Super Rugby , il campionato top per i prof del sud del mondo.
La questione pare piuttosto evidente, il “mercato” del rugby XV è più largo dello spazio concesso dai campionati per professionisti esistenti. La cosa va valutata sia in termini di risorse economiche che di “pretese” di crescita di alcune Nation che si trovano escluse da quanto esistente, a volte anche perchè è un livello troppo alto per arrivarci in prima battuta.
Attualmente i campionati europei prof che si meritino tale denominazione sono tre, la Premiership inglese, il Top14 francese, entrambi chiusi alle proprie Nation e quindi fuori da ogni altra partita, il Pro14 ex-celtico ora aperto oltre che alle due italiane anche ad un paio di team sudafricani, campionato questo che continua ad annunciare nuove richieste di team che vogliono farne parte, potenziali nuovi arrivi e nuove aperture al mondo.
Il Pro14 pare destinato a diventare un campionato extra-europeo a 18 squadre prima forse di affondare (ci si augura ovviamente di no ma la storia insegna) dentro la logica dell’eccesso di allargamento come accaduto al Super Rugby che da quel disastro non riesce ancora a ritirarsi su. In tutti i casi è proprio il Pro14 a dimostrare quante spinte ci siano per avere nuovi spazi e che forse un nuovo campionato europeo per professionisti è necessario.
Dalle competizioni di cui sopra restano escluse alcune forze importanti soprattutto in termini economici provenienti da Nation magari non per forza così legate al mondo del rugby ma intenzionate a farlo crescere e magari già in ottima posizione. Come l’Italia.
Romania, Spagna, Germania, Georgia e poi l’Italia potrebbero essere un “mercato” del rugby XV importante, sicuramente tutte Nation in grado di mettere in campo uno o forse due team professionistici. Tre dei paesi considerati sono legati alle maggiori economie continentali e rappresentano un bacino di oltre 200 milioni di abitanti. Il Pro14 da questo punto di vista gli fa un baffo. A questi paesi andrebbe aggiunta la Russia che però rimane sempre di difficile accesso se non per la distanza, le squadre di Pro14 se ne vanno a giocare fino in Sudafrica, per motivi di orario e condizioni climatiche.
Nel permanere la non volontà di costituire un Campionato italiano di alto livello questa soluzione più larga permetterebbe la strutturazione di un paio di team prof in più in Italia, l’attuale TOP12 italiano ne ha già tre al suo interno, che potrebbero aiutare a sviluppare il cosidetto Alto Livello offrendo una valida alternativa alle due franchigie di Pro14.
Fantasie? Assolutamente no, la vision di un qualsiasi professionista dello sviluppo del business guarderebbe in questa direzione: il permanere al palo dell’Italia, le spinte della Georgia e della Germania, il continuo vociferare di un ampliamento del Pro14, i match per club giocati da team inglesi all’estero e moltissimi altri spunti fra i quali la stessa poposta di un campionato globale per Nation proposto da World Rugby, rivelano ad un qualsiasi analista l’esistenza di un potenziale “mercato” di questo tipo. Piaccia o no certe cose partono così.
Cosa vuole fare allora l’Italia che ha bisogno di aprire il proprio scrigno di rugby più di qualsiasi altro paese europeo? Il rugby italiano deve trovare molte risposte importanti per se stesso che vanno, in primis, dalla situazione sul campetto di periferia nel Sud-Italia fino alla doppia velocità per non lasciare ferme le regioni più avanzate rugbisticamente. Alla fine si arriva fino a questo tema del professionismo, tema sul quale negli ultimi 10 anni abbiamo fatto molti passi indietro, accorciando invece di allungare la nostra filiera ed il numero dei nostri praticanti prof.
Cè ancora solo una nota: gli altri paesi non aspettano certo l’Italia ed anche dalle loro parti girano ferratissimi analisti.