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FIR E DINTORNI

LA FIR CHE FA FAVILLE E INVECE FA IL DESERTO

La notizia viene dal Christian Marchetti e riguarda una interessante collaborazione fra FIR e la franchigia neozelandese dei Blues di Auckland finalizzata alla crescita del nostro ambiente Under20.  Si tratta, in sintesi, di una collaborazione con il club del pacifico per dare la possibilità a nostri tecnici e ragazzi della categoria di giocare, confrontarsi, fare lezione, fare tour, eseguire stage ovali della durata di molti mesi  con il mondo neozelandese.  Una cosa sulla quale si sta impegnando moltissimo il Presidente Dondi in prima persona.
La FIR così si impegna  direttamente per la propulsione di una serie di ragazzi selezionati, presumibilmente già fuori dal circuito dei club, presumibilmente che escano dalla Accademia Federale, insomma un gruppo ristretto di ragazzi, forti e bravi che faranno strada per scelta ed in braccio a mamma FIR. Oplà che la sostituzione della FIR al movimento locale dei club è cosa fatta e finita!  Pare che l’unico rugby che in Italia possa vivere sia quello che sta in braccio a mamma FIR; dopo il fallimento miserrimo della LIRE, la Lega Italiana Rugby Eccellenza, la Federazione ha praticato un accentramento progressivo di tutte le funzioni del rugby, dalla gestione dei campionati a quella dei vivai. La FIR, giudice ed arbitro di ogni questione,  ha recentemente attizzato fuochi e fuochini anche verso la Benetton Treviso, miglior club d’Italia ma reo di essere troppo …indipendente!  Questa cosa della FIR che prende accordi con un club neozelandese mi fa sorridere perchè da evidenza di due cose. La prima è che la FIR non se la sente di demandare nemmeno una cosa come questa ad un pool di club di Eccellenza, perchè alla Eccellenza ed ai suoi club la FIR non ci crede. La seconda è che per lo sviluppo del rugby si punta su una decina di ragazzi dei quali qualcuno forse andrà anche in Nazionale ma il movimento in giro per l’Italia sarà sempre cosa diversa avulsa da questo efficientismo para-neozelandese. L’idea di  organizzare e favorire interscambi identici ma più diffusi fra club italiani e club europei, francesi o d’oltre Manica, non poteva andare bene? Mettere al centro della azione club selezionati a vocazione “vivaistica” proprio no?
La FIR dovrebbe utilizzare i club per la formazione e la cultura tecnica diffusa. Oltre ai ragazzi serve poi dare opportunità di far crescere i coach e creare una classe dirigente del rugby. Se cresce tutto il territorio cresce tutto il movimento italiano del rugby altrimenti crescono solo un paio di squadre che magari faranno anche buoni incassi ma cosa altro poi  se fuori sarà il deserto? 
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