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MEDIA & SPORT

SEI NAZIONI: C’E’ MOLTA MEDIA-ATTENZIONE MA PRENDE UNA BRUTTA PIEGA

Sei Nazioni: c’è tensione nell’aria ma non c’è mobilitazione. Ha fatto bene il Presidente Federale a dare sessantamila a match come numero medio di spettatori attesi sugli spalti perchè, bisogna dirlo, non c’è certo aria di sold out per il match di domenica con la Francia, poi chissà magari con qualche migliaia di biglietti-invito si fa il colpo. Considerata la avversione alla logica da “sold out o morte” che da sempre rimbalza da questo blog la mancanza del “pieno” per “Il Nero il Rugby” non ha attualmente alcun valore.

Sarà però che tutta l’atmosfera che gira intorno agli Azzurri non è proprio trionfalistica, tralascio il solito incidere, tipico da queste parti, sul fatto che le partite si giocano per vincerle, ma qui pare che tutto l’entourage dell’italico rugby si stia adagiando su  tristi rive, web-writer e carta stampata inclusi.

Credo il meglio debba ancora venire ma per quanto tutti si dipingano, per il Sei Nazioni imminente, agitati, le produzioni di paper, portali e blog sono decisamente soft: c’è la guida che ti racconta le regole e quella che ti ricorda che nei luoghi degli stadi ci sono tante altre cose da fare oltre al rugby, il pezzo-ricordo del match di quella volta che quasi quasi ce la facevamo, il bel pensiero sul futuro “comunque vada”, l’intervista “che tanto noi amiamo il rugby lo stesso”, il pre-commento che guarda ai Mondiali del 2015 come vero obiettivo, quello che ci racconta che è tutta una questione di birra ma proprio quella gialla, quello che guarda già alla partita con la Scozia che le altre sono un pro-forma (degli altri), il commento che racconta come eravamo trent’anni fa e si compiace per i passi avanti, l’intervista al giocatore che racconta che i nostri avversari non ci considerano neanche e quella al giocatore italiano che racconta che noi li consideriamo eccome, ho letto pure un pezzo, pateticuccio, sui bei ricordi andati di Dondi. E’ una invadente atmosfera da “sconfitta onorevole”.

Perchè è innegabile che l’attenzione anche mediatica intorno al rugby ed alla nostra partecipazione al torneo europeo anche questa volta si può dire cresca vertiginosamente ma la piega che prende è sempre di più quella della “Italrugby vittima sacrificale” quella del “oh come siamo pazienti noi italiani che andiamo in campo anche se perdiamo”. Sono questi i momenti che riescono a farmi venir simpatico l’odiosissimo risultato del “pareggio”, tipico della cultura calciofila.

Così mentre il claim del Sei Nazioni italiano ci ricorda impietosamente che le partite della Nazionale si giocano a Roma, solo a Roma, per sempre Roma, il clima si fa sempre più invernale intorno alla Nazionale ed i casi allora sono due: o ci stiamo preparando al botto o ci stiamo preparando al botto.  Il botto della vittoria inaspettata o il botto da trenta punti di scarto a favore dei nostri avversari? Comunque vada non è questo il punto.

Il punto è che bisogna riconquistare un po’ di fiducia nel nostro rugby, trovare il motivo per smetterla ogni volta di dover evocare ricordi antichi ed obiettivi posticipati per parlare della nostra Nazionale. Bisogna trovare la voglia di vincere, pretendere apertamente e pesantemente solo la vittoria, trovare la mentalità vincente negli auspici e negli scritti di tutti, bisogna arrabbiarsi se si perde e pure arrabbiarsi tanto, non ci deve più bastare partecipare. Se fosse questo il clima, se fosse spietatamente questo magari anche in Federazione certe scelte sarebbero forse più oculate e veloci, Brunel incluso.

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