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AFFARI ESTERI

LA CHALLENGE CUP ED IL RUGBY SPEZZATINO. SERVE UNA TERZA COPPA EUROPEA?

LIMERICK, IRELAND – MARCH 31: Andrew Conway of Munster breaks clear to score crucial late second half try during the European Rugby Champions Cup match between Munster Rugby and RC Toulon at Thomond Park on March 31, 2018 in Limerick, Ireland. (Photo by David Rogers/Getty Images)

La Chellenge Cup chiude il primo turno e ci lascia dati impressionati. Sono 10 le partite giocate, 5 vinte dalle squadre fuori casa (addio fattore campo), 7 su 10 dieci vinte con un divario superiore ai 20 punti, nessuna delle altre 3 vinta con differenza punti inferiore ai 10. Come dire che in campo si sono visti divari impressionanti.

Non sono solo i russi del Enisei STM a fare scalpore con gli 82 punti presi da La Rochelle (finale 21 – 82) o i rumeni Saracens di Timisoara con i 54 punti presi dai non irresistibili Dragons (finale: 17 – 54), ma anche i 54 punti che gli Harlequins hanno messo in saccoccia ad Agen (finale 54 – 22), i 43 che agevolmente Bristol ha consegnato alle Zebre (finale 43 – 22) ed anche, per una volta dalla parte dei “più” i 40 della Benetton contro Grenoble (finale 40 -14).

La Challenge Cup ha offerto, nella sua prima giornata, questo tipo di “spettacolo”, esattamente il contrario di quello che è accaduto, sempre nella sua prima giornata in Heineken Champions Cup. La “coppa dei campioni” ha riservato 5 match su 10 terminati con meno di 7 punti di divario, fra questi un pareggio e 3 match con meno di 3 punti di scarto. Un vero esempio di equilibrio.

La prima giornata pare sempre un esempio valido perchè certi calendari di solito tendono a posticipare gli eventi clou ma, comunque sia il calendario, è uno stato dell’arte interessante. Verranno anche per la Challenge gli scontri di vertice, ma anche match tirati quando le squadre meno organizzate se la vedranno fra di loro.

I pochi dati visti sopra e soprattutto il raffronto Challenge Cup Vs Champions Cup sono lo specchio importante dello spezzatino europeo che l’organizzazione dei club professionistici ha fatto del rugby continentale.

EPCR (European Professional Club Rugby) è nata proprio per separare il bello dal brutto, per dividere non solo l’alto livello del rugby europeo dal resto ma anche e soprattutto quell’alto livello da livello “medium” che cercava in quel confronto la possibilità di capire come crescere ma, per questa inadeguatezza di base, comunque dava fastidio.

EPCR è nata per separare il rugby in base al budget, alla capacità di attrazione mediatica e via così, creare una super-elite di club capace di giocare a certi livelli e lasciare indietro il resto.

La strategia di EPCR giunge quest’anno al primo gran risultato, con 20 club super selezionati in Champions Cup a guardare dall’alto la Challenge Cup che sta lì solo per fare da scudo protettivo ai quelli del piano di sopra.

Da queste parti nulla si ha contro la strategia di EPCR che non è solo legittima ma anche ben organizzata e magari per qualcuno anche necessaria e vitale. I risultati del primo turno di gioco di quest’anno sono solo la prima conferma “tecnica” di un cammino che è però principalmente commerciale. Perchè il gioco del tagliafuori che EPCR fa alla maggior parte dei club europei, inclusi molti club francesi ed inglesi, ed il gioco della presa alla gola che fa sui club celtici è anche un gioco di occupazione di spazi economici e di chiusura alla crescita del rugby per molte Nation che si vedranno costrette ad investire nel rugby in Inghilterra o in Francia per crescere a casa propria (come già accade).

Di fronte a tutto questo è almeno strano che i club italiani esterni al mondo celtico e quelli di altri paesi europei non abbiano una spazio di confronto serio dove mettersi in gioco e tentare di guadagnare spazi di notorietà del nsotro sport ma anche e soprattutto spazi economici all’interno del proprio territorio. Pensate a mercati come Germania, Spagna, Italia, Romania, Georgia, Portogallo ed altri se fossereo messi seriamente alla prova del rugby. EPCR si è chiamato fuori da tutto questo ma, di fronte al blocco degli altri, conta semmai di occuparne gli spazi economici. Serve allora un secondo gestore di coppe europee ed una terza vera coppa europea?

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