvio Lorigiola e Gianni Amore ed altri (c’era anche Marzio Innocenti fra i “colpevoli”?) poi impugnate e cancellate niente meno che dal CONI.
Insomma la Giustizia Federale quando viene usata fuori dal campo fa dei grandi pasticci.
Così capita il 15 settembre che due Società decidono di giocarsi la più improbabile delle “amichevoli” (Petrarca e Rovigo dovrebbero pagare per questa ideaccia una multa per oltraggio alla Storia del rugby) alla fine della quale i giocatori (una decina?) scatenano una bruttissima rissa, una cosa orribile, soprattutto visto il contesto. Fino a qui quanto successo in campo che merita sanzioni e deplorazioni “da campo”.
Invece la sentenza che arriva non ha a che fare con quanto accaduto in campo, è molto più simile a quelle sentenze da “immagine e propaganda” che si è visto sopra.
E’ palesemente una sentenza che guarda altrove, la sua stessa motivazione “atto contrario allo spirito del gioco” per i 62 squalificati, è generica e pressapochista, dimostra la base non solida della sentenza. C’è stata una ingerenza o il giudice è impazzito? Oppure tutte e due e magari la prima ha provocato la seconda? Ma gli organi ufficiali della FIR, dal Presidente fino a poco in giù, cosa pensano di questo fatto? Ricorreranno loro stessi in appello per lavare l’onta della notizia di cotanta squalifica apparsa al TG1 oppure…. già oppure cosa? Non mi pare ci sia un “oppure”….. oppureeee …. ahi ahi.
Ah che bello se la Giustizia Sportiva si occupasse solo di sport.